Quaranta indagati e un giro d’affari da 400mila euro: parte da Bari la maxi-inchiesta che sgomina una banda di falsari. Taroccavano soprattutto Nino Caffè ma anche Schifano, Vasarely, Sassu, Dorazio…

Pare sia nato tutto dal normale controllo di routine durante un mercatino dell’antiquariato. Uno standista espone anche quadri, i militari dell’Arma si avvicinano e non ci mettono troppo a capire che nella loro rete si è impigliato un falso. Da qui l’indagine che ha portato, nei giorni scorsi, all’iscrizione nel registro degli indagati di quaranta […]

Pare sia nato tutto dal normale controllo di routine durante un mercatino dell’antiquariato. Uno standista espone anche quadri, i militari dell’Arma si avvicinano e non ci mettono troppo a capire che nella loro rete si è impigliato un falso. Da qui l’indagine che ha portato, nei giorni scorsi, all’iscrizione nel registro degli indagati di quaranta persone, accusate dei reati di ricettazione e contraffazione di opere d’arte. Nasce in Puglia la maxi inchiesta che ha permesso di scoprire un articolato giro di falsi, ramificato in tutto il territorio nazionale, con circa cinquanta tele sequestrate a Bari e in altre dodici città italiane, da Mantova a Ragusa, passando per Roma e Firenze. Nelle attenzioni della banda di falsari in particolare Nino Caffè: una trentina gli autografi fasulli del pittore pronti ad essere immessi sul mercato attraverso un giro di galleristi e mercanti conniventi. Ma ad essere taroccati sono stati anche degli Schifano e dei Vasarely, passando per i vari Alinari, Sassu e Dorazio: in totale si parla di venti diverse opere sequestrate. Un’attività organizzata nei suoi più minimi dettagli, come dimostra l’ingente quantità di materiale invenuta dalle forze dell’ordine. Che hanno scoperto centinaia di fotografie di opere di Caffè e oltre trenta faldoni contenenti materiali informativi sui diversi artisti; un archivio puntuale e accuratissimo, che serviva per falsificare anche i certificati di autenticità delle diverse tele. Come dimostrano i tre falsi documenti legati ad altrettante patacche sequestrate e attribuite, oltre che al solito povero Caffè, anche a Michelangelo Pistoletto.

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