L’Italia tristanzuola del post-Berlu

Ora che il capo televisivo non c’è più, o si è celato dietro il sipario delle sue ancelle giornalistiche, gli italiani si sentono orfani, abbandonati a loro stessi, privi di una guida, tanto a destra quanto a sinistra. Una inchiesta di Leonardo Palmisano, in un libro che esce il 30 novembre. Qui presentata da lui-même.

L’Italia sembra essere un Paese con le idee poco chiare. Con un carattere ondivago e una specifica inconsistenza culturale. Non è il Paese delle subculture, ma un luogo, un territorio del simbolico dove il dibattito sulla post-modernità suona vecchio ancor prima di nascere. Non mi attarderò sulle posizioni di questo o di quel “collega” sul reale che diventa la conseguenza del virtuale, ma su poche idee che descrivono ampiamente quel che adesso avviene nel cosiddetto Paese reale. A cento italiani ho posto la stessa domanda: “Cosa sarà l’Italia dopo di lui?”.
Lui è Silvio Berlusconi. Tutti hanno risposto e da tutti ho potuto trarre una prima lezione: il disorientamento in cui versa la politica italiana è lo specchio di un Paese intero, e viceversa. Dal criminale (lo strozzino intervistato) alla massaia, nessuno ha un preciso orientamento di valore, o una qualsivoglia vocazione all’assoluto che possa far pensare a un futuro radioso. E dunque, massacrati dai berlusconismi di destra, di centro e di sinistra, gli italiani hanno difficoltà a reagire, a replicare. Hanno incassato troppo e ora come pugili suonati tentennano sulle gambe e maturano un odio germogliante.

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Silvio Berlusconi

Nello sviluppo di questa inchiesta, spostandomi liberamente per il Paese, ho trovato la corruzione, l’amoralità, il desiderio di mettere a morte il capo o i capi, il livore, anche una voglia di fare le cose o di riprendere a farle, ma mai la gioia. Sembra quasi che l’Italia sia destinata a portare un lutto pluriennale, fino all’uscita da questa crisi economica e antropologica che, a meno di una rivoluzione, provocherà la morte del pianeta e delle galassie della cultura. Non sono apocalittico, ma penso fermamente che la rapacità del capitale stia soverchiando le possibilità di uscita da questo inferno di globalizzazione. Noi, noi italiani siamo più di altri nella post-modernità, perché più di altri non siamo mai stati nella piena modernità. Eravamo post, forse prima di essere moderni.

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Il casting delle veline in Videocracy

Ora che il capo televisivo non c’è più, o si è celato dietro il sipario delle sue ancelle giornalistiche, gli italiani che ho intervistato si sentono orfani, abbandonati a loro stessi, privi di una guida, tanto a destra quanto a sinistra. In un momento nel quale anche la Chiesa – fortunatamente! – ha mostrato una fragilità morale adeguata ai tempi che corrono. Per questo penso che gli italiani abbiano voglia di riappropriarsi di se stessi dopo essere stati spossessati dell’identità dai giochi televisivi di tutta la politica e della cultura ufficiale nazionale. Italiani come Faust, che dopo aver cercato l’immortalità cedendo alle lusinghe del demonio, ora pretendono di tornare alla terra con un paracadute che si chiama dignità. Ma la dignità, che dovrebbe essere il connotato primo della post-berlusconianità, presuppone una verginità che non c’è.

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Silvio Berlusconi

Certo, io assolvo gli italiani e condanno i direttori dei palinsesti televisivi, i direttori di testata, gli editor che pretendono invano di orientare il mercato mortificando le penne, ma non posso esimermi dal riflettere sulla perversione che si nasconde dietro questo clima da autoassoluzione moltiplicato dalla crisi. Gli italiani che ho intervistato non hanno mai ammesso di avere colpe, di essere correi, di aver partecipato al banchetto che ha spogliato il Paese e scarnificato la cultura. Come i dominanti, i dominati si chiudono nel recinto dell’autosantificazione, perché privi di mezzi – anche quelli culturali. E dunque, m’intristisco anch’io, perché oltre la noia di vivere – ora che anche i festini, i bagordi, il neo-edonismo sono finiti nel cesso grazie alla morte del capo – resta una società senza socialità dove i clan politico-culturali non hanno più un nemico né un amico, ma solo una moltitudine di addolorati avversari: gli italiani, appunto.

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Leonardo Palmisano

Il libro-inchiesta di Leonardo Palmisano, “Dopo di lui. Cosa sarà dell’Italia dopo Silvio Berlusconi?” (CaratteriMobili), sarà in libreria a partire dal 30 novembre.

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