Outsiders? No, Artsiders. Intervista con Fabio De Chirico

Un evento in occasione della Giornata del Contemporaneo. L'11 ottobre inaugura in Umbria, presso la Galleria Nazionale di Perugia, il progetto Artsiders, curato da Fabio De Chirico e Massimo Mattioli. Mostre personali, progetti curatoriali, collettive e 38 artisti. Ne abbiamo parlato con De Chirico.

Una Galleria Nazionale d’arte antica che partecipa alla Giornata del Contemporaneo? Direttore, avete per caso fatto confusione con qualche modulo in segreteria?
Assolutamente no! Ho voluto lanciare una scommessa, insieme a Massimo Mattioli, presentando un progetto specificamente centrato sul contemporaneo, per un Museo Nazionale storico come la Galleria dell’Umbria, e il progetto ha avuto il consenso del MiBACT e di altri soggetti privati. Vede, del resto in Italia la maggior parte dei musei sono all’interno di sedi storiche. È nel nostro DNA. Pochi musei sono nati realmente ad hoc, e il primo fu certamente la GNAM di Roma. Quindi dobbiamo tener conto di questo, e capire che il museo è un organismo vivo, in continuo divenire.

Partiamo da più lontano. Già quando era soprintendente in Calabria, ha spessissimo “aperto” i musei all’arte contemporanea, ma anche alle scuole, a eventi temporanei… Ci racconta qualche episodio?
È mia profonda convinzione che noi siamo solo i custodi e i gestori di beni e di uno straordinario patrimonio che appartiene alla collettività. Quindi se questo patrimonio non sarà fruito da tutti, dai ‘pubblici’ più disparati avremo fallito nel nostro compito. In Calabria, innanzitutto ho lasciato una splendida Galleria Nazionale a Cosenza che era del tutto inesistente prima del mio arrivo e che ha un allestimento espositivo degno dei più rilevanti musei europei, assolutamente contemporaneo nei criteri, nei materiali e negli standard, pur raccogliendo opere dal Cinquecento al Novecento. Ho voluto fortemente che Palazzo Arnone, la sede del museo, divenisse il perno di un fermento e di una creatività che non aveva luoghi di riferimento. Pensi che alla notte dei Musei nel 2012 hanno partecipato in una sola serata circa 1.500 persone, fino alle 2 del mattino. Ho voluto molti cantieri di restauro aperti al pubblico, con visite guidate, perché trovo che l’educazione alla tutela debba essere centrale, perché la responsabilità e di ognuno e della collettività nel suo insieme. Se l’opera d’arte è anche mia, non posso solo goderne, devo anche avere dei doveri, non crede?
Inoltre il dialogo tra antico e contemporaneo è sempre stato il filo conduttore della nostra civiltà. Caravaggio era considerato avanguardia e spesso i suoi lavori non erano compresi e il più delle volte rifiutati. Ma oggi chi metterebbe in dubbio che sia uno dei più grandi artisti al mondo? L’arte contemporanea nelle sedi storiche invita a cogliere i nessi di continuità col passato e comprenderlo meglio.

Unlimited Evoluzione Ambiente, di Riccardo Murelli, con la Pala di Santa Maria del Popolo, di Cristoforo Gherardi e altri

Unlimited Evoluzione Ambiente, di Riccardo Murelli, con la Pala di Santa Maria del Popolo, di Cristoforo Gherardi e altri

Per la sua esperienza, qual è la risposta di un visitatore che va a visitare un museo di arte antica e si trova una mostra di arte contemporanea?
Lo spiazzamento iniziale spesso si traduce in un ribaltamento e dunque il riscontro è certamente positivo. Quando ho presentato a Perugia la mostra dedicata a Josef Albers, Spiritualità e rigore – una mostra difficile, dall’alto profilo scientifico ma non certo indirizzata a un pubblico abituato alle mostre blockbuster -,in molti inizialmente stupiti, poi sono riusciti a coglierne la grandezza e la classicità; le affinità con il linguaggio senza tempo di Piero della Francesca, di cui abbiamo il celebre Polittico di Sant’Antonio, sono inequivocabili. Pensi che è una mostra che allo Stato non è costata nulla, perché interamente finanziata dalla Fondazione Albers, ma che ha avuto più di 28mila visitatori. Il fatto è che siamo tutti un po’ appiattiti in schematismi e in abitudini percettive che per comodità vogliamo conservare, ma il cortocircuito tra antico e contemporaneo è assolutamente rigenerante.

Ora con questo progetto Artsiders, che si propone come una piattaforma, vuole dare una struttura alla presenza della galleria nel contemporaneo. Come nasce il progetto?
Il progetto nasce da un lungo dibattito con Massimo Mattioli sul sistema del contemporaneo oggi in Italia, che vede una netta prevalenza delle figure curatoriali rispetto alla qualità delle opere. Inoltre molti artisti davvero rilevanti, magari presenti in tante collezioni straniere o già con un curriculum internazionale, stentano ad avere visibilità in Italia, perché i circuiti sono sempre gli stessi, dettati quasi sempre solo da regole di mercato. Le gallerie inoltre in rari casi svolgono un ruolo autentico di promozione delle eccellenze, perché orientate esclusivamente verso scelte di marketing, più che di indirizzo culturale. Vi è un alto tasso di conflittualità tra artisti e galleristi, perché spesso i primi non hanno altre opportunità. Inoltre io personalmente sono molto critico verso quanto accade intorno: gli artisti che vogliano partecipare ad alcune mostre importanti – penso al caso recente del Festival dei due Mondi – sono costretti a pagare di tasca loro.
Ecco, questo dal mio punto di vista è immorale; e un Museo statale, che usa soldi per lo più pubblici, non può e non deve seguire questo  modello deviato. Gli artisti che abbiamo selezionato sono stati totalmente ospitati a carico della Soprintendenza e tutte le spese sono coperte dal finanziamento che siamo riusciti a mettere insieme, grazie anche a interventi privati, come quello della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Come si può chiedere a un artista di lavorare e di pagare per il suo lavoro?

Alessandro Passaro - Nodo karmico angolare 145x200 olio su tela 2014

Alessandro Passaro – Nodo karmico angolare 145×200 olio su tela 2014

La prima mostra funge per certi versi da prologo di questo ciclo. Su quali basi avete orientato le vostre scelte?
Guardi Artsiders rappresenta proprio la proposta di spazi pubblici di rilievo per l’arte contemporanea. Abbiamo voluto dar conto della molteplicità dei linguaggi, dalla pittura alla performance, dai video alla fotografia, senza alcun tipo di filtro in merito all’uso di tecnologie o medium eccentrici. Il denominatore comune è l’alta qualità esecutiva dei lavori, insieme allo spessore concettuale davvero di alto profilo. Tutti i 39 artisti raccontano di un mondo che vive e pulsa di tensioni profonde, attraverso un recupero della memoria o anche attraverso una ricerca volta a cogliere le problematiche del nostro tempo, sia intime, che sociali. Le opere scelte comunicano, emozionano, non sono mai l’esito di una sperimentazione fine a se stessa.

Dalla Calabria all’Umbria: quali realtà culturali ha incontrato in questi passaggi?
Si tratta di regioni che raccontano una storia molto diversa, da tanti punti di vista, ma che sono poi accomunate da logiche e problematiche assolutamente simili. In Calabria è emerso un vero fermento democratico, assolutamente trasversale per appartenenza generazionale o per  territorio di provenienza; ho avuto modo di constatare un panorama artistico molto vario e diversificato, e non parlo solo di arti visive, ma mi riferisco anche alla musica e al teatro, non sempre di altissima qualità, ma molto interessante e davvero diffuso. Direi un territorio ad alta densità creativa, soprattutto giovanile, forse perché è evidente la percezione dell’assenza di Istituzioni e di una vera programmazione concertata.
In Umbria il sistema della produzione culturale, al contrario, è molto strutturato, anche sul piano comunicativo. Qui tutto ciò che si produce ha una governance molto marcata, al di là ovviamente della qualità. Gran parte degli eventi sono filtrati dalle Istituzioni e molto pochi sono gli stimoli e i fermenti provenienti dal ‘basso’. Non vedo – o almeno finora non ho incontrato – realtà culturali realmente alternative al sistema dominante.
Artsiders vuole anche essere la proposta di un modello di funzionamento istituzionale del contemporaneo e, in questo senso, tutto il progetto pone anche delle domande al territorio e alle altre Istituzioni, sul funzionamento delle strutture dedicate all’arte nella sua complessità

Vittorio Gui - V0043, fotografia su plexiglas, 186 x 136 cm., 2005

Vittorio Gui – V0043, fotografia su plexiglas, 186 x 136 cm., 2005

Insomma, ci dica in poche parole cosa deve essere un museo, oggi…
Il museo, che nasce dalla visione razionalistica dell’Illuminismo, è sempre stato al centro di un grande dibattito culturale. Dopo il grande fervore della ricostruzione postbellica, che ha visto il riassetto di importanti musei nazionali, vi è stato un evidente momento di stallo. Oggi il dibattito è riaperto, perché ovviamente il museo non può essere solo un “contenitore”.Se vuole sopravvivere come istituzione culturale, deve tornare ad essere laboratorio esperienziale, luogo della progettualità e del pensiero critico, in osmosi costante col territorio.
Anche il ministro Franceschini, in più di un’occasione e pure alla Conferenza di presentazione della X giornata AMACI, ha ammesso un ritardo, un gap, del nostro sistema culturale rispetto all’arte contemporanea: bisogna promuovere gli artisti delle nuove generazioni e riprendere ad acquisire opere per le collezioni. Dobbiamo occuparci della conservazione e dei restauri, ma anche di produrre opere e di selezionare un patrimonio da lasciare alle generazioni che verranno. Non a caso gli artisti oggi tornano ad esporre nei musei, come ricerca di appartenenza identitaria e consacrazione di un lavoro che talvolta vive in una disseminazione pervasiva, che stenta a trovare stabilità e consistenza.

Quali sono pregi e difetti del “sistema” del contemporaneo in Italia?
In entrambe le regioni (ma credo che questo sia un dato italiano) manca una vera rete del contemporaneo, un sistema di reale integrazione che possa consentire una programmazione condivisa e dunque frenare uno spreco di risorse, utilizzate spesso con criteri che poco hanno a che vedere con un indirizzo culturale veramente solido, sul piano dei contenuti. Ho avuto modo di lavorare anche a Salerno e ho trovato le stesse, medesime, problematiche: tutti si vogliono occupare di arte contemporanea, spesso si inseguono eventi per pure scelte politiche o demagogiche, non vi è una reale concertazione e una programmazione che si fondi su profili scientifici e tecnici qualificati. Questo determina un errato utilizzo delle risorse che vengono dirottate su megaprogetti affidati a questo o a quel nome famoso, che marca il territorio, incidendo solo la sua firma sull’evento.
La polemica nata per l’Expo 2015 mi pare che sia sotto gli occhi di tutti. Viviamo ancora negli Anni Ottanta e non siamo proiettati in una dimensione dell’attualità come accade in altri Paesi, dove sono gli artisti i protagonisti (la Francia o il Giappone, per fare degli esempi), artisti che peraltro hanno sempre meno una connotazione localistica e si muovono su una progettualità di respiro internazionale.

Bianco Valente - Uneuclidean pattern

Bianco Valente – Uneuclidean pattern

Lei fa parte della commissione per la collezione della Farnesina. Quali sono le attività a cui state lavorando?
Siamo stati chiamati a far parte del comitato scientifico con il preciso obiettivo di occuparci della risistemazione delle collezioni e di orientare su parametri certi e trasparenti l’incremento e le acquisizioni del patrimonio. Abbiamo già rivisto il percorso museologico della collezione storica  (presentato ufficialmente all’avvio della Presidenza del Semestre europeo) e ora stiamo lavorando alla riproposizione dei percorsi, legati alle opere di artisti ancora viventi, e all’acquisizione di pezzi rappresentativi del panorama attuale. Abbiamo anche il compito di proporre percorsi espositivi da presentare in sedi internazionali.

Il governo si sta mostrando molto attivo e riformista sul fronte dell’amministrazione dei Beni Culturali. Come giudica i primi atti?
Guardi, il decreto Art Bonus mi sembra davvero un enorme passo avanti: basti pensare agli introiti dei biglietti che dall’inizio di quest’anno finalmente rientrano nelle casse dei musei. Sembra una sciocchezza ma nessuno era riuscito a farlo prima di Franceschini. Questo è solo un esempio. Vedo anche positivamente la Riforma per gli ampi spazi che offre al sistema museale e all’arte contemporanea, che torna ad avere una Direzione Generale specifica e una centralità, che era stata precedentemente messa in secondo piano. È un disegno davvero ambizioso e per me la prima vera riforma a cui assisto; permangono alcune perplessità in merito all’assenza di turn over (che possa garantire l’indispensabile e ormai irrinunciabile ricambio generazionale del personale) e all’assenza di risorse economiche con cui far fronte a questo poderoso cambiamento. Credo che occorra un radicale mutamento di mentalità, perché questo processo abbia davvero efficacia. Ma questo cambiamento dovrà riguardare non solo il MiBact, ma il sistema dell’arte nel suo insieme.

Santa Nastro

Perugia // fino all’11 gennaio 2015
Artsiders
a cura di Fabio De Chirico e Massimo Mattioli
GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Corso Vannucci 19
075 58668415
[email protected]
www.gallerianazionaleumbra.it

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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