Il social housing al tempo della Biennale di Venezia

Osservando dall’interno i padiglioni nazionali e sondando le proposte della mostra “Reporting from the front”, quali orientamenti emergono in merito alla battaglia della casa per tutti? Il punto di vista di Alessandro Benetti.

Alla 15. Mostra Internazionale di Architettura, la ricerca sul tema della “casa per tutti” domina il dibattito nelle sue tante accezioni. Accanto agli esperimenti del padiglione della Gran Bretagna – che descrive i diversi tempi dell’“abitare” contemporaneo (ore, giorni, mesi, anni, decenni) attraverso i modelli in scala 1:1 dei suoi spazi – e del padiglione della Germania – che racconta un’intera nazione come una casa aperta ad accogliere i flussi migratori contemporanei – si articola un’ampia riflessione sul social housing inteso in senso tradizionale, come costruzione di dimore stabili per le fasce della popolazione a basso reddito.

L’ESPERIENZA FRANCESE
Tradizionalmente finanziata dai welfare nazionali, in un’epoca in cui le politiche statali sono un po’ ovunque in ritirata, la “casa per tutti” si costruisce anche con modalità alternative, spesso promosse “dal basso”. Tra le Nouvelles Richesses a cui è dedicato il padiglione della Francia, emergono tanti esempi virtuosi di iniziative locali, ad opera di privati e cooperative e a vario titolo partecipate, che ridefiniscono i paesaggi ordinari del paese fuori dalle grandi città. A Saint-Denis, cinque nuovi alloggi a buon mercato si affiancano a un antico e modesto edificio d’angolo, reso celebre da uno scatto di Robert Doisneau. Il committente privato sceglie di aprire il cantiere al pubblico, trasformandolo in un luogo d’incontro e condivisione per gli abitanti del quartiere. Il contributo francese sul tema è fondamentale anche all’interno del padiglione centrale: l’esperienza di LAN Architecture ci ricorda che, soprattutto in Europa, lavorare sul social housing significa anche occuparsi dell’immenso patrimonio di case popolari ereditato dal secolo scorso, oggi spesso deteriorato. Nella riqualificazione del quartiere di Génicart a Lormont, i LAN riescono a ridefinire radicalmente la funzionalità interna degli edifici esistenti intervenendo unicamente sull’ispessimento loro “pelle” esterna.

15. Mostra Internazionale di Architettura, Venezia 2016 - Reporting from the front, LAN Local Architecture Network  - photocredit Andrea Ferro

15. Mostra Internazionale di Architettura, Venezia 2016 – Reporting from the front, LAN Local Architecture Network – photocredit Andrea Ferro

DALLE SHA’ABI ARABE ALL’URBANIZZAZIONE INCREMENTALE
Alle Corderie dell’Arsenale, la partecipazione degli Emirati Arabi Uniti articola il tema al di fuori dei confini geografici e culturali del mondo occidentale e si focalizza sulle sha’abi, le case popolari costruite nei principali centri urbani dello stato mediorientale a partire dagli Anni Settanta. Nel tempo, l’alloggio standard ha dato prova di grande flessibilità e le molte modifiche apportate dagli stessi abitanti hanno trasformato i quartieri delle sha’abi in un vero e proprio campionario costruito degli stili di vita e dei gusti di una popolazione in evoluzione.
Sempre all’Arsenale, anche la riflessione sulla città condotta dallo studio tedesco BEL Anne-Julchen Bernhardt e Jörg Leeser, raccontata da una scenografica maquette a grande scala in blue foam, lavora sul concetto di urbanizzazione incrementale. Ricompare qui la configurazione trilitica fondativa dell’architettura moderna – la Maison Dom-Ino di Le Corbusier – che è reinterpretata e moltiplicata per immaginare un paesaggio urbano dove ciascuno possa articolare liberamente il proprio alloggio nel plan libre delle strutture a pilastri e solai.

15. Mostra Internazionale di Architettura, Venezia 2016 - Padiglione Italia - photocredit Irene Fanizza

15. Mostra Internazionale di Architettura, Venezia 2016 – Padiglione Italia – photocredit Irene Fanizza

PAROLA AGLI ABITANTI E AGLI UTENTI FINALI
Nessuna casa, però, può prosperare senza un contesto urbano che supporti le necessità e i desideri dei suoi abitanti. Ben venga, quindi, l’interessante iniziativa di TAM Associati che, nella sezione Agire del Padiglione Italia, coinvolge cinque progettisti per concepire i dispositivi mobili utili ad altrettante associazioni per presidiare e intervenire nei luoghi più problematici delle nostre città.
La partecipazione del Portogallo, infine, occupa fisicamente i sotterranei delle case popolari di Campo di Marte, il progetto incompiuto di Álvaro Siza Vieira alla Giudecca, nella speranza di richiamare l’attenzione pubblica su questo luogo e di portare finalmente a compimento i cantieri interrotti da anni. La mostra, inaugurata da un grande tavolata all’aperto con gli abitanti del quartiere, è incentrata su quattro video, che accompagnano i visitatori ad incontrare con il decano dell’architettura portoghese gli abitanti dei suoi più celebri social housing: oltre all’intervento veneziano, Schilderswijk a L’Aia, Schesisches Tor a Berlino e Bouça a Porto. Tante microstorie si compongono in un racconto, delicato e a tratti ironico, del rapporto non sempre facile tra l’architetto, con le sue ambizioni e ossessioni, e le necessità pratiche di chi vive nelle case che ha costruito.
Così, di fronte a un veneziano che chiede: “Architetto, ma perché non ha fatto una finestra anche in bagno?”, Siza confessa: “Perché non stava bene nella composizione della facciata. Oggi, però, la farei eccome quella finestra!”.

Alessandro Benetti

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Alessandro Benetti

Alessandro Benetti

Alessandro Benetti è architetto e curatore. Ha collaborato con gli studi Secchi-Privileggio, Macchi Cassia, Laboratorio Permanente, viapiranesi e Studio Luca Molinari. Nel 2014 ha fondato Oblò – officina di architettura, con Francesca Coden, Margherita Locatelli ed Emanuele Romani. Ha contribuito…

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