Il critico e l’archivista. L’affaire Cineteca Nazionale di Roma

Da diverse settimane resta vacante il posto di conservatore della Cineteca Nazionale di Roma, ruolo già ricoperto - provvisoriamente nell’ultimo anno - da Enrico Magrelli. Stiamo parlando di una importante istituzione culturale, di uno dei più grandi archivi cinematografici del mondo che – accanto al settore della didattica – è inglobato all’interno del Centro Sperimentale di Cinematografia.

I nomi che da molti giorni circolano per rivestire l’incarico di conservatore della Cineteca Nazionale di Roma sono due, quello di Emiliano Morreale e di Paolo Cherchi Usai. Ed è su questi nomi che, evidentemente, si sta consumando una spaccatura all’interno del consiglio di amministrazione composto innanzitutto dal presidente, Stefano Rulli, persona stimabile, fuori dai giochi di potere, sceneggiatore italiano di fama che, dopo un fin troppo lungo decennio alberoniano, sembrava aver portato una ventata d’aria fresca di cui la struttura ha sicuramente molto bisogno. Gli altri membri del CdA sono Carlo Verdone, Nicola Giuliano (produttore ad esempio dei film di Paolo Sorrentino), Aldo Grasso (critico televisivo del Corriere della Sera) e Olga Cuccurullo (dirigente del Ministero del Tesoro).
Rulli insiste per nominare ad ogni costo Morreale, un critico cinematografico quarantenne, piuttosto rampante, consulente della Mostra del Cinema di Venezia, lettore di sceneggiature per Raicinema, vincitore nei mesi scorsi di un posto da ricercatore a tempo indeterminato presso l’Università di Torino, nonché giornalista di Repubblica e Il Sole 24 ore. Il suo competitore, Cerchi Usai, è uno dei massimi archivisti a livello mondiale: basta fare il copia-incolla da Wikipedia e si vengono a conoscere i dati essenziali: direttore del Motion Pictures Departement alla George Eastman House e della Selznick School of Film Preservation, docente di storia del cinema muto presso la University of Rochester, è tra gli organizzatori delle Giornate del cinema muto di Pordenone (la rassegna più importante al mondo nel suo genere), autore di saggi sul restauro come Una passione infiammabile.

Cerchi Usai, insomma, è la persona giusta al posto giusto. Un esperto della materia riconosciuto a livello internazionale, una figura in grado di dialogare con i suoi colleghi della FIAF (la federazione italiana degli archivi cinematografici), uno storico del cinema ma anche uno che sa tutto quello che si deve sapere sulle tecniche di preservazione dei film, uno studioso in grado di dare prestigio a questa istituzione. Cherchi Usai, forse male abituato a causa dei molti anni di lavoro all’estero, senza essere sostenuto da nessuno e senza frequentare le persone e i salotti giusti, si è semplicemente limitato a mandare il suo poderoso curriculum creando magari qualche problema al suo avversario, attualmente favorito (secondo alcune voci che circolano) per non si capisce bene quale specifico merito, tanto è vero che sono fioccate altre circa 25 autocandidature di alcuni sicuramente titolati a diventare conservatori della cineteca, tutte però messe da parte. L’andazzo è il seguente: se lo può fare Morreale il conservatore della cineteca, perché non lo posso fare anche io?
Forse il neopresidente del CSC ritiene Cherchi Usai troppo poco cool come conservatore, lo immagina topo di archivio con le ragnatele preoccupato solo di conservare e restaurare il cinema delle origini? Meglio allora una figura di critico che conosce bene il cinema attuale e quello del futuro come Morreale? A parte il fatto che è un’immagine errata, dal momento che Cherchi Usai dirige da anni una rivista come Segnocinema e segue – da un osservatorio privilegiato come gli Usa – l’evoluzione dell’audiovisivo, è un conoscitore del cinema tout court, ma la vera ragione per cui questo posto gli compete è che il responsabile di un archivio cinematografico non solo deve essere uno studioso (e ce ne sono tanti in circolazione), bensì uno che abbia un bel po’ di esperienza alle spalle e solide cognizioni di tecnica, che abbia la competenza per affrontare problemi come quello della digitalizzazione della pellicola, della preservazione dei supporti in nitrato d’argento, in grado di risolvere il problema dello spazio (i cellari del CSC non riescono più a contenere la quantità di film che ogni mese viene depositata), che sappia trovare i fondi necessari per le ristampe e i restauri dei film (vi sono i fondi per restaurarne solo 2 o 3 all’anno), che sappia coordinare al meglio anche gli altri settori della cineteca (la ricchissima fototeca, il settore editoriale, la videoteca, la sala Trevi dove vengono organizzate ogni settimana rassegne ecc.) e poi certo, tra le tante cose, anche impostare una nuova politica culturale che possa rilanciare un’istituzione importante come questa.

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Emiliano Morreale

Ma davvero a un critico dalla tanto irresistibile (quanto misteriosa) ascesa conviene ottenere un posto del genere, che comunque comporta grandi responsabilità? Un posto a cui dedicarsi a tempo pieno (anche perché il compenso è di circa 100mila euro lordi all’anno)? La settimana prossima – se il CdA si metterà d’accordo –-sapremo chi sarà il conservatore della Cineteca di Roma per i prossimi tre anni. Naturalmente ci auguriamo, per il bene della cultura italiana, che il buon senso e la meritocrazia alla fine prevalgano e che questo prestigioso incarico sia assegnato con trasparenza a chi ha i titoli e non per calcoli, amicizie o convenienze, perché davvero non vorremmo dover rimpiangere l’era sciagurata di Alberoni.

Bruno Di Marino

www.snc.it

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