Lo Strillone: i misteri della (non) sorveglianza del museo di Castelvecchlo sul Corriere della Sera. E poi sicurezza per il Giubileo, Tomaso Montanari contro i privati

La domanda che tutti si pongono oggi: come è possibile entrare in un museo in centro città e uscirsene indisturbati con 17 opere anche di grandi dimensioni? Il riferimento è al furto subito dal museo di Castelvecchlo a Verona, e a occuparsene è Paolo Conti sul Corriere della Sera: “uno dei siti ritenuti strategici e […]

La domanda che tutti si pongono oggi: come è possibile entrare in un museo in centro città e uscirsene indisturbati con 17 opere anche di grandi dimensioni? Il riferimento è al furto subito dal museo di Castelvecchlo a Verona, e a occuparsene è Paolo Conti sul Corriere della Sera: “uno dei siti ritenuti strategici e sensibili dal Comune di Verona. Vigilato ventiquattro ore su ventiquattro, presidiato come una fortezza da 48 telecamere collegate a una sala operativa interna, da una guardia giurata armata, da un circuito di telecamere esterne e da un protocollo rigidissimo sulla sicurezza specie quando avviene il cambio del personale. Eppure i rapinatori sono penetrati con estrema facilità, probabilmente da una scala secondaria dal secondo piano. Il che fa supporre che conoscessero bene i meandri del museo”. Cosa è successo allora? “Molti i punti oscuri da chiarire per chi indaga (Squadra Mobile di Verona, coadiuvata dal Nucleo Tutela patrimonio artistico dei carabinieri). A cominciare dal mistero del sistema di allarme, che al momento della rapina non era attivato. Come mai? Ogni sera il vigilante armato da il cambio ai guardiani del Comune (sono undici per turno) alle 19.30. A quell’ora effettua un giro nelle sale, verifica che non ci sia più nessun visitatore e attiva il sistema di allarme alle 20. Giovedì sera non ha potuto farlo perché i banditi l’hanno imbavagliato e legato. Ma come mai alla centrale operativa dell’agenzia di vigilanza non è arrivato il segnale che il sistema non era stato innescato? Come si spiega che non si siano accorti di nulla?”.

Metal detector al Colosseo, agenti sui bus e allarme stadi. La Repubblica parla del piano di sicurezza per il Giubileo: “l’elenco, soltanto a Roma, ha raggiunto quota 1.440. Tanti sono i potenziali obiettivi sensibili censiti dalla questura a due giorni dall’entrata in vigore dell’ordinanza speciale rivolta ai 2.000 agenti delle forze dell’ordine che verranno impiegati nella capitale in vista del Giubileo. A partire da lunedì, in collaborazione con 2.000 militari delle forze armate, avranno il compito di sorvegliare ambasciate, ministeri, sedi di partiti e di compagnie aeree, chiese, la sinagoga, il ghetto ebraico, monumenti, ma anche i mezzi pubblici (dove saliranno agenti di pattuglia) e, dopo le stragi del Venerdì 13 a Parigi, lo stadio e i locali e le piazze maggiormente frequentate di notte dai più giovani”. L’assurda guerra italiana ai privati che vogliono salvare arte e cultura. È Il Foglio a tornare sul tema caldo della salvaguardia: “siamo sempre lì, sospesi tra l’idea che ‘con la cultura non si mangia’ e la convinzione che ‘la cultura e il nostro petrolio’, ma comunque convinti che la gestione del patrimonio culturale non funziona. E di chi poteva essere la colpa di questo sfacelo se non del libero mercato? ‘La religione del mercato sta imponendo al patrimonio culturale il dogma della privatizzazione’, scrive lo storico dell’arte Tomaso Montanari. E uno pensa che lo stato abbia venduto la fontana di Trevi come Totò a Decio Cavallo o che gli sceicchi abbiano trasformato la Valle dei Templi in un campo da golf. Invece no, il problema sono le minime aperture ai privati che hanno permesso alcune operazioni di di valorizzazione dei beni culturali”.

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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