S.O.S. Orestiadi. Si chiude davvero?

Un altro museo che non ce la fa. Pochi fondi, troppa burocrazia, tagli feroci. E una politica culturale miope, su tutto il territorio. Il Museo delle Trame Mediterranee di Gibellina chiude: non ha più budget nemmeno per gli stipendi. Tanto che voleva vendersi un pezzo della splendida collezione. A rischio anche le mitiche Orestiadi. Ma non è esattamente una fine. L'intervista con Enzo Fiammetta

Sulle prime la storia ha tutta l’aria di un triste dejà vu. Esattamente un anno fa, in Sicilia, calava il sipario sul Museo Riso: chiusura di un’esperienza di lavoro, sospensione temporanea delle attività, la direzione che alzava bandiera bianca. Oggi, spostandosi da Palermo a Gibellina, si leva un nuovo grido di dolore. Un S.O.S. che allarma, che irrompe nell’opinione pubblica, che fa rabbia e rumore, innescando la classica domanda: che ne sarà della cultura in Italia?
Succede che il Museo delle Trame Mediterranee, pregevolissimo spazio-collezione della Fondazione Orestiadi – con nomi del calibro di Paladino, Cucchi, Boetti, Isgò, Nunzio, Beuys… – annuncia a sorpresa la chiusura. E lo fa per sfinimento, per conclamata impossibilità di proseguire serenamente il suo lavoro. Tradotto: i soldi non bastano e quelli che ci sono arrivano tardi, a singhiozzo, tra i soliti lacci e lacciuoli che immobilizzano la Regione Siciliana, ineguagliabile fuoriclasse in fatto di bizantinismi e burocratismi. Il parallelo con Riso sorge spontaneo: allora il caso scoppiò in forma di protesta, contro un’ingovernabilità legata soprattutto all’incertezza sui fondi programmati. Qualcosa di simile capita oggi al Museo di Gibellina, che mette il lucchetto al portone poichè non c’è verso di procedere come si deve. Ovvero: programmando, costruendo, progettando e soprattutto crescendo. Si decresce, piuttosto, ridimensionando via via le spese e le intenzioni. E s’improvvisa, com’è prassi sull’isola.

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Museo delle Trame Mediterranee, Gibellina

Ma se Riso era un Museo regionale, e lo strappo suonò come il gesto di insurrezione di un direttore esasperato contro un’Istituzione sorda, qui si tratta di una Fondazione privata, che in autonomia comunica di non farcela più. Lecito. Ma infinitamente desolante. Main partner istituzionale è la Regione Siciliana. È da qui che arrivano i finanziamenti più sostanziosi ed è qui il nodo della questione. “Siamo con l’acqua alla gola. Negli ultimi due anni abbiamo subito tagli micidiali: il contributo annuale garantitoci dalla Regione è passato dagli iniziali 650mila a 420 e poi a 300. Soldi che servono per il Festival delle Orestiadi, per le mostre, per la didattica, per gli atelier, per la sede distaccata di Tunisi e per il funzionamento, vedi stipendi e utenze”. Così ci racconta al telefono Enzo Fiammetta, direttore del Museo, con voce tesa, nervosa, e un tono a tratti spaesato. Lui, insieme al nuovo presidente della fondazione, Francesca Corrao, decidono dunque di darci un taglio.
Da cinque mesi gli otto dipendenti in servizio non percepiscono lo stipendio: “L’impasse dura da tempo. Ma tra l’ultima fase del governo Lombardo e le elezioni, ormai da settembre non se ne viene a capo”. Proprio l’ex Governatore Raffaele Lombardo, in realtà, uno spiraglio l’aveva aperto: “Quando morì Ludovico Corrao ci aveva non dico promesso, ma quantomeno ventilato la possibilità di un aumento del budget annuale. Ma alle parole fece seguito un ulteriore taglio, senza alcuna possibilità di ridiscuterne”. Niente integrazioni, si fa tutto, o quasi, con quei 300mila. A parte qualche altro introito che arriva qui e là, tramite bandi e contribuiti di altri enti. La Provincia di Trapani, per esempio. Apriti cielo: tasto dolentissimo, pure questo. “ Ogni anno ci versano un piccolo gettone, poca roba, circa 30mila euro. Per il 2012 si erano impegnati per 70. Ci contavamo, li avevamo messi nella previsione di spesa, è una cifra che ci avrebbe consentito di superare l’anno. Ma si è rivelato un bluff”.

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Enzo Fiammetta, Direttore del Museo delle Trame Mediterranee di Gibellina

E poi il solito, annoso, gravosissimo problema: la burocrazia. Sempre lei, odiosa gabbia faraonica. Passaggi complessi, lentezze estenuanti e i fondi – che già bastano appena – sempre in ritardo. Non si riescono a pagare i fornitori, non si riescono a garantire gli stipendi.  “La grande mostra ‘L’Islam in Sicilia’, per esempio, curata da Bonito Oliva la scorsa primavera, è stata rendicontata in luglio, ma ancora i soldi non arrivano”, spiega Fiammetta. “Il punto è che a fronte dei tagli, che magari in questo momento sono anche necessari, sarebbe utile adottare delle procedure più snelle e veloci, a partire dalla quantità e dall’organizzazione del personale. Così che la macchina diventi più efficace”. Come dargli torto? Un cancro, questo della burocrazia. Che, abbinato alla progressiva diminuzione dei contributi economici e allo sperpero criminale dei fondi europei, rende impossibile portare avanti un lavoro di ampio respiro e a lungo termine. Dunque, se entro la fine dell’anno potessero arrivare i 90mila euro residui, che la Regione deve ancora sborsare per il 2012, si potrebbe coprire il buco attuale. Ci sono speranze? “Devo dire che qualcosa si sta muovendo. Il nuovo dirigente generale dei Beni Culturali  ha mostrato subito attenzione, si è fatto carico della situazione e stiamo dialogando per trovare una via d’uscita in tempi brevi”.
E pare sia proprio saltato per aria, il dirigente Sergio Gelardi, quando Fiammetta gli avanzò una posposta un filo estrema: “In effetti sì, gli abbiamo comunicato che volevamo vendere alcune opere della collezione. Un modo per fare fronte all’emergenza”. Vendere, per sopravvivere. Peccato che le opere della Fondazione siano vincolate come beni pubblici: lo Stato qui interviene e – per fortuna – evita che se ne faccia merce per collezionisti. “È giusto che sia così, la nostra era una provocazione, se vuoi. Ci hanno subito bloccati e hanno garantito che una soluzione, insieme, l’avremmo trovata”.

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Il Senatore Ludovico Corrao, fondatore della Fondazione Orestiadi

Si cerca dunque un modo per metterci una pezza ed evitare qualche mese di stop al Museo, nell’attesa di capire se, col bilancio 2013, un aumento dei finanziamenti sarà possibile: “Noi chiediamo che si riporti il contributo regionale a 450mila euro”. Ma ci sarebbe, altresì, da mettersi a lavorare per individuare sistemi gestionali nuovi, utili ad affrontare il futuro. E nel frattempo che succede? “Per adesso il museo resta chiuso, come segno tangibile di qualcosa che non funziona. Ma il lavoro prosegue. Abbiamo dei bandi importanti in scadenza ed entro febbraio dobbiamo presentare dei progetti esecutivi: se ci fermiamo possiamo metterci una croce. Le integrazioni di altri finanziamenti sono essenziali”.
E le Orestiadi? Anche per il celebre festival diretto da Claudio Collovà si è parlato di una possibile chiusura, gridando allo scandalo. Quanto c’è di vero? “Il festival costa tra i 60 e i 70mila euro. Una cifra piccolissima, facciamo i miracoli, garantendo qualità e artisti internazionali che fanno sperimentazione. Ma grosse produzioni non possiamo permettercene, non si cresce. Senza considerare che i fondi che riceviamo servono ad attivare economie, a pagare elettricisti, costumisti, operai, fonici. Insomma, a fare produzione. E la produzione va pianificata e gestita con delle garanzie.  Nonostante questo lavoreremo perché non salti nulla. Il nostro intento è garantire le attività e andare avanti”.

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Orestiadi di Gibellina, Massa e Potere, regia di Claudio Collovà – foto Josè Florentino

Ma poi Fiammetta aggiunge una nota, tutt’altro che secondaria. Uno dei grandi nodi della questione: “La verità? È che occorrerebbe fare, per tutta la Sicilia, una seria politica di programmazione delle attività culturali, più a largo raggio. I soldi sono di meno, è un fatto. Ma di enti poco utili, per non dire inutili, ne vengono finanziati tanti. I pochi soldi che ci sono spesso vengono spesi male: vanno razionalizzati, evitando dispersioni e puntando su una redistribuzione che guardi alle eccellenze”. Il viziaccio degli enti pubblici è sempre lo stesso: finanziamenti a pioggia, investiti su micro progetti di scarso valore, che rispondono in certi casi a criteri clientelari, di convenienza personale. Nella selva delle raccomandazioni, degli scambi e della parentele, escono fuori bandi costruiti ad hoc, gare pro forma e strategie che scelgono la moltiplicazione del mediocre, anziché la concentrazione orientata al merito. La scusa? Fare lavorare tutti, aiutare più realtà possibili, innescare economie capillari e diffuse. In soldoni: populismo funzionale acchiappa-consensi e dispensa-favori.

Il Baglio Di Stefano1 S.O.S. Orestiadi. Si chiude davvero?

Museo delle Trame Mediterranee, Gibellina

E il carrozzone procede così, con la stessa musica, gli stessi ritmi, la stessa goffaggine di sempre. Finchè capita, una mattina, che spunta un cartello davanti a un museo: “Chiuso per stenti”.  Nell’epoca del precariato succede anche questo. Musei, fondazioni, gallerie che scompaiono. E forse a qualcuno fa anche comodo così. Magari è una strategia per rimuovere il problema: ammazzarla la cultura, colpirla a morte lentamente, aspettando che s’infiacchisca, che demorda, che si tolga di mezzo da sola. Perché la cultura, per le Istituzioni, è un problema, non una chance: con tutta la fatica di spremere bilanci ormai a secco, di distribuire quel poco che c’è e di farlo mantenendo poteri ed equilibri; e con la fatica di doversi inventare nuovi sistemi, nuove formule di gestione, nuovi corsi e parametri di sviluppo. E intanto tagliano, dai piani alti. Tagliano sulla scuola, la sanità, i servizi sociali, la cultura. Tagliano a livello dei corpi e dei cervelli, laddove l’individuo c’è, si fa, si fortifica. Tagliano senza cercare, prima o durante, una maniera per fare della cultura un’opportunità, un attivatore economico, calamita per capitali e flussi turistici. Troppo complicato e sottile il senso che dovrebbe muovere tutto questo: migliorare le condizioni di vita di un Paese non equivale a concedersi un lusso. Equivale, semmai, a produrre altro benessere. Il new deal, contro il virus della depressione, passa anche e soprattutto da qui.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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