Israele ad arte (contemporanea). Parte I

Non vi parleremo della meravigliosa Jaffa né delle viste mozzafiato che si godono a Gerusalemme. Non andremo a passeggiare sul lungomare (se non nel tempo libero) né a mangiare hummus e falafel. Scarpinata virtuale a più riprese nei luoghi dell'arte contemporanea e tra gli studi degli artisti. Che abbiamo visitato per voi.

Forse non tutti sanno che la scena dell’arte contemporanea in Israele è davvero effervescente. Musei e centri culturali dove meno te l’aspetti, artisti di grande talento giovani o estabilished, grande senso dell’iniziativa e belle collezioni sono alcuni degli ingredienti di un viaggio ad arte da tentare, meglio se durante la stagione primaverile, quando Tel Aviv è di una bellezza sconvolgente. Ed è proprio da qui che comincia il nostro percorso.
Nello specifico dal Padiglione di Helena Rubinstein, uno spazio creato nel 1959 con i fondi dell’omonima fondazione, come luogo dedicato alle mostre temporanee in felice connessione con il museo d’arte contemporanea della città. Quando lo visitiamo, ospita una retrospettiva (visitabile fino al 30 giugno) dell’artista franco-israeliano scomparso da una ventina d’anni, Absalon. Il complesso, progettato su più piani, è tutto un labirinto delle sue strutture abitabili, celle bianche, alcune delle quali originali, altre ricostruite sui progetti lasciati dall’artista, che evocano un futuro possibile ma non auspicabile, solitario e congestionato.

Absalon, veduta della mostra presso Helena Rubistein Pavilion, Tel Aviv 2013

Absalon, veduta della mostra presso Helena Rubistein Pavilion, Tel Aviv 2013

A poca distanza si colloca il Tel Aviv Museum of Art, una struttura molto articolata, in cui il dipartimento educativo ha un ruolo fondamentale. Colpisce, e vi stupirà per tutto il vostro viaggio “ad arte”, come la formazione delle nuove generazioni attraverso la cultura sia uno degli obiettivi primari, fondamentali per le istituzioni culturali del Paese. Senza questo compito, che è di carattere intellettuale e nello stesso tempo morale, questi spazi probabilmente sentirebbero venir meno la loro ragione d’essere. E così, tra una mostra e l’altra, che nel nostro caso erano I am also di Douglas Gordon (fino al 6 luglio), la retrospettiva dedicata alla pittrice israeliana Deganit Berest, vincitrice del prestigioso Rappaport prize 2012 (fino al 28 settembre) e una serie di microesposizioni a promozione della giovane creatività del territorio, vedrete frotte di ragazzini scorrazzare tra i corridoi, probabilmente impegnati in laboratori e visite guidate. E se vi avventurerete nella collezione, avrete l’opportunità di incontrare – oltre che alcune opere donate da Peggy Guggenheim (da Marino Marini a Massimo Campigli, fino a Jackson Pollock) – alcuni importanti corpus. Il museo, infatti, non conduce una campagna di acquisizioni: il cuore delle collezioni dei musei locali è soprattutto formato dalle donazioni di famiglie ebree, spesso americane, che decidono di sostenere le istituzioni con quelle che sono state le loro passioni d’arte. A Tel Aviv, ad esempio, i Kramer hanno regalato una mastodontica raccolta di libri surrealisti. E se amate Archinpenko, qui potrete godere di uno dei campioni più esaustivi della sua opera, tanto amata dalla famiglia Goeritz, giusto per fare qualche esempio.

MoBY - Museums of Bat Yam

MoBY – Museums of Bat Yam

Tra le visite in città non può mancare una sosta al CCA – Centro per l’Arte Contemporanea diretto da Sergio Edelsztein, anche curatore del Padiglione Israele alla 55. Biennale di Venezia, con la mostra di Gilad Ratman. Il CCA è uno spazio di ricerca con mostre temporanee di caratura internazionale, ma soprattutto con un archivio dedicato alla videoarte di grandissimo pregio: il fondo, che contiene oltre 40mila pezzi, è stato fondato con il supporto di Arye Sabinsky in memoria di sua madre e con il sostegno della Fondazione Muriel & Philip Berman ed è in continua crescita. In aggiunta, ogni anno un videoartista e cineasta israeliano riceve una borsa di studio di 2.000 shekel per continuare e promuovere la propria ricerca in patria e all’estero. Ma questo è solo uno dei tanti programmi, non solo espositivi, collegati alla mission di questo gioiellino nel campo delle immagini in movimento.
A soli 10 chilometri dalla città si situa invece Bat Yam, con il suo MoBY, un complesso di tre realtà dirette da Joshua Simon, coordinate in una stimolante piattaforma tra ricerca, teoria e critica d’arte. Ma anche design. Lo spazio conferenze, infatti, viene periodicamente reinventato. Quando ci andiamo noi, sono Orr Herz e Ira Shalit, entrambi di Tel Aviv-Jaffa i protagonisti con il progetto Circus, mentre in mostra c’è la ben documentata  ReCoCo – Life Under Representational Regimes, collettiva già esposta a Vienna alla Kunsthalle Exnergassse e a Zurigo presso il White Space. Curata da Simon con Siri Peyer (fino al 3 agosto) conta nomi di eccellenza come Hito Steyerl, Roee Rosen, Zanny Begg in coppia con Oliver Ressler, per dirne giusto qualcuno, tutti impegnati nel racconto della dura vita della democrazia nell’epoca di Internet. Fiore all’occhiello il video The Flag di Köken Ergun, dove alle immagini tratte dalle celebrazioni del “giorno dei bambini” in Turchia si affiancano una retorica nazionalista e di propaganda che ben poco si addicono all’infanzia.

Santa Nastro

www.tamuseum.com
cca.org.il
moby.org.il

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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