Danilo Guerri. Il ricordo di Luca Molinari

L’architetto, originario della provincia di Ancona, si è spento nelle scorse settimane. Formatosi con Libera e Quaroni, con il quale si era laureato nel 1970, dopo le esperienze presso lo studio TAU, si era stabilito nelle Marche. Docente presso le Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno, e Ferrara e presso la Facoltà di Ingegneria di Ancona, era membro dell'Accademia Nazionale di San Luca dal 1983, su proposta di Mario Ridolfi.

UN ARCHITETTO CONTROCORRENTE
Le case di Colonia del giovane Oswald Mathias Ungers, la Facoltà d’Ingegneria a Leicester e il Queens College a Oxford di James Stirling, le architetture domestiche di Jorn Utzon, il brutalismo sofisticato di Colin St John Wilson ma anche le ville sul mare di Coderch, un dettaglio apparentemente insignificante in un palazzo di Gaudí, la superficie trattata a frattazzo in un progetto di Moretti, la luce che avvolge meravigliosamente un lavoro dei Sangallo, l’eleganza inattesa delle opere di Villanueva e Felix Candela, la trama muraria di Villa Adriana, le sezioni di Baldeweg, le pareti mobili di John Soane, e poi gli amati Ridolfi, Frankl, Libera, Gardella, Albini, Riva.
Quanti viaggi ho potuto fare da giovane solo ascoltando Danilo Guerri (Castelferretti, 1939 – Senigallia, 2016) che raccontava d’incursioni private, incontri svolti con discrezioni, appunti presi con passione nel continuo, instancabile interrogare l’amata architettura che l’ha accompagnato per tutta la vita.
Non c’era vanità intellettuale in quello che trasmetteva, ma solo la costante sensazione che le città e le migliaia di architetture lette e visitate con cura siano state per Guerri un immenso, potente repertorio da osservare instancabilmente per progettare.
Tutto si riportava sempre al disegno, usato come strumento totale per controllare un processo che si è fatto sempre più complesso lungo gli anni. E, in questa condizione, tutto sembrava portarlo inesorabilmente controcorrente rispetto a una dimensione generalizzata sempre più insofferente alla cura artigianale del dettaglio, al cantiere come laboratorio necessario, alla relazione con artigiani attenti e competenti, all’idea di un’architettura costruita secondo tempi di maturazione adeguati e in sintonia con i paesaggi che rileggeva.

Danilo Guerri, Teatro delle Muse ad Ancona

Danilo Guerri, Teatro delle Muse ad Ancona

UNA COCCIUTA RESISTENZA
Danilo Guerri, architetto romano, ha trovato nelle amate Marche un contesto che ancora poteva reggere questa sua visione del progetto, offrendogli possibilità che altrove, forse, non avrebbe avuto. Ma la sua non era una battaglia di retroguardia. Non c’era alcuna nostalgia nel lavoro attento di Guerri, ma una cocciuta azione di resistenza a una banalizzazione dell’architettura e delle sue complessità in nome di una qualità diffusa e orgogliosamente contemporanea. La sua è una generazione che ha creduto fortemente nella Modernità come strumento civile e formale per cambiare il mondo che abitavamo e in questo Guerri si comportava come un partigiano ostinato e tenace. Dietro i sorrisi ironici e dolci che mascheravano la timidezza del genio fragile, si nascondeva una caparbietà capaci di dare forma e contenuto a ogni dettaglio e soluzione tecnica che segnavano con tanta personalità ogni suo lavoro.

Danilo Guerri, disegno tecnico

Danilo Guerri, disegno tecnico

OLTRE I CONCEPT
La lezione del “maestro” Ridolfi, che si esprimeva con tanta chiarezza nelle bellissime tavole di disegno a china e matita dei suoi progetti, si riversava poi nel cantiere e nel dialogo incessante e amorosamente duro con il fabbro, il falegname, i muratori che lo affiancavano nel dare vita a queste architetture dominate da continui scarti, dettagli inattesi, soluzioni condensate e iperboliche. Chi ha cercato negli anni di catalogarlo come epigono della Scuola Romana non aveva voluto né cercato di capire che esistono altri modi di pensare e fare architettura oltre i diagrammi e i “concept” dietro cui si celano molti mediocri architetti. Danilo Guerri appartiene invece a quella schiera di autori che hanno continuato a credere nel progetto come costruzione di forme e spazi realizzati attraverso un sofisticato e denso pensiero tecnico e artistico. Una bella architettura capace di abitare la vita che incontra, questo desiderio si nascondeva dietro le tante opere sognate e costruite in mezzo secolo di attività dello studio appollaiato sulla rupe di Falconara Alta. Questo autore italiano della nostra contemporaneità deve ancora essere letto, studiato e giustamente inserito nelle nostre Storie di architettura, perché un patrimonio di opere vissute con amore e devozione non venga disperso.

Luca Molinari

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Luca Molinari

Luca Molinari

Critico, curatore e professore associato di Storia e Teoria dell’Architettura Contemporanea presso SUN, Seconda Università degli Studi di Napoli. Scrive come autore indipendente per numerose riviste e quotidiani, oltre a tenere la Cronaca di Architettura del settimanale “L'Espresso”. È membro…

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