C’è anche l’archeologia che in Siria resiste all’Isis. Il racconto in video dello studioso italiano Giorgio Buccellati

A Urkesh, in Siria, una delle città più antiche del mondo, gli scavi sono fermi da 5 anni a causa della guerra. Ma una coppia di archeologi non si arrende e si dedica al risveglio dell’orgoglio dei suoi abitanti

Il lavoro che facciamo può aiutare la gente a rimanere lì, invece di venire qui come migranti. E il modo di farlo è proprio quello di dare loro il senso di orgoglio del proprio territorio”. Con queste parole l’archeologo Giorgio Buccellati spiega – nella nostra breve videointervista – a margine della conferenza Coraggio fra le rovine. L’archeologia come presenza morale in Siria ospitata dal Museo Egizio di Torino – le ragioni profonde della missione condotta insieme alla moglie, l’archeologa Marilyn Kelly Buccellati, presso il sito di Tell Mozan/Urkesh: l’unico progetto in Siria rimasto attivo, non a livello di scavi ma di presenza, seppur a distanza. Archeologi di fama internazionale e professori della California State University, impegnati per molti anni sul campo nel Vicino Oriente, in particolare in Iraq, Turchia e Siria, i coniugi Buccellati hanno lavorato per venticinque anni negli scavi di Urkesh nella Siria nord-orientale, uno dei massimi centri urbani risalente al 4.000 a. C, fino al dicembre del 2011, anno in cui la spedizione archeologica è stata interrotta a causa della guerra civile siriana.

MANUTENZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO
Da cinque anni non possono più scavare ma, non volendo disperdere il patrimonio di relazioni umane createsi negli anni con gli operai, gli assistenti e le risorse locali, hanno deciso di dedicarsi ad altre attività. In primis, quella di finanziare la manutenzione del sito archeologico – un’area pressoché pacifica anche se a soli 60 km dal confine con l’Isis – che, attraverso l’uso di un sistema di tecniche molto semplici, “l’arte povera della conservazione”, è tuttora in buone condizioni ed è anche visitato da (pochi) turisti, tra cui alcuni universitari di una città siriana accerchiata dal terrorismo. E poi, soprattutto, di dedicarsi alla cura dei rapporti umani fatti da un confronto costante (monitoraggio quasi quotidiano tramite invio di foto, di relazioni scritte, di discussioni tramite Skype e via e-mail) e dalla condivisione di valori (“ci tengo a sottolineare questo termine invece di usare la parola educare: troppo paternalistico o colonialista”) che aiutino a sviluppare il senso di identità e di appartenenza al proprio territorio: “questo è il modo in cui il nostro impegno con l’archeologia locale può servire”.

Claudia Giraud

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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