Moebius, visionario anche nelle tecniche di seduzione

Visioni fantastiche hanno segnato una lunga carriera fatta di fumetti, animazione e cinema. Ma non tutti sanno che Moebius era anche un gran seduttore. L'immaginario di Jean Giraud - o più semplicemente Gir - ha contaminato pure le opere Ridley Scott. E tutto era già chiaro in quel gioco di seduzione teatrale attorno al tavolo di un ristorante di Tokyo…

Il 10 marzo se n’è andato Jean Giraud, noto come Moebius. Bambino prodigio e artista dal piglio visionario, Giraud avrebbe compiuto a maggio 74 anni. La sua morte ha trovato l’eco in migliaia di messaggi amplificati quasi in tempo reale dai social network. Sono seguite analisi critiche e sintetiche biografie di una carriera enorme. Fatta di fumetti, soprattutto. Perché quella era la sua arte. Ma anche di contaminazioni, a partire dal cinema e dall’animazione. A distanza di qualche giorno, facciamo leva su ricordi personali e diretti. Scoprendo, non senza sorpresa, che Moebius – o semplicemente Gir – era anche un affabulatore nell’arte della seduzione.
Fra i tanti epitaffi giornalistici c’è anche quello del giornalista e saggista Luca Raffaelli, che su Repubblica si è occupato (e preoccupato) di scrivere un articolo “istituzionale” sul grande autore, seppur con un taglio piuttosto originale. Pagine ben compensate dal ricordo di Gipi e dal corredo di immagini capaci di esplicitare, esaltandola, l’arte di Moebius. Ed è proprio a Raffaelli che abbiamo chiesto un ricordi personali e particolari rimasti esclusi da articoli e scritti ufficiali.

Per raccontare l’episodio occorre tornare indietro negli anni fino al 1985. Quando Raffaelli, inviato per il salone di Lucca al festival internazionale dell’animazione di Hiroshima, per una serie fortuita di circostanza si ritrovò a Tokyo. “Una situazione che forse ha cambiato la mia vita”, racconta il giornalista. “Dovevo restare a Hiroshima per una settimana, non di più. E uno stranissimo personaggio, un produttore che lavorava in Giappone, conosceva il presidente di Alitalia e fece in modo che il mio biglietto potesse permettermi di andare a Tokyo, dove sarei rimasto per dieci giorni. Non c’erano cellulari né carte di credito. Mi trovavo lì senza soldi e senza alcun contatto”.
Cosa c’entra tutto questo con Moebius? Semplice: si tratta del preludio a un incontro casuale e privato. “Per intrecci di vicende improbabili”, racconta Raffaelli, “ricevetti la telefonata di una giornalista canadese che avevo conosciuto proprio al festival di Hiroshima. Mi invitò a passare una serata con lei. Quindi la raggiunsi in albergo, dove ricevette la chiamata di un disegnatore francese che chiedeva di cenare con lei. Ecco, quel disegnatore era Moebius. Fu una situazione incredibile”.
Jean Giraud, infatti, si trovava in Giappone per la realizzazione di Little Nemo, un cortometraggio animato – omaggio a Winsor McCay – su cui si trovava a lavorare cinque anni dopo aver contribuito come “conceptual artist” a un film della Disney: Tron. In quel nutrito gruppo si trovava, fra gli altri, anche Frank Thomas, animatore della scuderia Disney che in cinquant’anni ha lavorato a film come Biancaneve e i sette nani, Fantasia e Alice nel paese delle meraviglie.

“Trovarmi a cena con Moebius”, prosegue Raffaelli, “fu una grande emozione. Anche perché, di fatto, andavo a conoscere personalmente un autore di cui avevo scritto molto sull’edizione italiana della rivista ‘Métal Hurlant’, edita da Nuova Frontiera. Per me significò entrare in contatto con una personalità straordinaria”. Il colloquio, quella sera, fu molto particolare. “Indubbiamente Jean Giraud era molto più interessato alla giornalista canadese che non a me. Era visibilmente catturato da lei”, prosegue il giornalista di Repubblica. “Era una donna davvero molto bella. Tentava di affascinarla con ricordi ed esperienze. Era un affabulatore. Cercava le parole per disegnare visioni, situazioni e sorprese capaci di catturare la sua attenzione. Stavo assistendo a questo incontro con l’ammirazione di un ragazzo appassionato di fumetti che vede il grande maestro esibirsi in un’avventura un po’ teatrale”. Così Moebius si dimostrava un visionario anche nelle tecniche di seduzione.

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Moebius

Nel corso della sua vita Raffaelli ha incontrato Gir in ben altre occasioni, “mai così amichevoli”. Nel corso di Napoli Comicon, nel 2007, “gli ricordai di questa cena”, prosegue il giornalista, “e lui si fece una gran risata. Poi l’ho seguito nelle sue varie avventure fumettistiche in maniera particolare, come se avessi conosciuto una persona in una forma di intimità e arrivassi poi a scoprire che fine ha fatto leggendo le sue interviste e i suoi fumetti. Un po’ come si va alla scoperta di un amico conosciuto a scuola per vedere come ha portato avanti la sua vita. Ovviamente con le dovute differenze”. Fra l’altro Raffaelli e Luca Boschi lo avevano intervistato a Siena, in occasione della mostra Dr. Gir et Monsieur Moebius. “Feci un servizio televisivo che andò in onda su Rai2, da giovanissimo. Ero all’inizio del mio percorso”. Poi, ripensando a quella cena, Raffaelli confessa che “questo suo approccio al magico e all’esoterico” certo non lo ha sorpreso: “In quella serata c’era tutto ciò che avrebbe raccontato a fumetti”.

La trasversalità di Moebius, così capace di creare ponti con le altre arti, l’ha portato a sperimentare ogni tipo di linguaggio. “L’autore di un fumetto”, spiega Raffaelli, “è direttamente e unicamente responsabile del prodotto finale. Ma quando ad esempio si tocca il cinema, spesso la propria opera non è rispettata per problemi produttivi e creativi”. Gir collaborò anche con René Laloux per il film di animazione Les maîtres du temps (1982). “Portai il film in anteprima italiana all’ArciComics, ma fu una delusione”, spiega Raffaelli. “Se si andava a cercare Moebius, beh, non lo si trovava. Si trattava di una produzione a basso costo. E animare i personaggi creati da Moebius mantenendo lo stile originale era decisamente una delle cose più costose che da fare”.
La sua impronta è ben più marcata in altre collaborazioni. È il caso del rapporto con Ridley Scott, che ha influenzato Blade Runner e contribuito alla realizzazione di Alien. In quelle visioni c’è sicuramente una sorta di fedeltà alla poetica visiva di Gir.

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Moebius - Venezia celeste

“Vedi, a volte il talento straordinario mette in crisi chi ce l’ha. Umanamente e artisticamente”, dice Raffaelli cercando di spiegare perché autori come Moebius – e, perché no, anche Andrea Pazienza e lo stesso Gipi – a volte mancano di una serenità che il successo (della narrazione e del segno) dovrebbero (o potrebbero) restituirgli. “Credo che Moebius, a un certo punto, si sia concentrato soprattutto sul tratto di matita più che sulla storia e il sul suo effetto complessivo. È lì che il processo creativo perde il senso di sé e acquista una sorta di trascendenza artistica. Questo”, spiega Raffaelli, “ha creato quel cortocircuito con i lettori. E anche una piccola insofferenza”. Qualcuno, infatti, giudicava il suo lavoro incompleto. “Will Eisner ha realizzato opere più finite e definite. Mentre nei fumetti di Moebius”, conclude il saggista, “c’è una ricerca non soddisfatta. Una sorta di zona d’ombra, un punto interrogativo. Una ricerca che procede nonostante la sua bellezza. O, forse, che si fa insistente proprio per la sua straordinaria bellezza. Il segno di Moebius è migliore di quello di Eisner. Ma nel racconto le parti si invertono”.

Gianluca Testa

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Gianluca Testa

Gianluca Testa

Gianluca Testa (Lucca, 1977) è un giornalista che si occupa di arte (in particolare il fumetto) e di temi legati al mondo del volontariato e del Terzo settore. Collabora col Centro Nazionale per il Volontariato, è redattore della rivista Volontariato…

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