L’ora interminabile di David Sylvian e altre storie

David Sylvian lascia la voce a casa e dà vita a un trio di musica ambient con Fennesz e Mathieu. The Kilowatt Hour debutta ai Cantieri Ogr di Torino ma convince poco. Ottima la serata dedicata all’elettroacustica di Teho Teardo e al rock psichedelico del giapponese Damo Suzuki e dei tedeschi Amon Düül. Cronaca di uno scorcio di MiTo – Settembre Musica appena concluso.

Aspettative deluse, laddove il grande nome sembra solo un espediente attira-pubblico, e piacevoli ri-scoperte di gruppi che hanno fatto la storia di un certo tipo di musica d’avanguardia. Poche battute che vogliono dare il polso di due tra i centinaia di concerti che si sono susseguiti nel fitto cartellone di MiTo – Settembre Musica.
La rassegna musicale bi-locata tra Torino e Milano che spazia, come di consueto, dalla musica antica a quella classica e contemporanea, ma che concede anche spazio al jazz e al rock, alla canzone d’autore, all’elettronica, si è conclusa il 21 settembre con buon successo di audience. Nei diciotto giorni di festival sono state, infatti, registrate 122mila presenze per 209 appuntamenti, di cui 94 a ingresso gratuito, che hanno coinvolto oltre 2.900 artisti provenienti da 25 Paesi in 99 sedi delle due città.
Mercoledì 18 settembre alle 22 in punto è andato in scena ai Cantieri Ogr di Torino il concerto The Kilowatt Hour, un’inedita collaborazione tra l’ex leader dei Japan, l’inglese David Sylvian, il produttore e musicista elettroacustico tedesco Stephan Mathieu e il chitarrista austriaco Christian  Fennesz, un trio alla sua prima uscita in Italia, dopo l’esordio norvegese, con repliche a Milano il 20, poi Pescara il 21, Roma il 22 e Bologna il 24 settembre. L’evento è stato presentato come un work in progress elettronico che, in realtà, è risultato una composizione ambient dalla struttura statica e rigidamente predefinita, quasi per nulla soggetta a guizzi di improvvisazione. Per avere un’idea del suono bisogna andare dalle parti di Plight and Premonition, la prima delle due collaborazioni di Sylvian con Holger Czukay, bassista dei Can (gruppo tedesco krautrock). Ma almeno lì c’era un accenno di melodia e poi si trattava di due tracce strumentali lunghe circa 15 minuti ciascuna e non un’ora e un quarto (non per niente il brano si chiama The Kilowatt Hour) di ininterrotto flusso sonoro ai limiti della sopportazione umana.

La danza dei Lemming - Teho Teardo - Teatro Colosseo, Torino 2013

La danza dei Lemming – Teho Teardo – Teatro Colosseo, Torino 2013

C’è da dire che la sua parte di fascino era rappresentata dai visual. Nel buio totale, la ex fabbrica dove una volta si riparavano i treni, ha visto il soffitto animarsi di strane forme volatili, eliche, turbine, ventole luminose mentre sul megaschermo dietro il palco scorrevano le immagini di un viaggio cosmico, quasi disturbato dalla presenza dei tre musicisti, immobili e con lo sguardo fisso, ciascuno sul proprio monitor del computer, con brevi accenni di accordi di chitarra elettrica (Fennesz) e di pianoforte a coda (Sylvian). Tutto inframmezzato dagli interventi vocali (registrati) dello scrittore Franz Wright, Premio Pulitzer per la Poesia nel 2004, che declamava frammenti dei suoi poemi in prosa Kindertotenwald.
Di tutt’altro tenore, invece, il concerto di venerdì 20 settembre al Teatro Colosseo, sempre a Torino: tre esibizioni di spessore, tre diverse visioni del linguaggio musicale inteso come alchimia e ritualità, tre ore di musica di oggi e di ieri racchiusa sotto il titolo La danza dei Lemming. Il primo a salire sul palco, insieme all’inseparabile violoncellista Martina Bertoni, è stato Teho Teardo che si conferma un abile manipolatore, dal vivo, di suoni provenienti da strumenti tradizionali ed elettronici, mischiando con ardore gli uni e gli altri. Tra improvvisazione e toccante melodia. Per esempio una cetra elettrificata è stato lo strumento che ha dato il via tre anni fa, durante una sessione in una grotta di Santarcangelo di Romagna, al nuovo album Music for Wilder Mann, un lavoro nel quale il musicista di origini friulane si è lasciato ispirare dalle fotografie di Charles Fréger, contenute nel libro Wilder Mann, la figura dell’Uomo Selvaggio.

La danza dei Lemming - Amon Düül - Teatro Colosseo, Torino 2013

La danza dei Lemming – Amon Düül – Teatro Colosseo, Torino 2013

Poi è stato il turno del giapponese Damo Suzuki, storica voce dei Can. Ora, da solista, si presenta di volta in volta accompagnato dai musicisti locali che costituiscono un network internazionale con il quale persegue un dialogo musicale in continua mutazione. A Torino Suzuki ha scelto di presentarsi coi membri dei Larsen e Blind Cave Salamander per dare vita a un concerto trascinante, dove la sua voce instancabile, nervosa, allucinata e allucinante, si è insinuata efficacemente nelle spire musicali orchestrate da Fabrizio Modonese Palumbo (chitarra e violino elettrico), da Marco “il Bue” Schiavo (batteria, glockenspiel), da Daniele Pagliero (elettronica, basso) e da Paul Beauchamp (elettronica, sega musicale, dulcimer).
Infine, i tedeschi Amon Düül che, dopo un inizio chitarristico-acustico spiazzante che andava dal neomelodico al country, si sono per fortuna decisi ad attaccare la spina e hanno mostrato (metaforicamente) i muscoli. In brani come Deutsch Nepal, i membri storici Chris Karrer (chitarre, oud, violino) e John Weinzierl (chitarre, voce) insieme al nuovo batterista Danny Fichelscher, hanno dato sfoggio di tutta la carica sperimentatrice che ha fatto di questo gruppo uno dei capostipiti della storia musicale del rock in Germania e uno degli ispiratori del genere krautrock, il progressive alla tedesca.

Claudia Giraud

http://www.mitosettembremusica.it/

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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