All’Inferno, tutti all’Inferno!

Un triangolo: al centro Dante, ai vertici Doré, Scaramuzza e Nattini. Un confronto, ma anche uno scontro, che prende il via dall’idea di mettere in mostra la Divina Commedia e le interpretazioni che ne hanno dato i tre artisti. Succede fino al primo luglio alla Fondazione Magnani-Rocca, nel parmense.

È poesia, ma anche visione; sono versi e canti, ma anche immagini. La Commedia di Dante è sempre stata sorgente di rappresentazioni, di suggestioni visive che si imprimono nella mente di ogni lettore e, naturalmente, degli artisti che fin dal Medioevo si sono cimentati nella sua illustrazione in miniature e dipinti, affreschi e incisioni. Ora una mostra mette in scena tre grandi cicli su Inferno, Purgatorio e Paradiso: quelli di Gustave Doré, di Francesco Scaramuzza e di Amos Nattini. Tre generazioni, tre differenti interpretazioni dantesche, tre diverse tecniche.
Le celebri xilografie di Gustave Doré (Strasburgo, 1832-1883), realizzate tra 1861 e 1868, hanno costituito un autentico caso editoriale per il loro successo straordinario, unendo visionarietà, “sublime” e spirito romantico, in un equilibrio compositivo che ancora oggi colpisce per l’efficace resa del viaggio nell’Aldilà. Attualissime, forse anche grazie all’uso di modelli neomedievali che sono passati indenni attraverso le correnti artistiche, trovando rifugio e accoglienza in quello che oggi riconosciamo come fantasy e che, da Walt Disney in poi, è parte del nostro patrimonio visivo.

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Amos Nattini - Divina Commedia, Inferno canto XVII, Gerione

A confronto diretto con le opere di Doré ci sono i disegni (tantissimi) di Francesco Scaramuzza (Sissa, 1803 – Parma, 1886), del quale fu paladino il dantista Luciano Scarabelli il quale, indignato dallo scarso riscontro tra i contemporanei, ne sostenne la superiorità rispetto al rivale francese. Scaramuzza rende la Divina Commedia con uno stile perfettamente accademico e di molto debitore del concittadino Correggio: toni smorzati, emozioni pacate, putti svolazzanti e, nelle raffigurazioni del Paradiso, un tripudio di voli, sguardi sognanti e mani giunte.
Ultimo ciclo, più recente, quello di Amos Nattini (Genova, 1892 – Parma, 1985). Frutto di vent’anni di lavoro, le cento tavole ad acquerello costituiscono una carrellata che segue una scala cromatica e una struttura compositiva meditate quanto d’effetto: dai toni blu e rossi dell’Inferno, dove le prospettive sono scorciate o addirittura ribaltate, ai colori vivaci – il verde, in primis – del Purgatorio e infine alla luce dorata e alle figure fluttuanti del Paradiso.

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Gustave Doré - Divina Commedia, Inferno canto XIX, I poeti si fermano a parlare con Niccolò III

La mostra punta quindi sulla ricerca, su un’idea da esporre e dimostrare, lasciando a pubblico e critica lo spazio per una visione incrociata e suggestiva tra le raccolte. Operazione stimolante, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di osservare i cicli nella loro completezza, e l’intento di una rivalorizzazione delle glorie locali – Scaramuzza e Nattini – rispetto al più anziano e straniero illustratore è esplicito. Ma se Nattini riesce a costruire un sistema originale, pienamente novecentesco nonostante i presupposti classici (e michelangiolesco) imprescindibili, i disegni accademici e “graziosi” di Scaramuzza non reggono il confronto con Doré, con la forza e la potenza di incisioni che non a caso sono diventate un must del corredo visivo a Dante.

Marta Santacatterina

Mamiano di Traversetolo // fino al 1° luglio 2012
Divina Commedia. Le visioni di Doré, Scaramuzza, Nattini
a cura di Stefano Roffi
FONDAZIONE MAGNANI ROCCA
Via Fondazione Magnani Rocca 4
0521 848327
[email protected]
www.magnanirocca.it  

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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