I limiti della libertà. L’opinione di Renato Barilli

Questione annosa, quella della libertà degli artisti. Ma devono veramente poter fare qualsiasi cosa? Altrimenti è subito censura? Ecco come la pensa Renato Barilli.

Un problema da affrontare nel modo più chiaro è il rapporto tra la necessaria libertà da concedere agli interventi degli artisti e la sussistenza di regole generali di comportamento, senso comune del pudore ecc.
Il caso di poche settimane fa è stato quello di Tino Sehgal che, nel quadro del Festival di Sant’Arcangelo, ha indotto un performer a orinare in pubblico. Il gesto in sé è legittimo e fornito di un buon pedigree, se si pensa alla Fontana di Duchamp o alla Fountain in cui Bruce Nauman si fa riprendere mentre emana uno spruzzo dalla bocca. Legittimità storica e teorica, dunque, di quell’intervento, ma anche necessità che si collochi in uno spazio protetto, in modo da avvisare gli spettatori, che siano consapevoli di assistere a uno spettacolo ardito e forse scostante, assumendo anche le opportune responsabilità nei confronti dei minori.
Questa delimitazione di area potrà prescindere dal museo, porsi per le vie e nelle piazze, ma dovrà esserci comunque un “temenos”, un recinto virtuale di rispetto, diversamente un passante casuale ha tutte le ragioni di sentirsi urtato e protestare. O peggio ancora, non si accorge di quella prestazione, come succedeva nel Natale scorso a Luca Vitone, che installò tra le consuete luminarie alcuni neon, magari arguti e sottili, sospesi su un ponte di ampio traffico: ma chi se ne accorgeva?

Marina Abramovic, Ulay - Impoderabilia - 1977

Marina Abramovic, Ulay – Impoderabilia – 1977

Se queste precauzioni vengono prese, di avvisare cioè che si sta facendo qualcosa di particolare in uno spazio protetto, le forze dell’ordine non avrebbero ragione di intervenire. A patto che quanto si svolge non costituisca un pericolo per le persone fisiche presenti. Lo sanno bene i direttori di musei, che si devono guardare dal rischio che le opere esposte, pur in quello spazio più che legittimo, possano ferire i visitatori. Inoltre è pure consigliabile dissuadere gli artisti dall’esporre immagini lesive di fedi o religioni: lasciamo quindi stare Maometto e altri idoli della tribù.
Invece fu un totale abuso quello di un questore bolognese che intervenne, nel 1977, quando Marina Abramovic e Ulay si esposero nudi all’ingresso della Galleria d’Arte Moderna. Alle mie proteste, consistenti nel fargli notare che a quella data il nudo dilagava nel cinema e nel teatro, mi rispose che quelli erano luoghi dati allo spettacolo fatto col corpo vivente e in movimento, mentre una Galleria d’Arte poteva esporre solo, oltre a “nature morte”, diciamo così, corpi nudi ugualmente morti, cioè bloccati a livello rappresentativo.
Ma era una concezione invecchiata, anche se illustre nella tradizione occidentale, volta a fare dell’arte visiva solo una manifestazione dello spazio, e non anche del tempo e del movimento.

Renato Barilli

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #27

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Renato Barilli

Renato Barilli

Renato Barilli, nato nel 1935, professore emerito presso l’Università di Bologna, ha svolto una lunga carriera insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore…

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