Una Sant’Anna in forma smagliante

Non si giudica una mostra dalla locandina. Il visitatore ormai saturo di “ori”, “tesori”, “masterpieces” e “chefs-d’oeuvre” non si lasci pertanto spaventare dal titolo thriller della bella mostra parigina. Dietro “L’ultimo capolavoro di Leonardo” si nasconde infatti ben più del canto del cigno vinciano, come illustra la nuova recensione della rubrica a cura dell’Osservatorio Mostre e Musei della Scuola Normale di Pisa.

La mostra parigina su L’ultimo capolavoro di Leonardo nasce dal recente restauro di una delle più importanti opere di pittura italiana del Louvre, la Sant’Anna di Leonardo. Rassegne di questo tipo sono sempre più ricorrenti nel panorama espositivo contemporaneo e, qualora evitino il peccato capitale della spettacolarizzazione mediatica del restauro, possono essere concepite in maniera efficace: si pensi alle piccole esposizioni del Bargello, incluse nel prezzo del biglietto del museo, seguite agli interventi sull’Attis di Donatello e sulla Predica del Battista di Rustici.
Il restauro della Sant’Anna non ha mancato di suscitare clamore mediatico negli ultimi mesi, alimentato principalmente dalle polemiche che hanno spaccato il comitato scientifico responsabile dei lavori.

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La Sant'Anna di Leonardo restaurata

Nel percorso espositivo, la funzione dell’intervento è stata correttamente presentata al pubblico: non si parla infatti – come spesso avviene purtroppo altrove – di una panacea capace di cancellare d’un solo colpo di spugna un’alterazione secolare, quanto di un’operazione suscettibile di recuperare un’immagine più vicina all’originale di quella attutita dalle vernici e dalla sporcizia; inoltre, vengono discussi in maniera critica i risultati di indagini non invasive, come la riflettografia.
Il percorso della mostra può essere idealmente suddiviso in due parti principali: la prima, che si distingue per un’argomentazione incalzante e ben costruita, tenta di ricostruire il processo creativo che sta alle spalle della tavola del Louvre, mentre la seconda, più discontinua, fa i conti con i molteplici percorsi della fortuna dell’opera.

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Il cartone di Leonardo proveniente dalla National Gallery di Londra

Nelle prime sale sono chiamati a raccolta schizzi di Leonardo, copie, documenti d’archivio, per avanzare l’ipotesi che la Sant’Anna su tavola sia stata preceduta da tre cartoni, di cui si conserverebbe solo il primo, riconoscibile nel ben noto pezzo di Londra. Gli argomenti sollevati si inanellano in un discorso estremamente serrato, ed è da mettere in evidenza il modo in cui la mostra invita il visitatore a fare concretamente i conti con le perdite materiali dei cartoni, le cui composizioni sarebbero ricostruibili grazie a copie coeve (che giustamente non si è rinunciato a esporre, benché spesso di qualità modesta) o a descrizioni scritte (queste ultime rigorosamente accompagnate in mostra da una traduzione integrale in francese): la prima sezione è dunque effettivamente riuscita, anche per lo sforzo di fornire al visitatore un buon numero di documenti che permettano di verificare realmente l’efficacia dell’argomentazione proposta dal curatore.

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Il Tondo Pitti di Michelangelo

Di contro, il seguito della mostra non riesce a mantenere un così rigoroso ritmo. Il tema della fortuna della Sant’Anna è affrontato in quattro tempi principali: la ricezione dell’opera a Firenze (ove furono abbozzati i cartoni), a Milano e in seguito in Francia (ove la tavola seguì i viaggi di Leonardo), infine la posterità otto-novecentesca. Destano innanzitutto perplessità alcuni spostamenti: era davvero necessario chiedere in prestito un’opera importante come il Tondo Pitti di Michelangelo (Firenze, Museo Nazionale del Bargello), che con la Sant’Anna non intesse una relazione di discendenza diretta? O ancora, per quanto appartenenti al Louvre, è veramente giustificato spostare dalla Grande Galerie (e dunque privare alla vista del visitatore delle collezioni permanenti) la Sant’Anna di Pontormo o la Carità di Andrea del Sarto, il cui apporto al percorso è irrilevante?

Daniele Rivoletti
mostreemusei.sns.it

Parigi // fino al 25 giugno 2012
La Sainte Anne, l’ultime chef-d’œuvre de Léonard de Vinci
a cura di Vincent Delieuvin
MUSÉE DU LOUVRE
+33 (0)1 40205317
www.louvre.fr 

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Daniele Rivoletti

Daniele Rivoletti

Daniele Rivoletti (1983) si è formato alla Scuola Normale Superiore e alle Università di Pisa e di Amiens; ha quindi proseguito le sue attività di insegnamento e di ricerca a Montpellier e a Pau. I suoi principali ambiti di ricerca…

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