Biennali nel mondo. Da Venezia a Chongqing

Chongqing, la “città delle montagne” adagiata sulle sponde di uno dei più maestosi fiumi del mondo, lo Yangtze, ospita fino al 26 luglio la prima edizione della biennale di fotografia e videoarte. Siamo andati a vedere di che si tratta.

La cerimonia d’apertura della prima edizione della Biennale di fotografia e videoarte di Chongqing si è svolta il 26 e 27 aprile nella neonata Galleria d’arte del fiume Yangtze: tre piani di museo, incluso il parcheggio sotterraneo, per uno spazio espositivo di 22mila mq.
Gli artisti provengono da tutta la Cina e non solo: con un totale di 36 Paesi partecipanti, la manifestazione riunisce 257 tra fotografi e videomaker, buona parte dei quali sono giovani a cui il museo ha voluto dare la possibilità di mostrarsi al pubblico a fianco dei grandi nomi della fotografia cinese. Come ha affermato Zhang Hui, membro della giuria, “chi non ha cominciato da giovane? Le opere di questi ragazzi chiaramente non sono del tutto mature, ma se non altro possiamo percepire l’amore che nutrono per l’arte. Chissà poi che cosa ci riserveranno in futuro“.
La mostra internazionale è stata curata dal cinese Wang Qingsong, dal francese François Hébel e dallo spagnolo Alejandro Castellote. Critici pervenuti da tutto il mondo, tra cui l’italiano Demetrio Paparoni, hanno decretato, insieme al voto del pubblico e degli artisti, l’assegnazione del primo premio a Zhong Ning, che con i suoi bianconeri modificati ci immerge in un mondo surreale e inquietante. Il secondo posto è stato assegnato a Henry Coombes, mentre sul terzo gradino troviamo la giovanissima Xu Zhuoer e la sua opera a tema sessuale. Tre menzioni speciali sono andate alle foto di grande formato dal contenuto pungente del taiwanese Zhou Qinghui, del quale un’esposizione personale è attualmente in corso a Taipei, al video di Hua Weihua e all’opera Monolith di Patrick Tourneboeuf.

Patrick Tourneboeuf, Monolith, 2004

Patrick Tourneboeuf, Monolith, 2004

Le tematiche esplorate dalle opere in mostra spaziano dalla critica sociale all’attenzione per l’ambiente, dal tema della sessualità all’ossessione per la crescita economica, dalla storia alla lotta di genere, sfiorando anche il tema politico nell’opera di Julián Barón, il quale ci mostra grandi uomini politici che hanno letteralmente “perso la faccia”. Tutti questi temi vengono raccolti efficacemente sotto il titolo Real and Unreal”. Così Wang Qingsong, per la prima volta curatore, spiega la sua scelta: “In questa prima edizione della Biennale di Chongqing ho di proposito esposto una disordinata moltitudine di opere dalla forme espressive diverse, ho pescato a piene mani dal mondo della fotografia contemporanea cinese per mettere insieme una galleria che ben descrivesse il nostro mondo: un universo nel quel reale e irreale, essere e non essere, vero e falso, sono sempre più basati sull’interpretazione personale”.
Questa prima edizione della Biennale di Chongqing presenta grosse novità nello stile espositivo: le opere non sono disposte secondo una logica tematica precisa e mancano, scelta voluta, di pannelli esplicativi che, secondo il curatore, ne influenzerebbero la fruizione. Wang Qingsong spiega che questa confusione e mancanza di autorità sono parte integrante della biennale: giusto e sbagliato, reale e irreale, distinto e confuso non sono altro che due facce diverse dello stesso mondo. Si tratta solamente di riflessioni e rifrazioni dell’era presente, un concetto che racchiude al suo interno sia armonia che contraddizione.

Peng Xiangjie, Twins, 2014

Peng Xiangjie, Twins, 2014

Alcuni spazi vedono dunque grande contrasto tra le opere, mentre in altri troviamo opere dal contenuto simile, come nel caso di Peng Xiangjie e Gao Rongguo, che prendono entrambi in considerazione il tema dei gemelli, l’uno esplorando la minoranza etnica Ani del sud della Cina, l’altro ispirandosi ai ritratti di Piero della Francesca. Ancora Wang Qingsong: “Forse il pubblico troverà strano che abbia esposto insieme fotografie dal contenuto simile: l’ho fatto per evidenziare il fatto che l’importante non è tanto il soggetto, quanto l’atto creativo. Ciò che conta nella costruzione dell’artista è più il suo punto di vista nell’atto di fotografare che l’oggetto fotografato. Ogni immagine ha il suo particolare gusto, l’importante è che riesca a dar voce a qualcuno o qualcosa. È come in musica, non importa tanto se canti con intonazione e tecnica perfette, quanto la passione, il cuore che ci metti e le sensazioni che riesci a trasmettere”.

Zong Ning, Juncus effusus, 2012

Zong Ning, Juncus effusus, 2012

Anche opere dal contenuto fortemente provocatorio hanno acquistato visibilità: Jiukou Zouzhao ha sfidato la tradizionale tendenza dell’arte contemporanea cinese a evitare temi dal contenuto apertamente sessuale, esponendo gigantografie di genitali femminili. Xiang Wengmei riflette invece sul tema della violenza di genere mostrandoci una donna incatenata, accucciata, succube, costretta a vivere in una società prevalentemente maschilista, mentre l’artista pechinese Pan Yue espone una ballerina cinese dai lunghi capelli biondi, catturata nuda in una posa plastica in stile carillon.
La videoarte, infine, occupa una buona parte della galleria, sintomo di una tendenza in aumento soprattutto tra i giovani. Video come mezzo espressivo in sé o come documentazione di performance, ad esempio nel caso di Alessandro Rolandi (presenza italiana insieme ad Alice CazzanigaOlivo BarbieriArianna Caroli e i Masbedo), che presenta una registrazione nella quale gioca a golf sullo sfondo di un ammasso di macerie pechinesi.

Giulia Pra Floriani

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