Inpratica. Coco Chanel: la bellezza può più del dolore

Storia di Coco Chanel. Storia, cioè, di una bambina povera cresciuta dalle suore. E che mai si è fatta abbattere dalla realtà, o presunta tale. Una storia di conti e marinai, di incidenti e profumi. Così, se con questo caldo volete vestirvi solo con due gocce, saprete meglio cosa avrete addosso.

DUE CATEGORIE DI PERSONE
Fra le tante categorie con cui possiamo dividere l’umanità per provare a capirci qualcosa, la più interessante mi è sempre sembrata quella che separa le persone capaci di accettare la realtà da quelle incapaci.
Le prime, percepita l’arroganza delle Cose-Così-Come-Sono, ci stanno: “Per andare all’asilo ci vuole il grembiule? Il mio sarà sempre inamidato”, decidono. “Per non venire emarginati che musica bisogna ascoltare? Che libri bisogna leggere?”, si domandano. E agiscono di conseguenza. Sanno afferrare al volo le offerte speciali dei supermercati e in generale dell’esistenza, sanno quand’è il momento di sistemarsi e raramente sbagliano. Dunque si sposano, fanno dei figli, di tutte le Cose-Così-Come-Sono si tengono ben strette le loro e nel frattempo lavorano, dormono, godono, soffrono. La loro particolarità non sta in questo, naturalmente, ma nel fatto che davvero lavorano, mentre lavorano. E basta. Davvero dormono mentre dormono, davvero godono se c’è da godere e soffrono se c’è da soffrire.
Insomma, partecipano al gioco. A quel gioco delle Cose-Così-Come-Sono che invece l’altra categoria di persone rifiuta ostinatamente. Sono persone piuttosto disperate, quelle della seconda categoria. Persone così impegnate, fin da piccole, a salvarsi dalle spire della loro inquietudine, da non avere spazio, nella testa, per capire come bisognerebbe comportarsi per sopravvivere al meglio. Sono persone profondamente allergiche all’attualità, ai dettati. Alle mode. Persone per cui è meglio niente che qualcosa, se non possono avere tutto. Perché è quel tutto il loro principale problema, è il sogno di qualcosa d’assoluto che le tormenta. E rende impossibile, per loro, ogni tolleranza per le Cose Così Come Sono.

Coco Chanel

Coco Chanel

UNA BAMBINA POVERA CHIAMATA COCO
Le persone di questa categoria, le Cose le reinventano. Le rivoluzionano. Le determinano. Se riescono a farsi guidare, anziché abbattere, dall’incapacità di stare al mondo e alle sue regole, possono diventare eroi, santi, artisti, stelle comete che con il loro passaggio su questo pianeta lo accenderanno di una luce che prima non c’era.
Possono diventare Coco Chanel, le persone della seconda categoria. E una di loro ce l’ha fatta: tutto e niente sappiamo, di quella bambina poverissima, cresciuta dalle suore di un orfanatrofio. Sappiamo tutto perché ci hanno raccontato tanto. Ma non sappiamo niente perché la leggenda ha ormai invaso la storia e la prima a gettare sassolini magici per fare smarrire la strada a noi Pollicini della Realtà è stata lei, Coco.
Ma che mi importa, di che cosa è successo davvero?”, si sarà detta, da degna rappresentate della seconda categoria. Tanto che, da subito, invece di permettere alla miseria dell’orfanatrofio di schiacciare lo spirito, deve avere pensato, osservando le tonache delle suore: “Certo che il nero e il bianco sono colori proprio bellissimi. Da collezione”.

Coco Chanel

Coco Chanel

DI NECESSITÀ VIRTÙ
Ovvio, c’è da sentirsi stretti in un orfanatrofio: ma Coco non sarebbe Coco, se fuori da lì avesse trovato un posto dove sentirsi davvero a suo agio, davvero a casa. Infatti, mentre lavora come commessa in una negozio di biancheria, arriva Etienne de Balsan, benestante e generoso: nel suo castello di Royallieu, Coco è finalmente felice, lontana dal buio della sua infanzia?
Macché.
Tutto il suo stile sembra essere una risposta istintiva al fatto che non s’integrava con la gente cool di Royallieu”, scriverà Karen Karbo nel suo Lo stile rivoluzionario di Coco Chanel. Immaginiamo quindi Coco sbadigliare alle corse di cavalli a cui la trascina de Balsan: ma la immaginiamo anche qui sforzarsi di cambiare disegno a quello che vede. E prendere ispirazione per i suoi pantaloni da cavallerizza e le sue cravattine lavorate a maglia.
Di lì a qualche anno, i marinai del porto di Deauville, di fronte al negozio dove di fatto sarebbe partita la sua conquista del mondo, fanno troppo casino? Coco studia lo scollo dei loro maglioni, per alleggerire l’abbigliamento che la Belle Époque ha appesantito con tutti quei corsetti e per dichiarare, un domani: “Fino a quel momento avevamo vestito donne inutili, oziose, donne a cui le cameriere dovevano infilare le maniche: invece io avevo una clientela di donne attive; una donna attiva ha bisogno di sentirsi a suo agio nel proprio vestito”.
Ancora: si brucia accidentalmente i capelli su un fornello? Taglia anche il resto e impone a tutte la pettinatura alla maschietto. Perché non è tanto il genere umano, la sua musa: è la difficoltà di adeguarsi a quel genere umano. La difficoltà di assecondare, placida, le Cose-Così-Come-Sono. Di limitarsi a godere quando sono buone. Di abbassare la testa quando si fanno insopportabili.

Chanel n. 5

Chanel n. 5

UN LUTTO, UN PROFUMO
Ed ecco. Ecco infatti che è da un dolore grande che nasce il suo grande capolavoro. Non poteva non essere così. Pare che nel 1921, già regina della moda parigina, Coco, a Montecarlo con il granduca Dimitri di Russia, con cui si accompagnava, e Misia Sert, la pianista straordinaria e amica imprescindibile che l’aveva introdotta fra gente come Cocteau e Stravinsky, abbia l’idea: vuole lanciare un profumo. Un profumo uguale solo a se stesso, che uguale solo a se stesso faccia sentire la donna che lo usa.
Dimitri le presenta Ernest Beaux, profumiere alla corte degli zar, che mescola la sensualità dell’ylang-ylang con la freschezza della Rosa di Maggio e con il segreto del Gelsomino di Grasse. 5 perché dei campioni che Ernest presenta a Coco è il quinto, quello giusto? 5 perché Coco è del segno del Leone, il quinto dello zodiaco? 5 perché, semplicemente, le girava così? Al solito, ognuno può affezionarsi a un’idea: perché anche Chanel N. 5 ormai, come la sua stilista, oltre a essere un profumo, è una favola. Per quelle due gocce che bastavano a Marilyn per andare a letto nuda sentendosi vestita. Per Candice Bergen, Suzy Parker, Ali MacGraw, Catherine Deneuve, Nicole Kidman e per tutte le divine che hanno intrecciato la loro personalità alla fragranza. Per tutte quelle che divine possono sentirsi se, appunto, invitate a essere uguali solo a se stesse.
Ma soprattutto, credo, per il vuoto improvviso nella vita di Coco Chanel che l’ha spinta a inventare qualcosa di misterioso e unico come misterioso e unico era il legame fra lei e Boy Capel. Storia e leggenda in questo concordano: è lui l’unico vero amore di Coco. Lui il marito, pur non avendola mai sposata. Lui il padre che Coco non ha avuto, lui il figlio che non avrebbe avuto mai. Ricco industriale di Newcastle, Boy si innamora sia della donna sia del suo talento e aiuta tutti e due ad esprimersi.
Ci sarebbe poi stata una moglie, nella vita di Boy, ci sarebbero stati altri uomini nella vita di Coco: ma loro due sarebbero rimasti uniti, anche se divisi. Uniti proprio perché, nel mondo delle Cose-Così-Come-Sono, divisi. Fino a quando però, quelle Cose esagerano: e Boy muore, in uno stupido incidente stradale, nel 1919. Coco si precipita, quando arriva su quella maledetta strada ci sono ancora i resti di Boy, sparsi.
Ma Boy non c’è più. E allora? Le Cose-Così-Come-Sono pretenderebbero un lutto eterno. Coco, al solito, non le accetta: sfida l’eternità. Nasce il suo profumo.

Jussin Franchina

www.chanel.com

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Jussin Franchina

Jussin Franchina

Jussin Franchina (1987) è l’autrice del blog Machissenefrega, che fino a prova contraria resterà il suo migliore inizio. Scrive per New Entry e per se stessa. Con Ilaria Caprioglio è coautrice del libro “Adolescenza. Genitori e figli in trasformazione” edito…

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