Il Futurismo al Guggeinheim. L’ennesima ricostruzione

Al Guggenheim di New York, la prima grande retrospettiva negli Stati Uniti sul Futurismo italiano. 80 artisti, 360 opere, un ampio comitato critico internazionale, sotto la supervisione di Vivien Greene, curatrice senior del museo ed esperta di avanguardie europee. Per ripercorrere la storia e gli obiettivi del movimento fondato da Marinetti.

Rispetto ad altre grandi mostre che l’hanno preceduta in questi ultimi anni – prima fra tutte Le Futurisme à Paris, une Avant-Garde Explosive, curata da Didier Ottinger e presentata al Centre Pompidou nel 2008, poi alle Scuderie del Quirinale a Roma e alla Tate Modern di Londra nel 2009 – Italian Futurism. Reconstructing Universe non propone, in realtà, niente di nuovo. Nonostante un vago accenno al suo rapporto con il Cubismo e all’Astrattismo, nella fase iniziale del percorso espositivo, la retrospettiva newyorchese non punta ad analizzare il movimento italiano secondo una prospettiva sincronica, mettendolo in relazione con le altre avanguardie storiche, evidenziando connessioni e  contrasti, fornendo numerosi e interessanti spunti di analisi e riflessione critica, come aveva invece fatto quella di Didier Ottinger.
Allineandosi piuttosto al taglio curatoriale scelto da Nicoletta Boschiero in Ricostruzione futurista, presentata prima al Mart di Rovereto nel 2012 e poi alla Pedrera di Barcellona nel 2013, la mostra del Guggenheim segue un percorso cronologico che si apre con il Manifesto marinettiano, per focalizzarsi sulla seconda fase creativa del movimento, quella relativa agli Anni Venti e Trenta del Novecento. Come la retrospettiva del Mart, inoltre, anche quella curata da Vivien Greene sceglie un titolo ispirato al testo, Ricostruzione futurista dell’universo, firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero nel marzo 1915.

Carlo Carrà, Manifestazione Interventista, 1914 - coll. Gianni Mattioli, Peggy Guggenheim Collection, Venezia - photo: Courtesy Solomon R. Guggenheim Foundation, New York

Carlo Carrà, Manifestazione Interventista, 1914 – coll. Gianni Mattioli, Peggy Guggenheim Collection, Venezia – photo: Courtesy Solomon R. Guggenheim Foundation, New York

Manca quindi, oltre alla volontà di stabilire un’accurata e articolata analisi del contesto storico-artistico in cui il movimento si inscrive, anche l’originalità del taglio curatoriale. Globalmente la mostra è comunque ben riuscita, grazie all’eccellente comitato di esperti raccolto intorno alla Greene, che ha fornito numerosi strumenti di riflessione storico-critica, e alla straordinaria disponibilità di istituzioni, fondazioni e musei, in gran parte italiani, che hanno contribuito attraverso importanti prestiti a fare in modo che questa fosse la più completa delle retrospettive finora dedicate al Futurismo.
Senza lasciare in secondo piano la pittura, con tutti i nomi più noti, da Umberto Boccioni a Giacomo Balla, da Carlo Carrà a Luigi Russolo, da Gino Severini ad Ardengo Soffici, da Fortunato Depero a Mario Sironi, Italian Futurism concede ampio spazio alle altre forme di espressione artistica utilizzate dai futuristi: performance e musica, fotografia ed edizioni, tessili e abiti, design e architettura. Particolarmente ricca la sezione dedicata agli scritti futuristi e alla poesia, che propone un’ampia selezione di manifesti, oltre quelli del fondatore, L’Antitradition futuriste di Guillaume Apollinaire e L’arte dei rumori di Luigi Russolo, solo per citarne un paio; e componimenti poetici di Marinetti, Francesco Cangiullo, Corrado Govoni e Carlo Carrà. Interessanti anche le sezioni dedicate all’architettura futurista, con i lavori di Mario Chiattone, Antonio Sant’Elia, Tullio Crali, Alberto Sartoris, e alle sperimentazioni nell’ambito della moda e dell’arte tessile di Balla, Depero e Prampolini.

Luigi Russolo, L’arte dei rumori: Manifesto futurista - Milano, Direzione del Movimento Futurista, 1913 - Wolfsoniana–Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo, Genova - Photo: Courtesy Wolfsoniana–Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo, Genova

Luigi Russolo, L’arte dei rumori: Manifesto futurista – Milano, Direzione del Movimento Futurista, 1913 – Wolfsoniana–Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo, Genova – Photo: Courtesy Wolfsoniana–Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo, Genova

Il momento decisamente più rilevante di tutta la retrospettiva è senza dubbio la parte finale. Il percorso espositivo si chiude, infatti, con Sintesi della Comunicazione: le cinque tele monumentali (6,5x10m) dipinte da Benedetta Cappa Marinetti tra il 1934 e il 1935, vengono, per la prima volta, presentate fuori dalla sede per cui erano state realizzate, ovvero la sala conferenze dell’ufficio postale di Palermo.

Valentina Gioia Levy

New York // fino al 1° settembre 2014
Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe
a cura di Vivien Greene
SOLOMON R. GUGGENHEIM MUSEUM
1071 Fifth Avenue at 89th Street
+1 212 4233500
[email protected]
www.guggenheim.org

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