L’immagine del desiderio. Adieu au langage di Jean-Luc Godard

Film numero 39 del grande regista parigino, ottant’anni a dicembre. E ora Jean-Luc Godard, campione della Nuovelle Vague, invita a dare l’addio al linguaggio. Intrecciando due storie anti-narrative in tre dimensioni.

Nel terzo periodo della filmografia di Jean-Luc Godard (Parigi, 1930), quello che va da Numéro deux (1975) a oggi, c’è un po’ di tutto: film di finzione, mediometraggi, documentari, cortometraggi, interviste, dialoghi filmati, film su commissione, film per la tv, storie del cinema a puntate e, da oggi, anche un lungometraggio filmato in tre dimensioni, intitolato simbolicamente Adieu au langage (Addio al linguaggio).
Di una complessità a tratti disarmante, il 39esimo tassello della sterminata filmografia del regista parigino – giustamente premiato dalla giuria dell’ultimo Festival di Cannes – è un “unidentified narrative object” che unisce scienza e poesia. È il punto finale di una curva che il suo cinema ha percorso a partire sul finire degli Anni Novanta con le Histoire(s) du cinéma (1988-98) e proseguito nell’ultimo decennio con Éloge de l’amour (2001), Notre musique (2004) e Film socialisme (2010).
*Munito di una fede incrollabile nella forza “politica” dell’immagine, Godard, ottantaquattro anni a dicembre, ingaggia una sfida apertamente ontologica, che sporca la tela cinematografica mettendo costantemente in crisi il concetto stesso d’immagine cinematografica e dando vita a un mash-up per metà contro l’illusionismo della realtà filmica e per metà a favorevole a un nuovo incanto pittorico derivante dalle potenzialità cromatiche intrinseche del digitale.
Adieu au langage è il film con cui l’ex alfiere della Nouvelle Vague si conferma sperimentatore e ricercatore infaticabile, lasciando sgretolare la dimensione intimista di una coppia dentro le tre dimensioni del formato. Lontano da qualsivoglia narrazione lineare, l’autore francese lascia emergere due storie possibili: la prima è quella di una coppia in crisi che dà vita a un triangolo amoroso su cui veglia un cane che parla e sogna a là Jack London. La seconda, uguale ma diversa da quella precedente, prende le mosse da un cane che abbaia, per poi virare verso un caleidoscopio di frammenti scompagnati: un bambino disperato, il crollo del dollaro, la morte di un merlo, la pittura di Nicolas De Staël e di Claude Monet, un manoscritto di Jacques Ellul, un uomo che defeca. Tutte schegge impazzite apparentemente prive di un filo conduttore, di una consequenzialità.

Jean-Luc Godard – Adieu au langage

Jean-Luc Godard – Adieu au langage

Esiste un minimo comun denominatore che unisce questi livelli? Non sembra. Eppure, Godard suggerisce già dal titolo di lasciarci alle spalle le coordinate classiche del racconto, di dare l’addio al linguaggio condiviso in favore di un nuovo tipo di esperienza estetica e sensoriale, dove ogni interpretazione è plausibile e ogni elemento pronto ad accoglierne altri. Addio al film o addio al mondo?

Marcello Rossi

Jean-Luc Godard – Adieu au langage
Francia – 2014 – 70’ – drammatico
http://www.bimfilm.com/

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Marcello Rossi

Marcello Rossi

Nato a Parma nel 1987, Marcello Rossi è laureato in Lettere e Filosofia all'Alma Mater di Bologna con una tesi sul cinema di HG Clouzot. Collabora con diverse testate online qui parma.repubblica, indie-eye e l'intellettuale dissidente. Crede fermamente che l'arte…

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