Brera. Dove Caravaggio incontra Antonio López García

Pinacoteca di Brera, Milano - fino al 7 settembre 2014. Resoconto di un dialogo tra due opere che parlano di una cena, anche in vista di Expo 2015. In un continuo rimando tra sacro e profano, Caravaggio e Antonio López García, moderno e contemporaneo, si fondono in un unico sentimento universale.

Una cena. Un ritaglio di quotidianità in cui la concretezza della realtà prende forma. Allo stesso modo, senza mezzi termini, si rivela nelle due tele che Vittorio Sgarbi ha invitato al dialogo nelle ricche sale della Pinacoteca di Brera in occasione della 15esima edizione della Milanesiana.
Il Caravaggio più manicheo della Cena in Emmaus (1606) ospita Antonio López García (Tomelloso, 1936; vive a Madrid), tra i più sapienti portavoce della “pittura della realtà”. La Cena (1971-1980) è il limpido titolo dell’opera dell’artista castigliano, un olio di medie dimensioni che è stato generato in un arco di tempo che sfiora addirittura i dieci anni; sì, perché “una obra nunca se acaba”, sostiene. Realismo meditativo è stato definito, cosparso di un afflato di tenera umiltà e calda malinconia mediterranea. Una stesura pittorica, quella di López García, che a tratti con corposità fremente alterna dovizia descrittiva a soluzioni che rimangono appena abbozzate, lasciando come in sospeso la temporalità dell’opera, che non termina mai appunto, ma aggrovigliata nella convulsa matassa della metamorfosi del reale si rinnova in continuazione. È una cena per due, madre e figlia sedute a una tavola imbandita su una tovaglia lattea. Il volto della donna, su cui è in atto una sorta di smaterializzazione formale, in dissidio con la rivelazione nell’altra tela di un Cristo sfacciatamente di carne, sembra proprio congelare un momento di questo incessante processo di mutazione e al tempo stesso tradisce un sintomo di alienazione, un tentativo di fuga mentale che carica l’aria della stanza di una venatura di muta angoscia psicologica.

Caravaggio, Cena in Emmaus

Caravaggio, Cena in Emmaus

A che punto è il dialogo? L’atmosfera silente e sospesa della cena di López García sembra non trovare un interlocutore diretto nella forza drammatica, se pur essenziale nei gesti, dell’opera di Caravaggio: qui, la luce che buca le tenebre scolpisce la plastica delle figure mettendo in risalto ogni minimo interstizio dell’epidermide patinata. L’episodio sacro viene così narrato con parole tremendamente reali e la tensione che si respira è ancestrale, pura forza naturale. Sembra un monologo. Poco più in là, nella stessa sala, la splendida e fastosa natura morta protagonista dell’Ultima Cena (1624-1625) di Daniele Crespi partecipa all’incontro offrendo un prezioso precedente all’altrettanto ricca e variegata tavola dell’opera dell’artista spagnolo.
Ecco che allora, quando tutto pareva fermo e lontano, improvvisamente lo sguardo dimesso della bambina di López García si accorge anch’esso dell’epifania di Gesù (i due dipinti si fronteggiano). Un istante dopo un’altra rivelazione: la piccola si rispecchia nel volto profondamente segnato dall’età della serva caravaggesca: questa non pare interessarsi troppo all’accaduto sacro; oramai vecchia e gravata dalla vita si chiude in un languido pensiero malinconico. Qui avviene il colloquio, qui la dimensione combacia e corrisponde alla condizione umana senza tempo.

Egidio Emiliano Bianco

Milano // fino al 7 settembre 2014
Antonio López García / Caravaggio. Una cena per due, pittura della realtà
a cura di Manuela Piccarreta e Vittorio Sgarbi
PINACOTECA DI BRERA
Via Brera 28
[email protected]
www.brera.beniculturali.it

 

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Egidio Emiliano Bianco

Egidio Emiliano Bianco

Egidio Emiliano Bianco (Milano, 1988) è neolaureato in Economia e Gestione dei Beni Culturali presso l’Università Cattolica di Milano. Voracemente appassionato di ogni forma artistica, dagli avori medievali ai tappeti persiani, ha un occhio di riguardo verso le tendenze del…

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