Archeologia fotografica. Emil Otto Hoppé al MAST

MAST, Bologna – fino al 3 maggio 2015. Il sottotitolo recita “Il segreto svelato”, ed è proprio questo il punto focale di questa importante mostra. Che finalmente riporta alla luce la ricerca di un grande fotografo, Emil Otto Hoppé, il cui nome è rimasto a lungo sepolto tra la polvere di un archivio.

Per Graham Howe, curatore della E.O. Hoppé Estate Collection, mettere le mani all’interno dell’archivio della Mansell Collection è stato come entrare per la prima volta nella tomba di Tutankhamen. “Avevo trovato un tesoro perduto”, dichiara orgoglioso. Il tesoro sono le migliaia di stampe di Emil Otto Hoppé (Monaco di Baviera, 1878 – Londra, 1972), uno dei fotografi più famosi a livello mondiale attorno agli Anni Venti del secolo scorso, al pari dei celebri Steichen, Stieglitz e Strand, e poi caduto in oblio, fino a oggi.
La vicenda di Hoppé è affascinante e degna di essere ripercorsa: figlio di banchieri, intraprese la carriera familiare, ma la sua passione per la fotografia lo spinse ad abbandonare l’ambiente della finanza per dedicarsi a tempo pieno alla professione artistica. Trasferitosi a Londra, divenne uno dei ritrattisti di maggior successo ed ebbe tra i suoi clienti personaggi di spicco del mondo della politica, dello spettacolo e dell’alta nobiltà inglese, tra i quali anche la regina Mary e il re Giorgio V.
Lavorò a lungo come fotografo di viaggio, pubblicando almeno venti volumi illustrati con suoi scatti, per poi vendere nel 1954 l’intero corpus delle sue opere all’archivio fotografico londinese esplorato di recente da Graham Howe. Qui le immagini, com’era uso all’epoca, vennero catalogate non in base all’autore ma all’argomento, fatto che fu la causa principale della dispersione del ricordo di Hoppé.

Emil Otto Hoppé, Out of Work, New York City,1921, USA, Vintage gelatin silver print, © E.O. Hoppé Estate Collection / Curatorial Assistance

Emil Otto Hoppé, Out of Work, New York City,1921, USA, Vintage gelatin silver print, © E.O. Hoppé Estate Collection / Curatorial Assistance

Il lavoro certosino sulla riscoperta del suo percorso fotografico ha portato a risultati straordinari e all’identificazione di quell’anello mancante tra i fotografi americani ed europei della prima metà del Novecento, tra le correnti moderniste e quelle innovatrici.
Nella mostra di Bologna sono esposte 190 stampe, molte delle quali vintage, relative alle indagini condotte tra Europa, America e India sulle fabbriche e sul mondo dell’industria.
Può esserci bellezza e fascino persino in una fabbrica”, scrisse Hoppé con spirito all’avanguardia, e le fotografie, realizzate tra 1912 e 1937, testimoniano perfettamente il suo sguardo incantato di fronte alle ciminiere, alle centrali elettriche, alle macchine smisurate, agli operai intenti al montaggio di componenti complesse e pesanti, all’impresa epica di costruzione del Sydney Harbour Bridge e a quel paesaggio industriale che sfiora il futurismo ma si arricchisce di una prospettiva reale e avveniristica.

Emil Otto Hoppé - Il segreto svelato - veduta della mostra presso il MAST, Bologna 2015 - photo Rocco Casalucci

Emil Otto Hoppé – Il segreto svelato – veduta della mostra presso il MAST, Bologna 2015 – photo Rocco Casalucci

Il fotografo entrò negli stabilimenti della Zeppelin, della Vickers-Armstrong, della Junkers, dell’indiana Tata Iron&Steel, girovagò per i docks londinesi e sulle chiatte di Detroit, fotografò gli operai al lavoro e volti di disoccupati, le geometrie delle gru e la pelle segnata degli uomini, nella profonda e personale consapevolezza di come la tecnologia industriale stesse in quegli anni segnando l’avvento di una nuova, frenetica epoca.

Marta Santacatterina

Bologna // fino al 3 maggio 2015
Emil Otto Hoppé – Il segreto svelato
a cura di Urs Stahel
MAST
Via Speranza 42
051 6474345
[email protected]
www.mast.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/41648/e-o-hoppe-il-segreto-svelato/

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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