Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Proprio quando il suo “Tristanoil” raggiungeva il 287esimo giorno di proiezione presso la Galleria Frittelli di Firenze, il grande poeta della neoavanguardia ci ha voluto raccontare la sua personale esperienza dell’arte. Tra computer, sistemi combinatori e impegno sociale, una lunga e ampia riflessione su una ricerca che procede ininterrotta da oltre cinquant’anni.

Partiamo da Tristanoil. Quando hai avuto la prima idea per questo progetto?
Qualche tempo fa avevo fatto un piccolo video, che riprendeva proprio le catastrofi naturali, e da qui mi è venuta l’idea di fare qualcosa di più ampio. Questo era il tema, però contemporaneamente c’era l’idea di utilizzare lo stesso procedimento del mio libro Tristano: pensavo che fosse possibile trasporlo dalla narrativa (se così ancora si può chiamare) a un’opera d’immagini in movimento.

Il video appare come una sequenza di capitoli numerati, che possono proseguire fino all’infinito. Era questo anche il “funzionamento” di Tristano?
Per ogni capitolo del libro, il computer selezionava dieci elementi a caso da un insieme di venti. Qui invece abbiamo un magazzino di 139 clip, lunghe circa un minuto ognuna, e il sistema ne preleva dieci per comporre i singoli episodi. Di qui l’infinità: perché il processo si ripete sempre nuovo, e le combinazioni possibili sono nell’ordine dei miliardi.

Osservando il video, sembra di notare una manipolazione su più piani, sia visivo che sonoro.
La manipolazione del video è semplicemente una sovrapposizione. C’è questo sfondo, che è come un petrolio che scorre, alterando i colori e le forme. In esso entrano di volta in volta le clip, ci restano per un minuto ed escono con dissolvenza. All’audio dei singoli video, abbiamo poi sovrapposto una mia lettura di un brano di Tristano, su cui è stata fatta un’elaborazione elettronica, che ha rotto e sminuzzato le singole parole. Questo sminuzzamento elettronico è un po’ simile all’effetto del flusso di petrolio: è continuo, si ripete, e si sovrappone casualmente agli altri brani. E infine ci sono delle scritte, che compaiono tra un clip e l’altro, e sono anch’esse tratte dal romanzo Tristano.

Vestir bene 1963 collage cm 335x24 Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, Vestir bene, 1963, collage

Il tutto, frutto di un lungo lavoro di squadra.
Quando ho avuto la prima idea, ne ho discusso con Giacomo Verde, con cui ho fatto alcune prove per il video. Raggiunto un risultato soddisfacente, la programmazione del software è stata affidata a Vittorio Pellegrineschi, mentre il sonoro è stato curato da Morgan Bennett. È uscito proprio ora un catalogo [presso Il canneto editore, N.d.R.] che descrive anche le fasi di preparazione, e offre pure una “ricetta” per il video.

Al cuore di questo progetto, ma anche di tutta la tua produzione artistico/letteraria, il computer svolge un ruolo determinante. Ma è solo uno strumento o anche qualcosa di più?
Fin dall’inizio, l’ho sempre considerato come un semplice strumento. Uno strumento molto utile, perché ha un aspetto fondamentale, almeno sul piano combinatorio, che è la sua enorme velocità. Velocità che introduce anche il problema della casualità, perché mentre la combinazione manuale non esclude del tutto la previsione, con il computer arriviamo davvero ad ottenere l’imprevedibile, il caso assoluto.

Nella società attuale, il computer (in tutte le sue nuove forme) sta diventando un oggetto sempre più connotato. Come consideri questa mutazione in atto?
In genere sono molto problematico su questa feticizzazione delle tecnologie: perché penso che, in fondo, questo grande uso che ne è stato fatto anche nelle arti visive, non ha poi prodotto risultati particolarmente interessanti. Il computer è uno strumento che ti può aiutare, certo, ma a credere che da qui possa divenire direttamente (o indirettamente) creativo, non ci penso proprio. È un’illusione, frutto dei nostri tempi.

Terra di nessuno 1963 collage cm 29x255 Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, Terra di nessuno, 1963, collage

Ma non sono pochi i festival e convegni, in questi ultimi tempi, che parlano proprio di arte e intelligenza (o addirittura vita) artificiale.
Ma questo è interessante da un punto di vista scientifico! Però sul piano artistico, come creazione, non penso che possa darci qualcosa. Certo, uno può trovare dei valori artistici anche in prodotti tecnologici, ma non penso che questo sia molto interessante in sé, perché credo piuttosto che un prodotto artistico dovrebbe esprimere un’emozione condivisa tra creatore e fruitore. C’è un passaggio. Le macchine non fanno questo: sono solo strumenti, come l’automobile per spostarsi, o il pennello per dipingere.

Da dove deriva, invece, questo tuo interesse per l’arte combinatoria?
Questa è una sensibilità che sta proprio alla base della mia scrittura poetica. Perché quando scrivi una poesia, tu combini parole, versi e strofe. È tutto un combinare e ricombinare… E la combinazione è molto più facile, se fatta coi segni e coi colori, o con i suoni della musica: le parole invece hanno un significato, per cui non puoi accostarle come ti pare. In fondo l’arte (che non sia puramente figurativa) ti offre molto più di una semplice immagine: è piuttosto un’idea delle infinite possibilità che questa immagine, modificandosi e cambiando, potrà assumere.

Ma è passato oltre mezzo secolo dall’OuLiPo! Cosa possono ancora offrirci, oggi, le pratiche combinatorie?
Possono aiutarci ad ampliare un poco gli orizzonti della nostra visione. Quando ho fatto il romanzo Tristano in copie multiple, ognuna diversa dall’altra, volevo soprattutto uscire dalla tecnica della riproduzione meccanica. La stampa gutenberghiana non fa che produrre oggetti sempre identici. Ma è piuttosto allucinante, per me, trovare in libreria una pila di libri tutti orribilmente uguali uno all’altro. Nella natura non c’è questo! In un albero, la foglia è la stessa, ma tutte sono un poco diverse l’una dall’altra. La meccanica è profondamente innaturale, perché fa come se fossimo tutti identici. L’idea era che questi miei libri fossero un po’ come le foglie di un albero, tutte simili eppure uniche.

Nanni Balestrini polizia 001165 still frame dal video “Tristanoil” 2012 Epson inkjet print su tela canvas cm 60x90 Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, polizia-001165, still frame dal video Tristanoil, 2012

Un riportare l’arte alla natura… idea piuttosto romantica, direi!
Non proprio, perché – se ci pensi – solo le tecnologie elettroniche hanno potuto permettere di realizzare questa disposizione combinatoria. Infatti questo libro è stato realizzato nel 2007 con la stampa digitale: con le tecnologie che c’erano nel 1966, quando lo pubblicai per la prima volta, non avrei mai potuto fare tutte queste copie sempre diverse… Portare il processo creativo più vicino alla natura, quindi, non significa solo imitarla, ma anche imparare a perdere una certa abitudine. Noi siamo abituati a pensare – per esempio – che le sedie su cui adesso sediamo, tutte le sedie in questa stanza siano identiche, ma sarebbe più bello pensarle come noi, ognuno un po’ diverso dall’altro.

Lo stretto rapporto tra scrittura e immagine è stato da sempre il tratto distintivo della tua ricerca. Ma dov’è che queste due dimensioni entrano in contatto? …o verrebbe da dire: come si combinano?
Il fatto combinatorio è certo più legato alla poesia: le rime e gli accenti sono sempre basati su numeri e ripetizioni. Avendo iniziato dalla poesia, ho reimpiegato questa pratica attraverso gli elementi visivi. Fin dall’inizio, ho sempre fatto dei collage di parole, perché per me le parole sono in primo luogo oggetti, sono fatti visivi.

E da qui, come si è arrivati alle immagini in movimento di Tristanoil?
È qualcosa che c’è sempre stato, in tutto quello che ho fatto finora. I collage e le opere visive, ad esempio, ho sempre voluto produrle in forma seriale, come un insieme di quadri che sviluppassero uno stesso tema. Non erano immagini in movimento, ma diverse immagini che si sviluppavano tra di loro. È quello che m’interessa fare ora e che continuerò a fare. Non so ancora bene dove arriverò, ma voglio scavare in questa direzione.

Credete nel destino 1963 collage cm 335x255 Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, Credete nel destino, 1963, collage

Parliamo invece un poco dell’impegno politico. A una persona come te, in prima linea nei conflitti sociali degli Anni Sessanta e Settanta, che impressione fa il mondo attuale? Dove converrebbe intervenire, oggi?
Con Tristanoil invito a un intervento molto preciso, prendendo coscienza della catastrofe che si sta avviando. E il petrolio la rappresenta nel modo più incisivo: perché causa non solo inquinamento (lo smog e le maree nere), ma anche speculazione finanziaria. Questo impegno non è più legato a una particolare ideologia: è un impegno sociale universale, perché la catastrofe coinvolgerà tutti, di qualsiasi schieramento o condizione. È una lotta contro un nemico globale, che molti ancora fingono di non vedere.

Quali sono i tuoi progetti attuali?
Sto lavorando a molti progetti, ma per il momento il mio interesse primario è portare avanti la proiezione di Tristanoil. Il 12 dicembre si sposterà al Macro di Roma, poi andrà a Torino, a Napoli… e poi lo farò continuare in Rete, almeno finché dureranno le reti!

Per concludere, quali sono i tuoi giudizi sulle produzioni artistiche di oggi?
Devo dire che ci sono molte cose interessanti. Ho notato pure una certa ripresa di un discorso d’impegno, di critica sociale: anche se penso che questo potrebbe diventare un pericolo, se si mettono troppo in risalto i contenuti. Non bastano i contenuti per fare l’arte! Però in generale ho l’impressione che siamo in una buona epoca di manierismo: perché se andiamo a vedere, tutto quello che viene proposto ora è una rielaborazione di cose già fatte cinquant’anni fa: idee che vengono riciclate, spesso con grande maestria.

Nanni Balestrini dollar 000203 still frame dal video “Tristanoil” 2012 Epson inkjet print su tela canvas cm 60x90 Col computer come pennello. Parla Nanni Balestrini

Nanni Balestrini, dollar-000203, still frame dal video Tristanoil, 2012

Un periodo di stagnazione, quindi?
Sì, però lo trovo anche abbastanza fisiologico. Non possono esistere periodi continuamente emergenti. Già ne abbiamo avuti almeno due nello scorso secolo. Dopo le Avanguardie, gli anni ’60 (ma anche i ’50) sono stati davvero straordinari, sia per l’arte, che per la letteratura e la musica, ed è assolutamente impossibile che questo si possa ripetere ogni decennio! Questa fase che stiamo attraversando mi sembra del tutto naturale.

Simone Rebora

Firenze // fino al 15 dicembre 2012
Nanni Balestrini – Tristanoil
FRITTELLI ARTE CONTEMPORANEA
Via Val di Marina 15
055 410153
[email protected]
www.frittelliarte.it

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Simone Rebora

Simone Rebora

Laureatosi in Ingegneria Elettronica dopo una gioventù di stenti, Simone capisce che non è questa la sua strada: lascia Torino e si dedica con passione allo studio della letteratura. Novello bohémien, s’iscrive così alla Facoltà di Lettere a Firenze, si…

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