Berlino è tutta un’altra casa. Finstral e l’arte contemporanea

L’arte contemporanea nella capitale tedesca e il suo valore in un ambito familiare. Una mostra visitata nell’obitorio comunale e quella organizzata in appartamento. L’Italia ancora dormiente e l’effervescenza incontenibile berlinese. Ossimori, raccontati da una curatrice altoatesina: Kathrin Oberrauch.

Il 13 settembre 2013 si è svolta in Alto Adige la 13esima edizione del Festival Transart. Al suo interno è stata presentata ad Appiano, a pochi chilometri da Bolzano, Audition. Suono in movimento, una sound art exhibition che ha proposto diversi artisti, fra i quali: Maren Strack, Song Ming Ang, Idan Hayosh, Douglas Henderson, Klaas Hübner, Pe Lang, Hans Op de Beeck e Yiannis Pappas. Il fulcro delle numerose sperimentazione acustiche e sonore è stato castello Ganda, con le sue imponenti torri circolari e la sua cappella da poco restaurata, scenario di una serie di performance e di installazioni che indagano l’universo del suono. La struttura architettonica del maniero, sede della collezione privata del fondatore dell’azienda Finstral, ha giocato un ruolo chiave nell’esperienza della percezione sonora e visiva dei lavori installati che hanno trovato una guida familiare nella curatrice Kathrin Oberrauch (Bolzano, 1981), con cui abbiamo scambiato queste battute.

Da dove nasce la tua sensibilità per l’arte? Ricordi quando, per la prima volta, in famiglia magari, hai capito che l’arte ti aveva colpita, segnata in maniera indelebile?
I miei ricordi d’infanzia sono fortemente legati all’arte contemporanea. Il soggiorno della famiglia è sempre stato popolato dall’entusiasmo della condivisione di mio padre e dalle esposizioni di molti artisti. Quando un nuovo lavoro arrivava in casa, anche a noi fratelli era richiesta un’opinione personale sul fascino o sulla repulsione provata per esso. In questo modo abbiamo instaurato fin dall’infanzia una relazione con l’arte, imparando a formulare un nostro parere. D’altronde anche il nostro lavoro creativo ha sempre avuto, in famiglia, uno spazio enorme.

Quali temi stai approfondendo e quali ricerche stai svolgendo, come curatrice indipendente, nello scenario internazionale contemporaneo?
Recentemente ho completato la laurea di Master of Fine Arts presso la Kunsthochschule Weißensee a Berlino. Nella mia ricerca ho approfondito la disciplina delle Space Strategies, mi sono interessata soprattutto all’aspetto dello sviluppo e della messa in rete degli spazi geopolitici e culturali nel sudest asiatico. Nella mia tesi ho affrontato la struttura dell’arcipelago e ho esplorato l’argomento dal punto di vista artistico. Si distingue per un particolare modello di disposizione dello spazio: singole isole formano una rete. Ogni elemento è a sé stante, ma si definisce in relazione con gli altri: isole e legami galleggianti, isola e tra le isole, i punti mobili e linee sinuose.  Sulla base di questa ricerca ho curato un film screening, Shifting Frames, con lavori di Marie Reinert, Bouchra Khalili, Simon Starling, Hans Op de Beeck, Charles Lim, Marcellvs L. Monsieur Moo & Luise Drubigny e Lisl Ponger. I video sono stati progettati a bordo di una barca che navigava lungo i canali di Berlino. Il pubblico si ritrovava in uno spazio in movimento in cui i viaggi singolari si intersecano e si scontrano.

Sarah Oberrauch, Green Line, 2013

Sarah Oberrauch, Green Line, 2013

In che modo la collezione Finstral ti ha aiutata a crescere e ti ha dato la possibilità di scoprire artisti emergenti e di poter lavorare con loro? Come descriveresti la collezione raccolta dal tuo padre?
È  molto difficile descrivere la collezione in poche parole, mio padre Hans Oberrauch è un collezionista molto dinamico e intuitivo, non ha dedicato la sua passione a uno specifico genere, si è fatto piuttosto condurre dalla sua curiosità nel collezionare le opere. Certamente si ritrovano tematiche che hanno un collegamento con la produzione dell’azienda, per esempio il tema dell’abitare e del convivere, oppure il riferimento a materiali che usiamo nella produzione di infissi e serramenti come il vetro, l’alluminio e il pvc. Però il fil rouge rimane sempre il collezionista.

Quando hai iniziato a lavorare sulla collezione?
Nel 2007. Uno dei primi passi è stato quello di documentare e archiviare tutte le opere che appartengono alla collezione. Molte erano state sparse nelle varie sedi della società e una grande parte era ancora imballata nel magazzino. La catalogazione per la prima volta ci ha fornito una vista panoramica sulla collezione, che ha mostrato nuove letture e relazioni tra i singoli lavori. Ancora oggi mio padre mi sorprende con i suoi nuovi acquisti. Ma naturalmente condividiamo tanti interessi e apprezziamo tanti artisti allo stesso modo. Mi è già capitato di volergli presentare un lavoro che lui nel frattempo aveva già comprato, come ad esempio Turret (2011) del giovane artista tedesco Björn Kammerer. Per me è molto importante continuare la tradizione di mostrare le opere d’arte nelle nostre sedi, nell’ambiente lavorativo. Da un lato inserire l‘arte in un ambiente di lavoro può risultare una sfida, proprio per questo si vengono a configurare interessanti sinergie e opposizioni. D’altro canto le opere devono suscitare opinioni anche in chi le vive tutti i giorni, come nelle persone impiegate nei sedici stabilimenti Finstral, persone che sono sempre a stretto contatto con gli artisti selezionati da noi. Sono cresciuta sapendo che l’arte non è un fattore istituzionale e non può essere messa da parte rispetto alla vita di tutti i giorni.

Esistono lavori dei quali non riusciresti a fare a meno perché fanno parte del tuo Dna e del tuo futuro?
Si, certo, esistono ritratti, volti, sculture e personaggi che ormai si sono inseriti, a buon diritto, nella nostra linea parentale. Fanno talmente parte della nostra casa e nelle nostre vite che abbiamo affidato loro nomi e nomignoli. E quando in famiglia parliamo del volto di James Brown, o del Giardiniere oppure l’Elevator Boy, sappiamo esattamente a chi, e non a che cosa, ci stiamo riferendo.

Charle Lim, All Lines flow out, 2011 - still da video, 21’ - courtesy by the artist

Charle Lim, All Lines flow out, 2011 – still da video, 21’ – courtesy by the artist

Parliamo di te. Con quali artisti ti piacerebbe lavorare e perché? Esistono nazioni, in particolare, che ti affascinano, oppure argomenti e media specifici che ti stanno incuriosendo?
La mia ricerca curatoriale si concentra sui time based media come film e video, ma anche sound art e installazioni site-specific. Mi interessa molto capire come l’evoluzione della tecnologia influenzi la creazione artistica e come l’arte riesce a rendere visivamente aspetti latenti del nostro uso dei dispositivi. Alcune mostre le ho dedicate a un genere specifico, come l’ultima Audition – Suono in Motion, che era pensata come un’esperienza della percezione sonora.
Per me è anche molto importante non avere uno sguardo eurocentrico, ma avvicinarmi a culture diverse. Quando un paese mi affascina, è abbastanza naturale che mi interessino anche gli artisti di quella nazione. Insieme alla giornalista e curatrice Marion Oberhofer ho realizzato un film, Between the stories, che indaga proprio il ruolo dell’arte e del design in una nazione. Quale funzione o carica può avere la creazione artistica in un contesto come il Sudafrica, vent’anni dopo la fine dell’apartheid.

Rispetto all’Italia, come curatrice, quali vantaggi offre Berlino e che cosa ti augureresti che succedesse nel tuo paese d’origine?
Prima di andare a Berlino ho lavorato per la galleria Continua. È stata un’ottima possibilità, quella di lavorare con tanti artisti affermati, curatori, giornalisti e collezionisti, e mi ha affascinato il contrasto tra l’interno della galleria e la vita quotidiana del paese di San Gimignano in Toscana. È  stato incredibile, vivere in questo paese così assonnato, estremamente turistico, e contemporaneamente collaborare con i musei più professionali per l’arte contemporanea. Allo stesso tempo, mi mancava la possibilità di condividere l’arte con persone della mia età, della mia generazione, con i quali ho intenzione di collaborare anche in futuro. Per questo motivo non è stato difficile decidermi a frequentare un corso di laurea specialistica a Berlino. L’atmosfera della città è viva, densa, ricchissima di eventi e appuntamenti. Praticamente ogni giorno si può assistere a convegni, conferenze, mostre e soprattutto studio visit. Tutto è più informale: i curatori dialogano costantemente con gli artisti e li rendono partecipi di ogni iniziativa. Con mia sorella Sarah Oberrauch, artista, e Matthias Lintner, regista, abbiamo creato Fuori Tutti, un’associazione che lavora per presentare artisti e opere in luoghi particolari della città. I progetti nascono soprattutto dal piacere di condividere esperienze e di creare nuovi momenti di incontro e comunicazione. Come Shipwreck with spectator, realizzato nel giugno 2013, e Art squat nell’ottobre 2013.

Qual è stata l’ultima mostra che ti ha impressionata, nel bene o nel male, e perché?
Pochi giorni fa sono andata a vedere la retrospettiva di Christoph Schlingensief al KW Institute for Contemporary Art a Berlino. L’opera di Schlingensief si oppone ai confini artistici convenzionali, spaziando tra i media: film, teatro, opera, happening, performance e installazioni. Il complesso dei suoi lavori rappresenta una versatile e innovativa dissoluzione dei limiti caratterizzata dall’approccio trans-mediale realizzata con frammentazioni, ma con sincronicità. Dal punto di vista curatoriale è una grandissima sfida quella di comunicare a un vasto pubblico, all’interno di una retrospettiva, un artista così interdisciplinare. Vorrei anche nominare, a tale proposito, un’esposizione interamente dedicata ai video che è stata realizzata lo scorso anno nelle sale dell’obitorio comunale, il Silent Green Kulturquartier, Waves vs. Particles.

Marie Brunner, Ohne Titel, 2011 - Privat Collection Hans Oberrauch

Marie Brunner, Ohne Titel, 2011 – Privat Collection Hans Oberrauch

Quali sono gli eventi che stai preparando e quelle che hai intenzione di visitare?
Per il 2014 ho in mente una serie di mostre e pubblicazioni. Per il momento sto lavorando a una mostra sul tema act – react per la quale collaborerò principalmente con artisti che usano il linguaggio espressivo della performance provenienti dall’Europa ma anche dei paesi arabi. L’esposizione si svolgerà al DarbCenter 1817 nel centro storico de Il Cairo. Si tratta della sede di un’organizzazione non profit fondata da Moataz Nasr nel 2008. È un progetto molto stimolante, si tratta della prima mostra da me curata fuori dai confini europei e in particolare nella situazione movimentata dell’Egitto contemporaneo.

Potresti formulare un augurio sulla collezione Finstral e sul tuo lavoro di curatore?  Riguardo alla collezione per me è molto importante poter continuare a fare nuovi acquisti e a organizzare mostre per condividere le opere con più persone possibili.

Ginevra Bria

www.mimikry.info

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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