Le elezioni europee fermano la politica? Ma non fermano l’arte. A Frascati una mostra “impegnata” con artisti da Argentina, Messico, Venezuela: ecco le immagini

Primavere arabe, anni di piombo, Centri di identificazione ed espulsione, lotte nel Chiapas, attualità del pensiero anarchico. Il silenzio elettorale pre-europee non ferma del tutto la politica: almeno non ferma l’arte che affronta questioni politiche e sociali. Specie quando lo fa con sguardo globale, grazie ad artisti provenienti da Argentina, Messico, Venezuela, Spagna, Corea, oltre […]

Primavere arabe, anni di piombo, Centri di identificazione ed espulsione, lotte nel Chiapas, attualità del pensiero anarchico. Il silenzio elettorale pre-europee non ferma del tutto la politica: almeno non ferma l’arte che affronta questioni politiche e sociali. Specie quando lo fa con sguardo globale, grazie ad artisti provenienti da Argentina, Messico, Venezuela, Spagna, Corea, oltre che dall’Italia. Succede a Frascati, dove le Ex Scuderie Aldobrandini – trasformate nel 2000 in museo dall’intervento di Massimiliano Fuksas – ospitano la mostra La forma della relazione: temi di scottante attualità affrontati senza retorica, opere che dichiarano da subito il proprio intento sociale e politico lasciando ai linguaggi dell’arte il compito di presentare senza compromessi un chiaro punto di vista sul mondo.
Come con le “piazze indignate” che dall’occupy newyorchese e dalla Plaza del Sol madrilena hanno generato primavere arabe, mediterranee e mediorientali (La piazza siamo noi di Elisa Franzoi, Stars and Moons di Laura Cazzaniga), o con i racconti di luoghi estremi, territori occupati in Palestina (Maria Rocco), Favelas in Argentina (Matteo Locci), grattacieli favelizzati in Venezuela (GLAC Caracas). La memoria e l’attualità del pensiero anarchico risuonano in alcune potenti installazioni (come quelle di Escuela Moderna/Ateneo libertario, Juan Pablo Macias, Nicoletta Braga), mentre Ctrl+Z presenta una autocostruzione di un centro culturale indipendente a Saltillo, in Messico. Alain Urrutia, visto nel 2012 al Guggenheim Museum di Bilbao con Chapter II, presenta qui il suo Chapter V, mentre Massimo Mazzone espone 9 metri q di ferro con una anamorfosi di una stella cerchiata a cinque punte, riferimento diretto alle vicende storiche italiane degli anni di piombo. Chiude l’esposizione, visibile fino al 25 maggio, una complessa installazione di vetri, specchi rami e piume, che gioca mettere in relazione biologico e minerale, dell’artista coreana Su Koung Bang: questo, e altro, lo vedete nella fotogallery allegata…

– ha collaborato Arianna Saroli

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati