Artista fallito, scrittore irrisolto. Poi grande gallerista: sul prossimo Artribune Magazine, Gian Enzo Sperone raccontato da lui medesimo

“Ero un artista fallito, nel senso che pensavo di essere destinato alla scrittura, ma avendo per fortuna una vigile autocritica avevo capito fin da ragazzo che mi mancava qualcosa. La penna l’ho spezzata nel ’56, quando è uscita l’edizione italiana di Foglie d’erba di Walt Whitman: di fronte a quella meraviglia mi sono detto che […]

Ero un artista fallito, nel senso che pensavo di essere destinato alla scrittura, ma avendo per fortuna una vigile autocritica avevo capito fin da ragazzo che mi mancava qualcosa. La penna l’ho spezzata nel ’56, quando è uscita l’edizione italiana di Foglie d’erba di Walt Whitman: di fronte a quella meraviglia mi sono detto che non avrei mai potuto fare lo scrittore”. E adesso, provate un po’ a indovinare chi è, che esordisce così, nell’ampia intervista pronta per il prossimo numero di Artribune Magazine, in distribuzione a metà marzo?
Ok, vi diamo qualche altro indizio: la sua prima galleria newyorchese fu inaugurata nel 1975, insieme ad Angela Westwater e a Konrad Fischer. Ma lui faceva il gallerista già da dieci anni, a Torino, facendosi alfiere prima della Pop Art e poi dell’Arte Povera. Non ci siete ancora arrivati? Basta, ci arrendiamo: da un anno e mezzo si è trasferito sulla Bowery, in un edificio progettato da Norman Foster. Sì, è il grande Gian Enzo Sperone, raccontato da lui medesimo ai microfoni di Emanuela Avallone. Vi pare il caso di perdervela? Quindi, o vi mettete a fare anticamera in uno dei tanti punti di distribuzione gratuita, oppure ve ne state tranquilli a casa, e a solo 39 euro per un anno vi arriva fresco fresco di stampa…

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Redazione

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