London Updates: come si mangia a Frieze? Londra replica il format di New York e apre la fiera alla food scene di ricerca, sotterranea, curiosa

La tendenza l’avevamo notata già lo scorso maggio in occasione dell’edizione newyorkese, la seconda, di Frieze. Un’attenzione spasmodica all’universo, sempre più in sinergia con quello dell’arte contemporanea, del food e dei foodie. A New York era successo che Frieze avesse composto la sua foodhall coinvolgendo alcune tra le migliori firme della ristorazione della Grande Mela […]

La tendenza l’avevamo notata già lo scorso maggio in occasione dell’edizione newyorkese, la seconda, di Frieze. Un’attenzione spasmodica all’universo, sempre più in sinergia con quello dell’arte contemporanea, del food e dei foodie. A New York era successo che Frieze avesse composto la sua foodhall coinvolgendo alcune tra le migliori firme della ristorazione della Grande Mela ma non, attenzione, quelle dei ristoranti blasonati, bensì quelle più di ricerca, più sotterranee, più curiose. Una scelta mirata ad incuriosire ed attirare il popolo dei foodies. Fino allo scorso anno a Londra non era così, ma evidentemente il successo newyorkese ha convinto gli organizzatori a replicare: e allora ecco che le partnership con le realtà più creative della food scene londinese non si sono fatte attendere.
Nella foodhall all’aperto, in un’atmosfera da sagra paesana che sfida la pioggia (per ora pressoché assente), si affacciano nomi come Pizza Pilgrims (i pizzaioli nomadi che nel loro camion – qui ridimensionato ad un’Ape Piaggio – sfornano le pizze tra le migliori della città), o come Pitt Cue Co. (un concept di american barbecue a tutto maiale aperto poco più di un anno fa a Soho), o ancora come YumBum con i suoi panini orientali. Da altre parti sono dislocati la bakery artigianale Gail’s, il ristorante gourmet di Mark Hix e Caravan, che di fatto è il ristorante interno alla nuova sede del Central St. Martin, l’accademia di belle arti da poco rilocata dietro la stazione di King’s Cross.
Risultato? Cibo eccellente. Divertente. Tutto sommato economico per gli standard londinesi. Una strategia ormai indispensabile per “trattenere” collezionisti, compratori, giornalisti e addetti ai lavori che, così, non hanno alcuna tentazione di andare a pranzo fuori per poi magari non tornare più presi da altri impegni. Il cibo, insomma, come legante per favorire, alimentare e invogliare il business e non più come veloce necessità fisiologica da espletare trangugiando un panino al polistirolo. Mangiare bene (anche se si tratta solo di semplicissimo street food) ben dispone agli affari, mangiare male mal dispone agli affari. La cosa incredibile non è che l’abbiano capito perfino gli inglesi, ma che non lo capiscano proprio gli italiani…

pizzapilgrims.co.uk
www.pittcue.co.uk
yumbun.co.uk
gailsbread.co.uk
www.hixsoho.co.uk
www.caravankingscross.co.uk

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Redazione

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