Paris Updates: Slick tra alti e bassi, Cutlog che torna come Salon. Immagini da due fiere in cerca di trasformazione

Un grande cartellone su Ponte Alessandro III è l’unico indizio della presenza di Slick in città. Si scendono le scale, si va giù in banchina ed ecco il consueto capannone bianco della fiera collaterale più vicina a Fiac in termini di prossimità geografica. Slick, come Cutlog, è una fiera in difficoltà. Mentre Cutlog ha dovuto […]

Un grande cartellone su Ponte Alessandro III è l’unico indizio della presenza di Slick in città. Si scendono le scale, si va giù in banchina ed ecco il consueto capannone bianco della fiera collaterale più vicina a Fiac in termini di prossimità geografica. Slick, come Cutlog, è una fiera in difficoltà. Mentre Cutlog ha dovuto saltare una edizione, ritirarsi da New York e  ripensarsi come una sorta di salone, Slick ha anche lei chiuso l’edizione a Bruxelles e a Parigi ha retto riducendo di molto i suoi spazi. Oggi la fiera si è ridotta ad una mini passeggiata tra una venticinquina di gallerie che più che altro sfruttano la vicinanza con la fiera principale. La qualità non è bassissima ma sono troppi gli alti (tra questi il sempre bello stand della milanese The Flat) e bassi che culminano nella mostra collettiva ospitata nella parte finale del padiglione. Manifestazioni che probabilmente hanno esaurito il loro ciclo e dovrebbero provare a ripensarsi.
Cutlog quest’anno torna dunque a Parigi. E il suo punto di forza è l’aprire spazi poco noti, un po’ come fa da sempre la Fondazione Trussardi a Milano. Se dunque nel 2013 era la Borsa, ora è l’Hôtel de l’Industrie, nella splendida place Saint-Germain-des-Prés. L’edificio, risalente alla fine del XIX secolo, è di proprietà della Société d’encouragement pour l’industrie nationale, ed è già tutto un programma. Ma non è tutto, anzi: è stato infatti uno dei cuori pulsanti della rive gauche e – fra le mille cose – ha ospitato la prima proiezione parigina dei Fratelli Lumière, durante l’occupazione nazista ha visto il passaggio di artisti come Juliette Gréco e Boris Vian, ci hanno suonato jazzisti come Duke Ellington e Django Reinhard, vi si sono svolti i congressi lacaniani negli Anni Cinquanta e alcune assemblee studentesche del Maggio 68. E ora è allestita una non-fiera: niente stand, niente gallerie, ma un board di curatori che hanno selezionato artisti e opere, che naturalmente sono in vendita. Una volta si chiamava Salon.

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Redazione

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