Vincenzo De Bellis: basta nomine politiche nei musei italiani. Le prossime artstar italiane? “Favaretto, Cuoghi, Roccasalva, Perrone”

“Il direttore è un tecnico e non è più pensabile che venga nominato per motivi politici”. Forse per personale attitudine a parlar chiaro ed andare diretto al centro delle questioni, forse un po’ anche perché il suo futuro sarà lontano dall’Italia e questo gli consente un po’ di maggiore libertà di giudizio, Vincenzo De Bellis […]

Il direttore è un tecnico e non è più pensabile che venga nominato per motivi politici”. Forse per personale attitudine a parlar chiaro ed andare diretto al centro delle questioni, forse un po’ anche perché il suo futuro sarà lontano dall’Italia e questo gli consente un po’ di maggiore libertà di giudizio, Vincenzo De Bellis non ci va certo per il sottile, quando l’intervistatore gli domanda cosa gli suggerirebbe se avesse di fronte il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. “Due cose: completare il ricambio generazionale nelle direzioni dei musei e dare stabilità alla loro governance con una separazione netta e totale tra le scelte politiche e quelle tecnico/artistiche”. Quello che non emerge, semmai, è se la petizione dell’ormai ex direttore di Miart, ora negli States a fare il curatore al Walker Art Center di Minneapolis, è di carattere generale, o riferita alla recente infornata di 20 direttori nei 20 grandi musei italiani. L’intervistatore succitato comunque è il grande specialista Vittorio Zincone: e questo rende imperdibile il dialogo pubblicato dell’edizione odierna di Sette, l’inserto del Corriere della Sera.

ABBASSARE L’IVA SULLE OPERE D’ARTE
Interessante anche quando Zincone mette idealmente De Bellis davanti al ministro dell’Economia, Giancarlo Padoan: cosa chiederesti a lui? “Di abbassare l’Iva sulle opere d’arte. Se vogliamo un mercato più trasparente, dobbiamo renderlo più attrattivo. Se io cerco una fotografia dell’artista Thomas Ruff e ne trovo tre identiche, una in una galleria americana, un’altra a Parigi e un’altra a Milano, perché la dovrei comprare in Italia dove costa il 10% in più?”. Poi il discorso entra più nel vivo della professione: perché tanti curatori italiani espatriano verso musei all’estero? “Nei musei italiani ci sono i direttori, ma mancano i curatori, cioè quelli professionalmente preparati per creare una mostra. C’è una generazione intera di curatori con grande esperienza da indipendenti, a cui però non vengono date opportunità adeguate”. C’è un museo italiano che ti piacerebbe dirigere? “I migliori per l’arte contemporanea oggi sono il Madre di Napoli, il Museion di Bolzano e il Mart di Rovereto, che ha le caratteristiche di un museo internazionale”.

MASSIMILIANO GIONI, VICENTE TODOLÌ E CAROLYN CHRISTOV-BAKARGIEV
I curatori più bravi e influenti? “Massimiliano Gioni, Vicente Todolì e Carolyn Christov-Bakargiev”. Vedi all’orizzonte qualche artista italiano che otterrà i successi di Cattelan e di Beecroft? “Vedo crescere artisti meno pop e più riflessivi, diversi dalle star che hai citato: Lara Favaretto, Roberto Cuoghi, Pietro Roccasalva, Diego Perrone…”. E a chiudere qualche domanda-calembour: di fronte a quale opera metteresti tuo figlio per farlo appassionare all’arte? “Un Balloon di Jeff Koons”. L’opera che vorresti assolutamente in casa? “Qualsiasi cosa nata dalle mani di Thomas Schütte”.

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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