Money To Burn. L’illusione della ricchezza

Zachęta National Gallery, Varsavia – fino al 23 ottobre 2016. Una mostra giovanissima, ironica eppure profondamente amara, cerca di far luce su un atteggiamento tutto polacco di ostentare ricchezza a partire dal crollo del regime comunista. Tra denti d'oro e pose da gangsta decadenti

IL FERVORE DOPO IL CROLLO DEL MURO
Ci sono molti modi per intendere il termine “ricchezza”, una parola sospesa, che si piega ai molteplici aspetti dell’essere uomo assumendo, di volta in volta, e a seconda della persona, sfumature differenti. La mostra in corso presso la Zachęta – National Gallery di Varsavia si propone come uno sguardo accurato, e tuttavia non poco ironico, su un modo tutto polacco di percepire la nozione di ricchezza negli anni Novanta, ovvero dopo il ritorno, in Polonia, della democrazia.
Il punto di partenza dell’intero progetto espositivo, dunque, è il 1989 o, più in generale, il periodo delle trasformazioni messe in atto in seguito al crollo del regime comunista e alle successive liberalizzazioni del mercato nazionale, con la nascita del capitalismo e l’inizio di una sfrontata e spesso dilettantesca ricerca di profitto sull’onda di una rinnovata crescita economica. Un periodo confuso, di grande enfasi e aspettative, in cui l’obiettivo di uno status economico elevato diviene sogno e ossessione, dando vita a una generazione di ruspanti e coraggiosi personaggi di periferia che si improvvisano capitani di ciurma, cavalcando senza scrupoli (e spesso senza competenza) il fervore riformista di quegli anni.

PAROLA ALLE CURATRICI
Per la maggior parte di noi”, dicono Katarzyna Kołodziej e Magdalena Komornicka, curatrici della mostra, “la ricchezza è ancora oggi qualcosa di molto desiderato. Da qui il titolo del progetto ‘Money To Burn’, da intendere più come un eufemismo, perché non fa riferimento tanto alla ricerca e alla presenza reale di beni materiali, ma piuttosto alla loro mancanza. La mostra sottolinea l’ossessione di fare un gruzzoletto di soldi all’inizio degli Anni Novanta in Polonia, sbandierando il benessere sulla base dei modelli occidentali, ma nascondendo, in fondo, una grande disillusione: perché ancora oggi nel nostro paese, nonostante la situazione economica sia decisamente migliore rispetto a qualche anno fa, la ricchezza è spesso ancora fantasia più che realtà”.
A essere analizzata, dunque, è l’identificazione del benessere come agiatezza economica, ma soprattutto come ricchezza ostentata, sciorinata con vanto attraverso un immaginario pieno di stereotipi polacchi (denti d’oro e pose da gangsta dei Balcani), che la mostra riflette con intelligenza e sarcasmo.

Nicolas Grospierre, Bank, 2011 - photo courtesy of the artist

Nicolas Grospierre, Bank, 2011 – photo courtesy of the artist

UNA RIFLESSIONE IRONICA
Il progetto comprende aneddoti e storie parallele che definiscono un punto di vista eterogeneo e tuttavia compatto, tanto a livello visuale quanto teorico: ad essere chiamata in causa, d’altronde, è una generazione di artisti mediamente tra i trentacinque e i quarant’anni, ovvero una fetta di popolazione che ha vissuto in piena coscienza il brusco passaggio dalla dittatura all’economia liberista, e ne racconta oggi con lucidità i ricordi.
Va da sé che il risultato sia un minestrone pop, molto ironico, apparentemente superficiale (fermandosi per lo più ad un racconto divertito sull’argomento), ma che guadagna titolo dopo un approccio ai singoli lavori e soprattutto prendendo visione del catalogo e degli eventi collaterali alla mostra, che mettono da parte l’aspetto più giocoso per affrontare con piglio sostenuto gli effetti sociologici di quella “fame di successo” diffusa, ma soprattutto, tradita.

GLI ARTISTI
La selezione degli artisti, così come delle opere, è accurata e per certi versi audace, presentando solo autori polacchi, in alcuni casi giovanissimi e alla prima esperienza in una istituzione di prestigio internazionale. I medium proposti ci sono tutti: pittura, scultura, installazione e video, gestiti nello spazio con vivacità (e non poteva essere altrimenti, per una mostra curata da trentenni, e con artisti trentenni).
Si passa dal dollaro incorniciato di Piotr Uklański (Varsavia, 1968), il primo guadagnato dall’artista dopo la vendita della sua prima opera in America, alla serie di collage realizzati con banconote da Konrad Smoleński (Kalisz, 1977); e poi le foto di Ewa Axelrad (Gliwice, 1984) e Monika Kmita (Varsavia, 1984), che sintetizzano gli stereotipi più eccentrici dell’ostentare ricchezza nella cultura est-europea, fino alla scultura in ambra – materiale simbolo del territorio baltico – a forma di kebab di Maria Toboła (Leszno, 1987).

Radek Szlaga, B, from the Limited Dictionary series, 2013 - coll. privata - photo courtesy of the artist

Radek Szlaga, B, from the Limited Dictionary series, 2013 – coll. privata – photo courtesy of the artist

DENARO E RELIGIONE
Particolarmente azzeccata, perché racchiude bene lo spirito dell’intero progetto espositivo, tra ironia e retrogusto amaro, è il disegno su carta di Radek Szlaga (Gliwice, 1979), dove denaro e religione si mescolano nel simbolo della lettera “B”, iniziale delle parole polacche “Ricchezza” (Bogactwo), “Povertà” (Bieda) e “Dio” (Bozia).
Tutti e tre i fattori sembrano inseparabili nella mentalità nazionale, così come nell’opera dell’artista. “Varie fonti culturali dimostrano che in Polonia fino a qualche anno fa, l’idea di una affermazione professionale, di successo economico e di carriera come obiettivo di vita, era qualcosa di abbastanza atipico, quasi inesistente; una famiglia felice e realizzata, era una famiglia unita e in salute, mentre era noto nell’immaginario collettivo che il denaro fosse simbolo negativo, addirittura ‘radice di tutti i mali’, secondo l’insegnamento cattolico così vivido nella nostra tradizione” spiegano le curatrici. “Eppure, gli Anni Novanta hanno rivelato un aspetto inedito nella nostra cultura: a partire dall’incontro con l’economia neoliberista i polacchi hanno iniziato a superarsi a vicenda in ricchezza e avidità: ostentare grandezza e sontuosità alla minima occasione è diventata una consuetudine; e la cosa che rende tutto più ridicolo, è che siano caduti in questo meccanismo tanto quelli che effettivamente potevano permetterselo – vivendo una situazione economica abbiente – quanto quelli che, pur non potendo farne parte, volevano sentirsi inclusi in questa rinascita economica, in questa terra promessa, fatta di consumismo e lusso selvaggio”.
Nel complesso una mostra interessante sotto più punti di vista. Trascurando alcune opere sfacciatamente pop, ammiccanti a livello estetico ma decisamente troppo didascaliche – su tutte le sculture glam di Maurycy Gomulicki (Varsavia, 1969) – il percorso espositivo riesce nell’obiettivo, alleggerendo, pur senza sminuirne il valore, lo studio delle complesse dinamiche economiche nella Polonia degli ultimi venti anni.

Alex Urso

Varsavia // fino al 23 ottobre 2016
Money To Burn
a cura di  Katarzyna Kołodziej e Magdalena Komornicka
artisti: Azorro, Ewa Axelrad, Tymek Borowski, Rafał Dominik, Maurycy Gomulicki, Nicolas Grospierre, Łukasz Jastrubczak, Monika Kmita, Luxus, Mister D. & Krzysztof Skonieczny/ głębokiOFF, Tomasz Mróz, Witek Orski, Zbigniew Rogalski, Gregor Różański, Jadwiga Sawicka, Janek Simon, Konrad Smoleński, Radek Szlaga, Paweł Śliwiński, Maria Toboła, Piotr Uklański
ZACHETA – NATIONAL GALLERY OF ART
Vpl. Małachowskiego 3

+48 (0)22 5569600


www.zacheta.art.pl

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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