Mid-career alla riscossa. Piero Fogliati

Il 25 marzo 2016 se n’è andato Piero Fogliati, geniale costruttore di strutture di luce – nelle sue sculture, una tecnologia quasi artigianale convive con dosi ampie di concettualismo e poesia – che richiedono una concentrazione e una partecipazione attiva dei sensi, in particolare della vista e dell’udito. Ha vissuto e operato da uomo solitario, con qualche significativo riconoscimento. Ma il suo lavoro merita di più, senza fermarsi allo stadio che in questa rubrica abbiamo definito “mid career”.

SULLA PERCEZIONE
Piero Fogliati (Canelli, 1930 – Torino, 2016) è uno di quegli artisti che sfuggono a qualsiasi collocazione storiografica o critica, poiché il suo operare è prodigiosamente autonomo rispetto a tendenze o specifiche attitudini. Il suo lavoro ruota attorno a una concezione dilatata e impercettibile di realtà, proprio perché è sfaccettato, multisensoriale, plurale.
Già i titoli di alcune opere storiche – tra cui Liquimofono (1966), Prisma meccanico (1967), Rivelatore cromocinetico (1967), Luce solida (1971) – palesano il confronto con l’ambito scientifico, mondo sorprendente che ha frequentato con disinvoltura e progettualità e da cui ha assorbito sollecitazioni e potenzialità visive e in generale percettive, associando però alle sue intuizioni e alle regole dell’ottica una dose sconfinata di bilanciamento poetico, coinvolgendo il pubblico, attirando perennemente il suo sguardo. Il suo lavoro non è freddo ed esclusivamente congegnato in termini concettuali, poiché le opere di Fogliati, anche quelle più mature, rivelano una relazione panica con la natura, i colori e i suoi suoni.
Pertanto, sin dagli Anni Sessanta, decennio germinale della sua ricerca, costruisce particolari marchingegni, prende in prestito dotazioni e intuizioni da altre discipline, ma nei fatti prosegue idealmente nel solco di due punti cardinali dell’arte del XX secolo: la riflessione sul colore e l’interazione tra lo spettatore e lo spazio possibile dell’opera. Perciò, nella maggior parte dei casi, le sue opere riescono a creare veri e propri ambienti immersivi in cui entrare per lasciarsi guidare dai ritmi esigenti che si scatenano nella relazione tra le regole intrinseche dell’opera stessa e la fisiologia dei nostri occhi.

Piero Fogliati, Svolazzatore Cromocangiante, 1967

Piero Fogliati, Svolazzatore Cromocangiante, 1967

FOGLIATI INVENTORE
Non a caso, “Piervirgilio Fogliati è un inventore: lo è nel senso illuministico della parola; lo è nell’entusiasmo attento e lucido della ricerca, lo è nella inesausta attivazione di una fantasia sprizzante in continue, accese scintille, nel fervore incessante della scoperta, nella curiosità sempre desta e senza soste”, come appuntava nel suo testo critico Lara Vinca Masini in occasione della personale del 1970 a Firenze.
Come ha sostenuto Filiberto Menna, la dimensione che Fogliati ha prediletto è quella del futuro, pertanto ha sempre immaginato e progettato nuove opere, affidando alla carta schizzi e veloci appunti, pagine sparse di idee e progetti sulla percezione e l’ottica che ha sognato di realizzare. E una pubblicazione di queste carte – alcune piccole e fragili, ma non per questo meno intense – andrebbe messa in cantiere.

Piero Fogliati – Eterotopia – installation view at Dep Art, Milano 2016

Piero Fogliati – Eterotopia – installation view at Dep Art, Milano 2016

UNA NUOVA ATTENZIONE
Analizzando il regesto delle sue mostre – in cui compaiono anche due partecipazioni alla Biennale di Venezia, la prima nel 1978 e la seconda nel 1986 – emergono tre differenti iniziative recenti, propedeutiche a una rivalutazione e a una nuova attenzione critica verso il lavoro di Fogliati. L’antologica del 2014 alla GAM della sua città, Torino, la mostra del 2016 al MAC di Lissone e la recente retrospettiva Eterotopia, allestita da Dep Art a Milano fino al 6 agosto scorso.
Quest’ultima mostra, accompagnata da una pubblicazione, con testo critico di Alberto Zanchetta, raccoglie un’ampia documentazione fotografica di opere di diversi periodi, accompagnata da schede a firma di Alessandro Trabucco. Sono i primi passi verso una rivalutazione del suo percorso, in attesa – magari – di una mostra e di una pubblicazione anche finalizzate a un regesto più completo sia dei lavori di Fogliati sia dell’antologia critica sull’artista – Lorenza Trucchi, ad esempio, nel 1970 scrive della sua “lucida ma eccentrica intelligenza da ‘encyclopediste’” –, che è significativa anche se non molto vasta come quella di altri nomi della sua generazione.
Sarebbe pure interessante rileggere, nella medesima edizione, i testi compilati dallo stesso Fogliati, che con questo tono appuntava una dichiarazione di poetica dai toni programmatici: “Nel complesso la mia operazione è diretta ad ottenere realtà sensoriali, fruibili anche esteticamente, utilizzando se necessario l’invenzione di adatti mezzi tecnologici. Essa esplora allo stesso modo, e con la medesima metodologia, il campo della luce come quello dei suoni o dei movimenti cibernetici”. Era il febbraio del 1971.

Lorenzo Madaro

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Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro è curatore d’arte contemporanea e, dal 2 novembre 2022, docente di ruolo di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia delle belle arti di Brera a Milano. Dopo la laurea magistrale in Storia dell’arte all’Università del Salento ha conseguito il master…

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