Israele ad arte (contemporanea). Parte II

Seconda parte del tour nella creatività e nell'arte contemporanee israeliana. Oggi andiamo in un Kibbutz, a Umm el Fahem e a Gerusalemme. Per visitare musei e spazi non profit. Ma soprattutto per incontrare gli artisti.

La prima parte del nostro viaggio nella scena dell’arte israeliana si era interrotta a Bat Yam. Il primo passo di questo secondo tour è il Design Museum di Holon, anch’esso a pochi chilometri da Tel Aviv. Questo meraviglioso edificio progettato da Ron Arad è “rosso naturale” grazie all’acciaio ossidato proveniente da un fornitore bergamasco, reso ancora più charmant dal sole d’Israele. Abbiamo l’occasione di visitare anche l’interno con le sue rampe sinuose a chiocciola e le vaste sale che ospiteranno mostre e collezioni provenienti da tutto il mondo. E anche qui a Holon – dove la scena del design milanese è guardata con grande rispetto e interesse – l’obiettivo della formazione e dell’educazione delle nuove generazioni appare primario.
Se la scorpacciata di musei e di mostre non vi è bastata, vi consigliamo di proseguire il tour all’Herzliya Museum of Art, che fino a metà agosto propone una serie interessanti di mostre, come la personale dell’artista israeliano Shachar Freddy Kislev (che vi facciamo raccontare in video dalla curatrice Noam Segal) e Children’s Talk, un group show curato da Chen Sheinberg con la consulenza artistica di Ben Hagari. L’obiettivo è indagare il mondo interiore dei bambini, sia quando strettamente collegato all’infanzia, sia quando è una declinazione dell’animo dell’artista. Salta all’occhio il bellissimo Matissa di Orit Adar Bechar, un video poetico e allo stesso tempo ironico che anima il famoso Red Room (Harmony in Red) del 1908 (Henri Matisse), trasformando la donna ritratta in un’artista contemporanea, un po’ pittrice, un po’ performer, che alla fine del processo creativo torna a essere lei stessa opera. È possibile inoltre visitare Michael Adler’s Ideological Collection, una mostra composta da una selezione delle 50 opere concettuali e post minimaliste della collezione Adler, donata al museo. Adler, docente americano alla Columbia, cominciò negli Anni Sessanta a comprare opere di artisti israeliani. Non mancano le chicche, come la serie di sei serigrafie di Benni Efrat.

Einat Amir nel suo studio ad Art Cube, Gerusalemme

Einat Amir nel suo studio ad Art Cube, Gerusalemme

Proseguiamo nel tragitto per raggiungere un particolarissimo spazio espositivo – la Umm El Fahem Gallery – nell’omonima cittadina nel distretto di Haifa, con una popolazione di quasi 45.000 persone, molte delle quali di origine araba. Ed è arabo anche il nostro ospite, Said Abu Shakra, che oltre ad accoglierci con un sontuoso banchetto mediorientale, non ci nasconde di avere una grande ammirazione per l’Italia e la sua arte. Quanto al “suo” museo, che ospita una interessantissima ricognizione fotografica (in cui non manca uno splendido progetto di William Kentridge in collaborazione con la norvegese Dora Bloom, intitolata Memory &Geography. Fire/Gate, 1995) sulla vita, le persone e le tradizioni della regione di Wadi ‘Ara, dal titolo Shadow of Time. “Ho aperto la galleria”, dice Shakra, “perché ho pensato di avere la responsabilità di fare qualcosa per cambiare, creando delle connessioni tra Palestina e Israele. Il mio lavoro è prendermi delle responsabilità perché solo il museo può disegnare l’identità culturale del Paese. E ci racconta di quando ha cominciato ad andare casa per casa per convincere le persone a visitare il museo, per portare soprattutto i ragazzi a vivere un’esperienza culturale, con lo scetticismo iniziale dei suoi concittadini e poi la partecipazione.
Un altro luogo di grande interesse è l’Ein Harod Museum, situato nel mezzo dell’omonimo kibbutz (il più grande in Israele, fondato nel 1921 nella fertile campagna circostante). Sorprendente è che il museo fu voluto proprio dagli stessi membri fondatori del kibbutz, che individuavano nella cultura un grande fattore di sviluppo sociale e identitario. Non a caso, oltre a mostre dedicate ad artisti contemporanei estabilished o midcareer, lo spazio conserva un’interessantissima sezione che racconta le tradizioni e le celebrazioni religiose attraverso oggetti sacri e votivi. Poco distante dal museo c’è lo studio di Penny Hes Yassour, artista multidisciplinare e docente a Gerusalemme. Molti forse se la ricorderanno per la sua partecipazione alla Documenta X. Le sue ombre, le sue nature fantasmagoriche, i suoi camouflage landscapes, insieme alla sua pittura, sono avvolgenti e crescono nel processo creativo come una giungla in divenire.

Art Cube - Gerusalemme

Art Cube – Gerusalemme

La scena artistica israeliana è interessantissima. Abbiamo l’opportunità di incontrare molti dei suoi protagonisti, nel corso di questo viaggio. Da Artportlv, centro per la giovane arte, fondato da Jason Arison, chairman della Ted Arison Family Foundation. Con il suo ottimo programma per residenze – in cui incontriamo anche gli italiani Motel Lucie – ci offre l’opportunità di incontrare Einat Amir, con la sua eccezionale performance Enough About You, Ido Michaeli, con i suoi tappeti afghani che rappresentano i personaggi della sua vita, e Rafram Chaddad, artista e chef israelo-libico, accusato nel 2010 di essere una spia e incarcerato in Libia. Le sue opere, come The carpet of my father, un tappeto composto dagli orologi che suo padre riparava, richiamano la sua biografia con lo sguardo ironico che contraddistingue l’artista.
Anche a Gerusalemme, da Art Cube, uno spazio interessantissimo alle porte della città, sostenuto dalla Jerusalem Foundation, dotato di centro espositivo e studi per artisti, facciamo alcuni incontri promettenti: la pittrice Maya Israel e suo marito, il fotografo Yaakov Israel; Einat Amir, classe 1980, stesso nome, ma esperienze differenti rispetto a quelle della performer incontrata a Tel Aviv, con la sua pittura e le sue creazioni che rimandano a un mondo interiore molto complesso.

Herzliya Museum of Art

Herzliya Museum of Art

In questa vivacissima trama di spazi non profit e di vibranti iniziative legate all’arte contemporanea, sempre a Gerusalemme, va ricordato Yaffo23 che proprio in questi giorni, dopo tre anni di infaticabile attività (16 mostre, 90 eventi, 100 artisti partecipanti), ha chiuso definitivamente al pubblico.
Ora non vi resta che dedicare un giorno all’Israel Museum of Art di Gerusalemme, dove la collezione Dada donata da Dora e Arturo Schwartz e il parco delle sculture voluto dall’eccentrico collezionista e impresario americano Blly Rose (tra tutte, un monumentale, meraviglioso Turrel) sono le nostre best choice.

Santa Nastro

www.dmh.org.il
www.herzliyamuseum.co.il
www.museumeinharod.org.il
www.artportlv.org
www.jerusalemfoundation.org
yaffo23.org
www.imjnet.org.il

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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