Si alza il sipario su Bergamo Arte Fiera: pubblico che non ti aspetti per l’apertura in orario aperitivo. Poche sorprese, invece, a spasso tra gli stand: gallerie sulla difensiva. A rischiare sono in pochi

Metti un venerdì di gennaio: e da queste parti significa che fa comunque freddo, anche se non è un inverno da lupi. Mettici l’orario da aperitivo, con tangenziale imballata e l’evidente difficoltà di muoversi da Milano. Risultato: tutto gioca per un avvio col freno a mano tirato. E, considerata quella carogna della crisi sempre appollaiata […]

Metti un venerdì di gennaio: e da queste parti significa che fa comunque freddo, anche se non è un inverno da lupi. Mettici l’orario da aperitivo, con tangenziale imballata e l’evidente difficoltà di muoversi da Milano. Risultato: tutto gioca per un avvio col freno a mano tirato. E, considerata quella carogna della crisi sempre appollaiata sulla spalla, ci starebbe anche di non trovare all’apertura di Bergamo Arte Fiera il pubblico delle grandi occasioni. Invece, per i corridoi dell’unico padiglione sopravvissuto alla naturale emorragia di gallerie che sta falcidiando fiere grandi e piccole, il flusso è più confortante, la curiosità positiva; e drizzando l’orecchio senti pure che già – se non proprio si tratta – almeno ci si corteggia. A mezz’ora dall’inaugurazione? Sembra impossibile, eppure è così.
Sensazioni buone, allora, da una fiera dove domina, però, il catenaccio: tutti dietro la linea del pallone, si gioca a non prenderle e – dunque – non si rischia granché. Tradotto in soldoni: sarà la crisi, sarà una piazza per quanto attenta certo non eccentrica, ma di gallerie risposte a rischiare ce ne sono ben poche. Pop a bizzeffe, easy e ammiccante: Marco Lodola come se piovesse ed Andy a go-go; le miniature di Francesco De Molfetta e di Paolo Ceribelli; ma anche gli assemblage plastici di Caterina Tosoni e le forme dei Plumcake. Vince il disimpegno, insomma: l’accessibilità, il collezionismo pret-a-porter. Santificato, nello stand dello Studio Fioretti, in un allestimento che è colorata chiesa kitsch, con altarino – o tavolino da notte? – in omaggio a Salvador Dalì.
Tra molte scelte eclettiche c’è chi evita l’effetto mercato e propone – se non proprio un allestimento con curatela – almeno un progetto omogeneo: tra giovani e mid-career la varesina Punto sull’Arte guarda alle ultime declinazioni del paesaggio, spaziando da Jernej Forbici ad Andrea Mariconti e Marika Vicari; poker di scultori con Open Art e percorso optical da 10 A.M. Art. Chi esce dal coro? Dove incontrare qualcosa di nuovo? Tridente under 30 per la monzese Cart, che porta gli ultimi lavori di Matteo Antonini, quelli di Francesco Fossati e Stefano Spera (insieme alla “veterana” Dacia Manto); la Rizzi & Ritter scopre lo zoo in cartapesta della giovanissima Alice Zanin e importa dalla Germania Christiane Draffehn, abilissima manipolatrice di un’immagine fotografica dalla caleidoscopica resa pittorica.   

– Francesco Sala

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Francesco Sala

Francesco Sala

Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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