Stanley Kubrick e io. Una conversazione con Nicola Galli

“Jupiter and beyond”, la più recente creazione del giovane coreografo e danzatore Nicola Galli, ha debuttato al Festival Inequilibrio di Castiglioncello. Per colonna sonora, la stessa del film “2001: Odissea nello spazio”. L’abbiamo intervistato.

Il titolo Jupiter and beyond evoca un legame fra il tuo spettacolo e il capolavoro di Stanley Kubrick?
Assolutamente sì. Ho preso il titolo della creazione che ha accompagnato la ricerca in questi due anni di lavoro dall’ultimo capitolo di 2001: Odissea nello spazio. Il progetto coreografico si ispira al film, analizzando il legame indissolubile dell’uomocon il tempo e con lo spazio. Si concentra sulla forza evolutiva, percorrendo un denso e costante avanzamento verso la destinazione ultima dell’uomo.

Quali trappole hai dovuto schivare, nell’usare la stessa colonna sonora di quel celeberrimo film?
Non solo nell’uso della medesima colonna sonora, ma nella scelta centrale di quel film non era mia intenzione creare una trasposizione dedicata alla scena, bensì rintracciarne l’estetica e l’atmosfera che muove l’immaginario dell’osservatore, fino a rendere la creazione leggibile anche indipendentemente dal film. Con questa consapevolezza ho cercato di sostenere l’intento di Kubrick, analizzando diverse letture critiche esistenti e ascoltando frammenti musicali presi in considerazione dal regista durante la prima fase di montaggio.

In questo spettacolo firmi concepte regia, ma non sei in scena. Quali difficoltà e quali sorprese hai trovato nel coreografare altri danzatori e non te stesso?
Dall’inizio di questo progetto coreografico non mi sono considerato soggetto dedicato alla scena. Per Jupiter and beyond sono anche il tecnico che orchestra il ritmo attraverso il mixer. Non ho mai voluto cedere questo ruolo a un collega, per la fragilità di cui la creazione si alimenta. Corpi, luce, suono ed elementi scenici occupano una posizione paritaria. La misura e la forma si cercano in ogni replica, attraverso il continuo scambio di segnali interni alla scrittura coreografica, in un respiro comune.
Utilizzare corpi eterogenei rende permeabile l’idea coreografica, ergonomica e cucita sulle singole abilità articolari dei danzatori. Mi incuriosisce la possibilità di conoscere i corpi e le attitudini dei compagni di lavoro, per poi trovare le giuste modalità per arrivare alla forma scenica che desidero. È difficile ricercare la sensibilità che la creazione può regalare agli occhi dell’osservatore. È sorprendente quando il risultato supera il confine e conquista il territorio del senso magico della scena.

Progetto MDV, Jupiter and beyond - foto di Nicola Galli

Progetto MDV, Jupiter and beyond – foto di Nicola Galli

Il soggetto gettato nel mondo, inserito nel mondo, non è ancora una presenza”, ci ricorda Jean-Luc Nancy: come hai lavorato per definire la presenza scenica dei tuoi performer?
Nella creazione la scena è mutevole, sconfinata, imperturbabile. A tratti pericolosa, per l’atmosfera “gioviana” sospesa, grumosa e predatrice che la pervade. I corpi sono gettati in questo panorama, soli. I danzatori sono coscienti di questa condizione, soprattutto per la visibilità e l’esposizione in cui si trovano.
La presenza scenica è stata determinata dall’osservazione delle personalità dei pochi soggetti presenti nel film. Ciò che accade nella linea temporale degli eventi avviene in modo pacato e con compostezza, con rari eccessi di vibrazione esteriore. La presenza gode inoltre della relazione di scambio con gli elementi scenici (la griglia quadrata di stecche e la morbida linea metallica) e del clima luminoso e sonoro che avvolge i corpi, creando un panorama naturale che cerca, come in una serra, di riprodurre la parabola luminosa del sole. Dall’alba al crepuscolo lunare.

Attraverso Jupiter and beyond prosegui la tua indagine sul rapporto fra danza e geometria. Quali precise connessioni hai scoperto fra le due discipline, in questo caso?
Dopo anni di lavoro sulle geometrie squadrate affronto per la prima volta la curva. Questo passaggio è per me importantissimo e penso sia visibile anche sulla scena. Infatti il lavoro presenta una spaccatura centrale in cui avviene una metamorfosi delle forme: dal quadrato creato a misura d’uomo nel principio terrestre di ordine, si passa a una sottile linea prospettica che curvandosi si congiunge alla circolarità della potenza celeste. Le geometrie del quadrato e cerchio si alternano e sovrappongono in un sistema dualistico e di ideale concordanza vitruviana.
Dalla mia formazione da ginnasta conservo il rigore della linea, capace di sciogliersi in architetture più elastiche. Penso e immagino il corpo incastonato in forme geometriche che sa, per sua natura, creare e interpretare. Con questo primo avvicinamento alla linea curva sento di inaugurare un nuovo personale pensiero geometrico (che svilupperò soprattutto in una ricerca che inizierò nel 2015).

Pare che questo lavoro voglia intenzionalmente gelare lo spettatore, tenerlo a distanza. Perché?
Non gelarlo, ma sicuramente tenerlo a distanza. Ci sono una serie di elementi che mi hanno portato a pensare questa creazione lontana. Cerco sempre di esplicitare questa scelta come un primo filtro per la visione del lavoro, e non una volontà di allontanamento dallo spettatore.
La creazione è imperturbabile e si percepisce una spessa parete che divide il palco e la platea. Meglio se osservato da lontano, il luogo è tagliato orizzontalmente e nulla accade oltre alla fila di luci al neon appese al centro. Si crea così un grande proscenio non utilizzato, che permette di osservare lo spazio nella sua interezza e ampiezza sconfinata. Giove e oltre questo pianeta mi riportano a distanze moltiplicate, tipiche dello spazio. L’osservatore si può immergere in una visione dove il dettaglio viene scrutato con una lente d’ingrandimento.

Progetto MDV, Jupiter and beyond - foto di Nicola Galli

Progetto MDV, Jupiter and beyond – foto di Nicola Galli

Nella tua formazione ci sono due realtà molto diverse fra loro: Teatro Nucleo e CollettivO CineticO. Cosa di quelle esperienze hai sintetizzato in Jupiter and beyond?
Più che sintetizzato, penso a quanto queste esperienze abbiano influito sulle mie modalità di lavoro. Dal Teatro Nucleo custodisco l’immaginazione che muove la presenza scenica del soggetto e la qualità del gesto. Da CollettivO CineticO conservo la natura visiva quindi bidimensionale della scena.

Il tuo Progetto MDV porta avanti una ricerca “immersa tra le arti visive e performative”. Quali forme ha preso, finora, questa ibridazione?
In quattro anni di ricerca le singole creazioni hanno sempre trovato la giusta forma, non obbligatoriamente scenica. Dal progetto MDV sono nate due installazioni: una urbana, io sono qui (?) e una dedicata agli spazi espositivi, OSSO; due performance per spazi urbani: prime visioni sottocutanee e O | proiezione dell’architettura ossea;la creazione Jupiter and beyond. Questo autunno debutterà il nuovo assolo Delle ultime visioni cutanee. Esiste in forma di prima bozza un quaderno ricco di testi e disegni che racchiude il percorso di lavoro di Jupiter and beyond. Ho iniziato a lavorarci mentre stavo concludendo la drammaturgia, ne riconosco l’utilità come documentazione personale. Forse prossimamente pubblicherò questo quaderno, donandogli una forma definitiva e condivisa.

Michele Pascarella

http://www.progettomdv.it/
http://www.armunia.eu/

 

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Michele Pascarella

Michele Pascarella

Dal 1992 si occupa di teatro contemporaneo e tecniche di narrazione sotto la guida di noti maestri ravennati. Dal 2010 è studioso di arti performative, interessandosi in particolare delle rivoluzioni del Novecento e delle contaminazioni fra le diverse pratiche artistiche.

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