“Corruzione e nepotismo”. Il successo di Blue and Joy secondo Blue and Joy

Cervelli in fuga. Forse da sempre, dicono loro. Blue and Joy, Daniele Sigalot e Fabio la Fauci, da più di cinque anni lavorano a La Pizzeria. Così si chiama il loro studio berlinese dove, dopo aver lasciato l'agenzia Saatchi & Saatchi per cui lavoravano, si sono trasferiti per creare grandi opere, a cavallo tra il fumetto, la street art e l'arte concettuale. Hanno esposto un po' ovunque, ma Milano è la loro città. Qui una nuova personale fa il punto su una coppia d'artisti che ha reso l'inquietudine un sistema di vita.

Provenite dal mondo della pubblicità, dall’agenzia di Mr. Saatchi, che prima di voi ha lasciato la pubblicità per l’arte. Voi come avete fatto e che rapporto avete con il Re Mida dell’arte contemporanea?
Il nostro progetto era iniziato parallelamente alla nostra carriera da pubblicitari. La prima mostra di Blue and Joy fu a Barcellona, dove ci eravamo appena trasferiti per lavorare in un’agenzia chiamata Atletico International. Al tempo a Blue and Joy dedicavamo qualche sera e alcuni weekend. Una volta trasferitici a Londra, per lavorare appunto in Saatchi&Saatchi, al nostro progetto artistico dedicavamo tutte le sere e tutti i weekend, nonché tutti i giorni delle nostre ferie. Dopo un anno decidemmo che prima di avere un esaurimento nervoso dovevamo rinunciare a una delle due cose.  Mollammo la pubblicità, anche se quel posto in quell’agenzia ce l’eravamo sognato per anni, e scegliemmo di puntare sull’arte. Con Charles Saatchi non abbiamo mai avuto alcun contatto, i fratelli Saatchi vendettero l’agenzia alla fine degli Anni Ottanta, quindi oltre al loro nome in Charlotte Street non c’era più traccia di loro due.

Uno dei vostri primi lavori è un fumetto. Chi sono i personaggi da voi inventati?
Blue and Joy nascono da un fumetto e dall’esigenza di raccontare un modello perdente dopo anni passati a vendere modelli aspirazionali e vincenti. Erano ormai cinque anni che lavoravamo in pubblicità, dove qualunque prodotto tu stia reclamizzando, ti cambierà la vita in meglio. Eravamo un po’ stufi e, complice il clima milanese, una situazione sentimentale amara e un lavoro infelice (una campagna lancio di una nuova banca, nulla di  più infelice per un creativo), nacque lo schizzo di un personaggio estremamente triste (che poi avremmo chiamato Blue) da lì ad affiancargli un amico dall’aspetto contrapposto, e poi a invertire le personalità per creare più contrasto e malinconia il passo è stato breve.

Daniele Sigalot e Fabio la Fauci - Papa Pio Blue

Daniele Sigalot e Fabio la Fauci – Papa Pio Blue

Sono i vostri alter ego?
Da quel giorno ci limitammo a raccontare le scoraggianti avventure di questi due personaggi, dannati a non raggiungere mai un lieto fine, ma non per questo a rinunciare a insistere, e il supporto sincero degli amici che avevamo intorno ci spinse appunto a investire i nostri risparmi per fondare una casa editrice, la meno produttiva d’Europa, e ad auto-pubblicare e distribuire il libro, prima in inglese poi in italiano. Blue and Joy possiedono molte delle nostre caratteristiche, spesso esasperate, e molte delle loro storie sono autobiografiche, ma noi siamo più alti. E, come dicevamo precedentemente, siamo in una fase nella quale ci stiamo distaccando dall’onnipresenza dei suddetti personaggi per esplorare più liberamente qualunque forma di espressione riusciamo ad apprendere.

Blue and Joy sono personaggi esistenzialisti, parlano di amicizia e solitudine, due questioni di grande attualità. Negli Stati Uniti, una studiosa del MIT di Boston ha pubblicato Alone Togheter, un saggio che indica una trasformazione “antropologica”…
So Lonely Togheter è anche il titolo di una delle prime scoraggianti avventure di Blue and Joy, dobbiamo portare in tribunale questa signorina del MIT! A parte le nostre future cause giudiziarie, è vero, c’è tanta solitudine e tanta tristezza nei vari social network.

La Street Art sta spopolando. Jeffrey Deitch, durante i giorni di Art Basel Miami Beach, nel 2010 ha trasformato Wynwood chiamando decine di street artist. Banksy a Londra è diventato un mito vivente, così come a New York Shepard Farey. La sua opera Hope ha trasformato Barack Obama in icona, minacciando per un po’ il primato della Marylin di Warhol. Anche Sgarbi, assessore alla cultura di Milano nel 2005, dedica una mostra alla street art italiana, dove ci siete anche voi. E sempre Deitch, una volta alla direzione del MoCA di Los Angeles, apre con una mostra decisiva sulla street art. La street diventa mainstream. Voi cosa dovete a tale linguaggio?
È indubbiamente il movimento più importante di questi anni, ma non ci consideriamo veri street artist. Per la strada abbiamo fatto poche cose, ma sicuramente dalla strada e dai tanti libri su questo fenomeno anche noi abbiamo preso ispirazione e spunti.

Blue and Joy - The Superficial Essence of a Deep Appearance - veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

Blue and Joy – The Superficial Essence of a Deep Appearance – veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

Siete stati invitati dalla Banca Centrale Europea a tenere una mostra per loro…
Alla sede centrale della Bundesbank, dove per mesi abbiamo ritirato chili e chili di monetine, si sono incuriositi per questa incessante richiesta di centesimi e dalla curiosità di una cassiera passammo a conoscere il direttore della Banca che ci espresse appunto l’interesse del presidente della stessa per le opere che facevamo. Ci chiesero di esporre durante il loro convegno più importante dell’anno, un’opera che però al tempo era in Cina per una Biennale. Ora stiamo lavorando insieme per portare le nostre opere nel loro museo delle monete di Francoforte.

Nelle vostre mostre, come quella di Barcellona, avete esposto dipinti a olio (anche citando Bacon che cita Velázquez, il celebre ritratto di Papa Innocenzo X), collage con monete, disegni su alluminio e sculture in resina. Una creatività multimediale…
Rispecchia la nostra felice inquietudine. Tenendo come filo conduttore i due pupazzi e le loro caratteristiche, ci piace scoprire nuove maniere per raccontarli. L’ultima è la fotografia. Anche con i video ci stiamo divertendo parecchio. Vogliamo sfruttare questa nostra voglia di spostare sempre il baricentro altrove.

La vostra base è a Berlino: come avete scelto questa città? Vi considerate anche voi cervelli in fuga?
Ci era giunta voce che fosse la capitale più economica d’Europa e noi cercavamo un posto dove poter aprire lo studio di Blue and Joy. In effetti la città aveva affitti molto più accessibili di Barcellona, per non parlare di Londra. Quanto ai cervelli in fuga, è vero, sono scappati tempo fa, li stiamo ancora cercando, magari però non sono a Berlino e ci toccherà seguirli altrove.

Come sta cambiando la città da quando siete arrivati?
Berlino è una città estremamente giovane, vitale, spensierata e allergica al lavoro. Noi invece stiamo invecchiando come prugne al sole. A parte gli scherzi, viviamo spesso reclusi in Pizzeria, che è ai margini della città, quindi la nostra percezione è relativa. La comunità italiana aumenta ma, a parte il processo di colonizzazione, Berlino resta una città con un’indole molto pigra, tanti vengono qui con l’intenzione di cercar fortuna ma poi più che altro si limitano a scansare la fatica. In Pizzeria invece abbiamo turni di lavoro che farebbero la gioia di Marchionne, e non riconosciamo praticamente nessun diritto ai lavoratori. La Cina è il nostro modello produttivo. Quindi abbiamo un rapporto conflittuale con Berlino, ovvero: poca festa, tanto lavoro. Contiamo comunque di ribaltare i pesi quanto prima.

Blue and Joy - The Superficial Essence of a Deep Appearance - veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

Blue and Joy – The Superficial Essence of a Deep Appearance – veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

La Pizzeria è il nome del vostro studio. Come lo avete impostato e come funziona?
Ci piaceva essere fedeli al cliché degli italiani all’estero. La Pizzeria alterna periodi di ultralavoro, con ritmi degni di una fabbrica di componenti Apple in Cina, a momenti fortemente aggregativi a puro scopo ludico. Nei picchi di produzione massima siamo in dieci a lavorare. La mostra alla Galleria Artra è stata realizzata in nove mesi grazie all’indispensabile aiuto di otto assistenti.

È il potere aggregativo?
In primavera si tiene l’annuale Coppa Pizzeria, torneo di calcio a due con un regolamento molto creativo e campo asimmetrico e privo di linee laterali, evento seguitissimo e che viene appunto premiato con una scultura realizzata con resina e pizza. Abbiamo poi la fortuna di essere al centro di un grosso complesso architettonico dell’ex DDR pieno di atelier di artisti. In primavera e in estate ci ritroviamo qui. Il nostro bbq d’estate diventa come la fiamma olimpica, perenne.

Alla Galleria Artra avete portato tre milioni di pillole…
Il numero è un’approssimazione, c’è un margine di errore di 500mila unità. L’opera avrebbe dovuto intitolarsi Ginocchia su cemento, visto che l’allestimento è stato qualcosa di molto vicino all’autoflagellazione. Sicuramente la realizzazione di quest’opera ci ha avvicinato a Dio.

E forse date l’addio a Blue and Joy?
Diciamo che ultimamente siamo passati a una fase espressiva nella quale ci siamo emancipati dal dover necessariamente rappresentare i personaggi che fino a oggi ci hanno accompagnato. La mostra The Superficial Essence of a Deep Appearance ne è la prova evidente, visto che alla Galleria Artra la presenza di Blue e di Joy è limitata a una singola opera, dove loro fanno da spettatori (in forma di sculture in vetroresina) a un quadro dove è raffigurato un nostro autoritratto.

Ma le attrazioni principali della mostra sono sicuramente le due grandi installazioni.
Sì, quella che dà il titolo alla mostra, fatta appunto di milioni di pillole medicinali, e From A to B, dove utilizziamo giganteschi areoplanini di carta (fatti di alluminio) per raffigurare due distinti stati dell’essere, il tutto omaggiando anche un gigante come Alighiero Boetti (presente appunto con le sue iniziali nel titolo dell’opera) e i suoi Aerei del 1977.

Blue and Joy - The Superficial Essence of a Deep Appearance - veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

Blue and Joy – The Superficial Essence of a Deep Appearance – veduta della mostra presso la Galleria Artra, Milano 2013

Chi sono i vostri modelli nell’arte, nella pubblicità, nel fumetto, nella moda, nel design?
Risposte in ordine casuale e più abbondanti delle domande: Bud Spencer e Terence Hill, Caravaggio, Fantozzi, Adidas, Andrea Pazienza, Bacon, Joe Sacco, Hernanes e i Pooh.

Su cosa state lavorando? So che avete progetti molto ambiziosi, giganteschi perfino… sui campi di calcio. Cosa potete dirmi di più?
Da anni stiamo lavorando a fari spenti su questo progetto, che è la cosa più ambiziosa che abbiamo pensato, ma è ancora in fase d’incubazione. Si tratterebbe, qualora riuscissimo a ottenere il placet delle autorità competenti e a trovare sponsor che supportino l’operazione, di trasformare i campi di calcio in gigantesche opere. Ma forse è il caso che accendiamo i fari, visto che al buio non si lavora molto bene.

Come spiegate il vostro successo?
Corruzione e nepotismo.

Nicola Davide Angerame

Milano // fino al 16 febbraio 2013
Blue and Joy – The Superficial Essence of a Deep Appearance
ARTRA
Via Burlamacchi 1
02 5457373
[email protected]
www.artragallery.com

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Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame

Nicola Davide Angerame è filosofo, giornalista, curatore d'arte, critico della contemporaneità e organizzatore culturale. Dopo la Laurea in Filosofia Teoretica all'Università di Torino, sotto la guida di Gianni Vattimo con una tesi sul pensiero di Jean-Luc Nancy, inizia la collaborazione…

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