Postmodernismi

Il postmodernismo in architettura è stato un fenomeno deleterio o no? La risposta è: dipende. Dipende dall’interpretazione che vogliamo dare a una parola ambigua. E l’ultimo libro di Charles Jencks non aiuta a chiarire.

Se per postmodernismo intendiamo il periodo che segue la crisi del Movimento Moderno, la risposta non può che essere negativa. Non viviamo più nell’epoca meccanica, non perseguiamo lo standard che accomuna tutti, scappiamo dall’ideologia dell’existenz minimum.  È quindi un bene che la ricerca attuale si stia orientando verso la differenziazione, la personalizzazione e ciò che non è strettamente necessario.
Ma se per postmodernismo intendiamo uno stile, che ha avuto il suo apice negli Anni Ottanta ed è stato propugnato da Paolo Portoghesi, da Aldo Rossi e, fuori dai confini nazionali, da Michael Graves, Philip Johnson e dalla coppia Stirling/Wilford, allora la risposta è: sì, il postmodernismo è stato un fenomeno deleterio; ha prodotto architetture oscene e poco funzionali, appesantite da una insopportabile componente iconica. Tanto marcata da far impallidire gli architetti venuti dopo e che su questo versante non ci sono andati neanche loro tanto leggeri, quali Frank O. Gehry, Rem Koolhaas, Zaha Hadid, Daniel Libeskind.

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Charles Jencks - The Story of Post-Modernism: Five Decades of the Ironic, Iconic and Critical in Architecture

Sulla confusione tra le due diverse accezioni di postmodernismo scivola Charles Jencks nel suo ultimo libro: The Story of Post-Modernism, Five Decades of the Ironic, Iconic and Critical in Architecture (Wiley, pagg. 272, € 84). Nonostante sia lui stesso a distinguere almeno tre diverse interpretazioni del termine, poi non esita a mettere in uno stesso calderone i personaggi più disparati. E così Herzog & de Meuron si trovano vicino a Ricardo Bofill e anche a Renzo Piano. Un libro da non leggere, quindi? Direi di no. Nonostante l’irrimediabile difetto di fondo, ci sono poche persone che conoscono l’architettura contemporanea meglio di Jencks. E meno ancora che la sanno raccontare così bene. Merito suo è farci capire che, senza considerare le acquisizioni di natura linguistica dei postmodernisti Anni Ottanta (gusto della citazione, ricorso a figure iconiche, doppio codice, logiche compositive parattattiche piuttosto che sintattiche), sarebbe difficile inquadrare bene l’architettura – a nostro parere non postmodernista – dei giorni d’oggi.

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Zaha Hadid - Bergisel Ski Jump

Certo non si può non trasalire quando Jencks esalta edifici mostruosi come l’Università statale di musica di Stoccarda di Stirling e Wilford, il Portland Building in Oregon di Michael Graves o quando autopromuove le proprie opere. È però un prezzo che si può pagare per uno tra i pochi libri di architettura che si può leggere con piacere.

Luigi Prestinenza Puglisi

Charles Jencks – The Story of Post-Modernism: Five Decades of the Ironic, Iconic and Critical in Architecture
Wiley, 2011
Pagg. 272, € 84
ISBN 9780470688960
eu.wiley.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #6

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Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi (Catania 1956). Critico di architettura. Collabora abitualmente con Edilizia e territorio, The Plan, A10. E’ il direttore scientifico della rivista Compasses (www.compasses.ae) e della rivista on line presS/Tletter. E’ presidente dell’ Associazione Italiana di Architettura e Critica…

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