La cultura aliena

Arrivano gli extraterrestri. Ad annunciarlo è anche un (finto) servizio del Tg3. Che gli ufo siano la metafora di una condizione della nostra esistenza? Possibile. Anche se gli alieni sembrano oggi i fruitori della cultura. L'ottimo libro disegnato da Giacomo Monti è ispirazione per Gipi, che porta al cinema “L'ultimo terrestre”. Ma resta colpevolmente nell'ombra. Quindi qualcosa non va.

Due storie all’apparenza simili, due percorsi esistenziali e artistici esasperati dalla diversità. E in mezzo ci sono gli alieni, che assumono la sembianza standardizzata del nostro immaginario collettivo: corporatura minuta, testa troppo grande per un corpo così esile, occhi neri dal taglio largo. Ma i significati di questi due racconti si spingono molto oltre, fino a toccare la vita e gli equilibri esistenziali e intimi dei loro autori così prepotentemente – e diversamente – autobiografici.
Da una parte c’è Nessuno mi farà del male, una tagliente raccolta di storie disegnate da Giacomo Monti e pubblicata da Canicola. Dall’altra c’è il film L’ultimo terrestre, opera prima di Gipi. Lui che, prima di essere un disegnatore, è un abile narratore, è passato dal disegno al cinema con una leggerezza disarmante. Ha trovato la giusta ispirazione nell’opera di Monti e, dall’accordo di reciproca collaborazione tra Fandango e Coconino, è nata l’idea di questo film così poco apprezzato in sala (basta dare un’occhiata ai miseri incassi) e sufficientemente sostenuto dalla critica. Tant’è che alla Mostra del Cinema di Venezia si è aggiudicato il Premio Arca CinemaGiovani come miglior film italiano, la segnalazione da parte del sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani e il Premio Fondazione Mimmo Rotella.

Img41 La cultura aliena

Gipi – L'ultimo terrestre

“Mi è sembrato di entrare in un fumetto”, dice Roberto Herlitzka, l’Aldo Moro di Buongiorno notte che qui è il padre del protagonista Luca Bertacci, interpretato dall’esordiente Gabriele Spinelli. “Questa bellissima forma d’immagine e letteratura”, aggiunge, “permette una totale libertà che non sempre al cinema è concessa”. Ed è proprio in quel padre che si svela forse troppo frettolosamente nel finale che si sintetizza il piglio decisamente autobiografico di Gipi. Il neo-regista, già abituato a maneggiare telecamere, porta a galla immagini e suggestioni del libro di Monti, attribuendogli però significati personali e diversi. Al cinema come nei libri, Gipi si identifica in personaggi né troppo buoni né troppo cattivi. E alla fine si assolve. Quasi sempre. Monti no. Lui scrive e disegna pezzi di vita con una passione e una fermezza autentica e quasi crudele.
Per questo i suoi racconti – prima pubblicati sulla rivista Canicola e poi raccolti in un volume ristampato in occasione dell’uscita del film con l’aggiunta della storia dal titolo Contro gli dei -, con un segno grafico asciutto ma non minimale, arrivano diretti allo stomaco, lasciando un senso di velata inquietudine. “Siamo molto diversi, io e Gipi. Sia nella poetica sia per il percorso artistico e personale”, racconta Monti. “Nel libro c’è molto del mio vissuto, ma non si tratta di un autobiografismo diretto”. Sì, effettivamente si ha la sensazione di assistere a due biografie parallele e distinte che attingono da una comune base narrativa. Anzi, da visioni. “Il film l’ho visto due volte. E alla seconda mi è piaciuto anche di più. Ma lo ribadisco: l’opera è totalmente di Gipi”. Non è tutto. Perché se Gipi si identifica a suo modo col protagonista, Monti è completamente aderente alle sue narrazioni. “Non ho un personaggio, non mi identifico in nessuno”, dice. “La mia vita è nelle storie, nel modo in cui faccio accadere le cose e nelle parole dei personaggi. Quello è il mio universo. Non c’è assoluzione né un percorso predefinito. Semplicemente mi riconosco nelle situazioni, nelle vicende e nello stile grafico”.

MarkoTurunen4 La cultura aliena

Marko Turunen

Il paradosso più evidente, ora, sta nella risposta del pubblico di fronte alla cultura del fumetto, che di fatto condiziona anche il mercato. Nonostante la popolarità e l’interesse verso i racconti di Monti siano stati alimentati dal prodotto cinematografico, le vendite continuano a stagnare. Eppure ogni autore proposto da Canicola – da Andrea Bruno a Marko Turunen passando per lo stesso Monti – è capace raccontare storie intense dall’alto e inedito profilo artistico. “Il mio è un caso emblematico: un fumetto di nicchia portato all’attenzione di tutti. La speranza era di allargare il bacino di Canicola. Ma al momento è lettera morta”, aggiunge Monti. “Del resto, la gente è ancora troppo legata alla cultura televisiva”. Nella speranza che torni presto a disegnare (“Sto provando a ricominciare ma faccio fatica, a causa di certe cose della vita che non vanno come vorrei…”), ora è impossibile dargli torto.

Gianluca Testa

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Gianluca Testa

Gianluca Testa

Gianluca Testa (Lucca, 1977) è un giornalista che si occupa di arte (in particolare il fumetto) e di temi legati al mondo del volontariato e del Terzo settore. Collabora col Centro Nazionale per il Volontariato, è redattore della rivista Volontariato…

Scopri di più