Macao, ancora. A Milano, all’ex Macello di Viale Molise, si parla di fabbriche-città. Due giorni per riflettere sul sistema delle industrie creative. I lavoratori (precari) dell’arte: choosy o sfruttati?

Sei mesi, settantacinque lavoratori dell’arte, un progetto. Ovvero: 69.300 ore. Il tempo che c’è voluto per fare Macao e arrivare fin qui. Tempo perso, diranno alcuni, gli scettici: la bomba esplosa lo scorso maggio si è presto rivelata un caos, un’esperienza convulsa e confusa, annegata della retorica dei buoni principi e dei beni comuni, ma […]

Sei mesi, settantacinque lavoratori dell’arte, un progetto. Ovvero: 69.300 ore. Il tempo che c’è voluto per fare Macao e arrivare fin qui. Tempo perso, diranno alcuni, gli scettici: la bomba esplosa lo scorso maggio si è presto rivelata un caos, un’esperienza convulsa e confusa, annegata della retorica dei buoni principi e dei beni comuni, ma senza una strategia sufficientemente forte, una coesione vera e una progettualità radicale. Tempo guadagnato, diranno altri, i combattenti della prima ora: è stata una grande scommessa, un’impresa esaltante, con la voglia di scendere in piazza a riprendersi ciò che le istituzioni sorde avevano negato. Riprendersi gli spazi ma, soprattutto, il desiderio di esserci, di proporre e ripensare un modello. Questo, in sintesi, è Macao agli occhi della gente.
Macao che – ancora vivo e vegeto – continua le sue attività nell’ex Macello occupato di via Molise. E che, allo scoccare simbolico di questi sei mesi, vuole fare il punto. Ci prova adesso con un seminario, battezzato proprio “69.300 ore”: tutto il tempo della propria esistenza. Di cosa si discuterà? Partendo dall’analisi delle realtà lavorative all’interno delle industrie creative, si proverà a discutere intorno ad alcune possibili pratiche di gestione, ricomposizione e autogoverno, sulla base di quanto sperimento con l’esperienza Macao. Tra gli ospiti alcune delegazioni di spazi gemelli: dal Teatro Valle di Roma alle S.a.L.E Docks di Venezia, all’Asilo della Conoscenza di Napoli.

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Macao – la locandina di un incontro

Un momento di dialogo e riflessione, voluto da una piccola comunità di persone che dicono di volerfare (qui e ora) dell’arte e della cultura strumenti di trasformazione della realtà”. Come? Scagliandosi, innanzitutto, contro “l’ideologia del neoliberismo culturale, quella della ‘classe creativa’, per intenderci, ideologia che nella crisi ci appare al tempo stesso grottesca e crudele”.
Il “nemico” è allora quell’industria della cultura identificabile col sistema, che esclude, paralizza e isola, oppure che ingloba secondo forme di sfruttamento sociale. Storia vecchia, insomma, impregnata di sessantottismo e di ritornelli antagonisti. La differenza la fanno le proposte, la qualità dell’offensiva, le soluzioni e le strategie. Che non possono assomigliare a quelle di qualche stagione fa e che non possono prescindere dal rapporto con le Istituzioni. Ma il vizio della retorica e di un certo autismo di maniera è dietro l’angolo. Un vizio di cui Macao ha sofferto.
Si parlerà, soprattutto, di “fabbriche-città”: modelli produttivi decentrati, partecipati, edificati su basi anti-liberiste, contro il precariato dei lavoratori, contro l’arroganza del manistream, contro le vecchie formule dettate da governance pubbliche e mercato. Macao, insomma, ci riprova. Ancora e ancora, tra l’1 e il 2 dicembre. Sperando che la ricetta non sia, semplicemente, quella d’occupare un ex macello comunale di periferia e farsi sistema chiuso, isola, élite resistente.

– Helga Marsala

www.macao.mi.it

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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