Museo grande mangia museo piccolo. Il MoMa si compra il Folk Art Museum per ampliare i suoi spazi: ma alla fine lo rade al suolo e lo ricostruisce

È ufficiale, dopo mesi di proteste, petizioni e lettere aperte – di cui anche noi vi abbiamo via via dato conto – il MoMa ha deciso di demolire il Folk Art Museum per attuare il suo piano di ampliamento. La notizia è stata data dagli architetti incaricati del progetto, Diller Scofidio + Renfro, direttamente a […]

È ufficiale, dopo mesi di proteste, petizioni e lettere aperte – di cui anche noi vi abbiamo via via dato conto – il MoMa ha deciso di demolire il Folk Art Museum per attuare il suo piano di ampliamento. La notizia è stata data dagli architetti incaricati del progetto, Diller Scofidio + Renfro, direttamente a Tod Williams e Billie Tsien, ideatori del Folk. “L’edificio non può essere preservato senza ricostruire la maggior parte dei suoi interni, indebolendone di conseguenza l’integrità” queste le motivazioni della scelta. Un epilogo frutto di una lunga storia iniziata nel 2001. Inaugurato poco dopo l’undici Settembre, in pochi anni, il caratteristico edificio dalla scultorea facciata in rame dedicato all’arte popolare, aveva accumulato un debito di oltre 30 milioni di dollari. Nel 2011 il vicino MoMa decide di comprarlo dichiarando il suo intento di incorporarlo nel proprio piano di espansione. Il Folk Museum si trova infatti nel mezzo, tra il Museum of Modern Art e l’area in cui sorgerà un nuovo grattacielo di 35 mila metri quadri di spazi espositivi progettati da Jean Nouvel.
A partire da questo momento il destino di questo edificio, di appena 13 anni, caro a molti newyorchesi, appare segnato. Ad Aprile 2013 il MoMa annuncia le sue intenzioni di demolirlo. Repentina la risposta dell’archi-world: l’Architectural League di New York scrive una lettera aperta contro l’abbattimento. A firmarla anche Steven Holl e Richard Meier. Nei mesi successivi la mobilitazione cresce: nasce un sito per analizzare possibili alternative e vengono lanciate due petizioni on line. Ma la decisione sembra irrevocabile e, a prenderla, pare sia stato proprio lo studio Diller Scofidio + Renfro a cui il MoMa aveva lasciato l’ultima parola. Inizialmente lo studio aveva dichiarato di essere determinato a salvare le caratteristiche del Folk ma, in tutti i possibili scenari, una o più delle sue parti sarebbero state inevitabilmente manomesse per adeguarsi alle esigenze di collegamento e ampliamento del MoMa. La demolizione sembrava essere l’unica possibilità quindi.
A sostituire l’introversa facciata esistente, una grandiosa struttura in acciaio e vetro che, a livello stradale, permetterebbe la completa permeabilità visiva tra dentro e fuori. Diverse le soluzioni pensate dallo studio Diller Scofidio + Renfro: una zona ticket-free servirà da ingresso, a questo sarà collegato uno spazio per performance mentre sull’adiacente cinquantaquattresima strada, un altro ingresso permetterà la libera fruizione dello sculpture garden, aperto al pubblico tutto il giorno. Nella parte alta dell’edificio, inoltre, due grandi gallerie potranno essere convertite in uno spazio per spettacoli teatrali.
Un intervento su grande scala e di impatto che, una volta completato nel 2019, darebbe ampia visibilità ai nuovi acquisti del MoMa: gli archivi del celebre architetto americano Frank Lloyd Wright e i lavori su macro scala di Mira Schendel, Richard Serra e Cy Twombly. Rafforzando e consolidando sempre di più la sua posizione di più importante museo del mondo.

– Zaira Magliozzi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Zaira Magliozzi

Zaira Magliozzi

Architetto, architecture editor e critico. Dalla sua nascita, fino a Marzo 2015, è stata responsabile della sezione Architettura di Artribune. Managing editor del magazine di design e architettura Livingroome. Corrispondente italiana per la rivista europea di architettura A10. Dal 2006…

Scopri di più