Sono ricco, felice e di successo, ma questa non è una colpa. Un Francesco Vezzoli politico apre, in anteprima, la sua mostre al Maxxi di Roma

Se non è un gemellaggio, poco ci manca. E su questi livelli, è una gradita sorpresa, per la bistrattata – sul piano internazionale – Italia dell’arte. Dopo l’ormai avviata e riuscitissima collaborazione con lo Young Architect Program, il Maxxi torna a mettere le forze insieme al MoMA PS1 di New York – con l’aggiunta del […]

Se non è un gemellaggio, poco ci manca. E su questi livelli, è una gradita sorpresa, per la bistrattata – sul piano internazionale – Italia dell’arte. Dopo l’ormai avviata e riuscitissima collaborazione con lo Young Architect Program, il Maxxi torna a mettere le forze insieme al MoMA PS1 di New York – con l’aggiunta del MOCA di Los Angeles – in occasione del progetto The Trinity, di Francesco Vezzoli. Ed è proprio da Roma che prende l’avvio, con la mostra Galleria Vezzoli, a cura di Anna Mattirolo, la prima antologica italiana dedicata a questa ormai indubbia star dell’arte contemporanea globale.
Oltre novanta opere, alcune esposte per la prima volta, per raccontare il percorso artistico di Vezzoli, dai primi ricami del 1995 agli arazzi, le fotografie e i video più recenti, fino alle ultime sculture in marmo. “Parodiando un museo tradizionale dell’800 – dice Mattirolo – l’artista ci invita a ragionare sulla funzione del Museo oggi, in bilico tra ‘museo tempio’ e ‘museo usa e getta’: una riflessione sul mondo dell’arte contemporanea e sullo star system che gli ruota intorno, a cui è ormai difficile sottrarsi”.
Vezzoli crea un museo nel museo, scegliendo di non subire lo spazio di Zaha Hadid, ma di ridisegnarlo in linea con le sue esigenze spirituali: con le gallerie 2 e 3 completamente trasformate, damasco rosso, boiserie, stucchi, nicchie e sculture classicheggianti, in una lunga infilata centrale, che reggono tutti i suoi lavori video. Poi una sorta di gabinetto di sculture dove, per dirla sempre con Mattirolo, “si celebra il suo narcisismo” e infine la sala delle terrazze dove sono allestite tutte le 120 Sedute di Sodoma e, in un cinema appositamente ricostruito, i Comizi di Non Amore, lungimirante e preveggente pseudo-talkshow col quale, una decina d’anni fa, il 42enne artista bresciano tributò il suo omaggio a Pier Paolo Pasolini.
Ci hanno sempre detto che in questo museo non si possono allestire mostre d’arte contemporanea, probabilmente stiamo sempre di più dimostrando il contrario” hanno chiosato in coro le due direttrici del museo Anna Mattirolo e Margherita Guccione. La stoccata finale però l’ha data Vezzoli, oggetto peraltro di un documentario ad hoc in questi giorni in programmazione su Sky Arte: “mi dispiace che qualcuno prenda male il mio essere quasi sempre contento, poco aggressivo, poco nemico. Non credo che sia questo il momento storico in cui gli artisti debbano essere in contrasto con le istituzioni, al contrario il nostro compito ora è collaborare affinché le situazioni nelle quali veniamo ospitati abbiano successo, generino soldi, contribuiscano a mantenere i posti di lavoro”. Come dire: essere ricchi e felici non è una colpa e men che meno un peccato.

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