Il pasto nudo di Paolo Grassino

Un branco di cani, uomini sospesi e mani esangui: le visioni di Paolo Grassino riempiono lo spazio del Museo Pecci. A Milano, fino al 16 febbraio.

Visioni mentali, squarci onirici, aperture sull’inconscio prendono forma in un percorso in tre atti che tiene insieme opere altrimenti distinte: Analgesia, 2012; Controllo del corpo, 2010; Resa, 2008.
Le installazioni di Paolo Grassino (Torino, 1966) sembrano prendere forma intorno a un’idea dapprima solo intuita e poi formulata in uno spazio mentale onirico, sembrano essere pezzi di inconscio collettivo materializzati. Ancora: sembra che nel loro canale di comunicazione saltino a piè pari il tessuto connettivo linguistico per fare direttamente presa sulle viscere.
La sensazione è duplice: attrazione e repulsione. Attirati da un’affinità inconscia verso gli incubi che l’artista ha il coraggio di mettere in scena, si è respinti dalla paura del trascinamento e del contagio. Dall’essere risucchiati in un percorso senza ritorno che vede un solo temporaneo vincitore: l’artista che si libera per un attimo dalle sue oppressioni, per poi ricominciare, subito dopo, da Zero (opera del 2005).
In Analgesia un branco di cani difende il proprio territorio, anche se fatto di carcasse inutilizzabili il sospetto è che sia la loro casa. Sono animali senza occhi, senza coda, con orecchie mozzate, cani combattenti a cui è stata sottratta l’anima. Sebbene pensata per le ventose dune a nord di Ostenda l’istallazione trova comoda dimora anche nell’ex padiglione industriale milanese: potere dell’arte quando è tale.

Paolo Grassino - Percorso in tre atti - veduta della mostra presso il Museo Pecci, Milano 2013 - photo Zepstudio

Paolo Grassino – Percorso in tre atti – veduta della mostra presso il Museo Pecci, Milano 2013 – photo Zepstudio

Nella video-proiezione a tre canali Controllo del corpo, nove artisti torinesi si lasciano ritrarre in versione anonima intenti a roteare in uno spazio cigolante di rumori meccanici. I cavi, o per essi le strutture che sembrano sostenerli, li tengono sospesi in maniera elastica per un tempo infinito, lasciandoli così appesi ai propri pensieri.
Pensieri così intensi che prendono corpo raggrumandosi, come il sangue nelle vene delle “mani in alto” di Resa, che defluisce man mano che tenta di salire verso l’alto. L’installazione di quattro dittici è composta, in maniera ordinata, al termine di un antro nero e buio: caverna originaria? Sì ma anche tana originaria, utero originario, luogo dove l’uomo torna, ciclicamente, per arrendersi e trovare un po’ di quiete.

Giovanna Procaccini

Milano // fino al 16 febbraio 2013
Paolo Grassino – Percorso in tre atti
a cura di Stefano Pezzato
MUSEO PECCI
Ripa di Porta Ticinese 113
0574 5317
[email protected]
www.centropecci.it

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Giovanna Procaccini

Giovanna Procaccini

Giovanna Procaccini, nata a Napoli, vive a Milano. È laureata in architettura e specializzata in storia dell’arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. È diplomata come addetto alla conservazione e restauro dei dipinti su tela. Critica e curatrice, si…

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