Il potere e la tristezza. In scena a Modena

Al Teatro Comunale Pavarotti, nell’ambito del Festival VIE, promosso da ERT Modena, ha debuttato in prima nazionale “Tristesses” di Anne-Cécile Vandalem, premio della Critica in Belgio e applauditissimo spettacolo al Festival di Avignone.

TRISTEZZA IN DANIMARCA
Con un teatro musicale, humor, i codici del giallo ma anche con quelli di un certo cinema di Lars von Trier (Le onde del Destino o Dancer in The Dark), Anne-Cécile Vandalem blocca la narrazione drammaturgica dentro una rarefatta atmosfera hopperiana in cui essere tristi è unicamente il peso manifesto di un’esistenza che si trascina nella penombra di un’alba solo annunciata. In un’aurora boreale, in una notte bianca, in una luce siderale tra la penombra e l’aborto di un’alba, si consumano le vicende di otto persone che in un’isola danese attendono la loro stessa fine dopo che l’economia locale, legata al mattatoio, ha spopolato le terre e ucciso sogni e speranze degli abitanti. Come in un dramma espressionista di Maurice Maeterlinck – pensiamo a L’Intrusa – anche qui la tragedia è l’attesa di un finale già scritto, una moria di massa che fa la parodia al finale di Amleto, ma che si era aperta con il suicidio di colei che già tutto sapeva.

Anne-Cécile Vandalem, Tristesses © Phile Deprez

Anne-Cécile Vandalem, Tristesses © Phile Deprez

TRA CLASSICITÀ E MORTE
In Tristesses, i rimandi classici al destino greco si sprecano, ma ciò che interessa alla Das Fräulein Kompanie è l’impossibilità di sfuggire al dolore come volano inerziale che vanifica, “isola”, appunto, l’agire umano dentro un mattatoio, un carnage di violenza evidente e sotterranea. I cieli che hanno ucciso Munch e Strindberg dilatano il tempo delle azioni in una lentezza che accompagna tanto i musicisti ai loro microfoni in scena, quanto gli acme stessi della tragedia (spari assolutamente depotenziati di drammaticità), ma è più il Gabbiano e la sua inutile morte che qui ritorna in quegli spari alle stelle con i fucili puntati vanamente verso le Pleiadi.
Si spara al nulla banalizzando quella morte appesa al pennone della bandiera danese. Un suicidio fuori campo, non nel senso aristotelico ma in quello panovskiano. La morte è fuori dalla scatola scenica perché il pennone con Ida impiccata svetta fuori, oltre il boccascena. Fuori da quella scena troppo “piccola” per contenere l’immane dolore dell’esistenza.

TRISTESSES (trailer) from dasfraulein on Vimeo.

VERSO L’UNIVERSALE
Così Anne-Cécile Vandalem usa anche i video e un cameraman che a vista riprende, duplica lo sguardo su ciò che accade. Potrebbe essere un’operazione alla Barberio Corsetti, ma ci accorgiamo che quegli interni di casette di legno proiettati sullo schermo e quella camera che documentaristicamente insegue i volti e i primi piani, invece di offrirci una possibilità di scelta e un riposizionamento del nostro occhio frontale, disperdono la vista nel caleidoscopio di possibilità che, se hanno la pretesa di scrutare scientificamente il reale, lo annullano nel non senso.  Editing dal vivo e recitazione per l’asse ottico della camera, lo spazio performativo diventa un luogo altro, ulteriormente altro, oltre l’isola, verso una dimensione universale, simbolica. Quel che rimane sono l’ennesima sconfitta e impotenza dello sguardo che, per più di due ore, è rimasto avviluppato dentro un giallo apparente. Davanti a una vetrina per le mostruosità delle relazioni comiche, crudelmente destinate a essere l’ennesimo crepuscolo della razionalità.

Simone Azzoni

www.viefestivalmodena.com

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Simone Azzoni

Simone Azzoni

Simone Azzoni (Asola 1972) è critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea presso lo IUSVE. Insegna inoltre Lettura critica dell’immagine e Storia dell’Arte presso l’Istituto di Design Palladio di Verona. Si interessa di Net Art e New Media Art…

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