Marisa e la collezione

Intrecci a maglia, volti disegnati con tratti veloci ed evanescenti, testine in argilla cruda. Tutto l'imprevedibile universo di Marisa Merz, in dialogo con la collezione della Querini Stampalia. In quel di Venezia, fino al 23 ottobre.

Fragilità, provvisorietà, incompiutezza. Tutta l’opera di Marisa Merz (Torino, 1931) vive dentro la testimonianza di un fare che non ha fine, di un respiro continuo e appartato, di un messaggio che non supera il limite del sussurro e della reliquia. “Quando penso a Marisa Merz”, ha scritto Claudio Parmiggiani, “penso alle sue mani, alla sua mano. È là che risiede lo spirito del suo lavoro”. Il che è come dire: penso a un’intimità che si rende manifesta, restando intima, a un’azione che non intende eternare cose, ma custodirle, interrogarle, esplorarne l’anima. Non si va mai oltre una tessitura precaria, un blocco di argilla cruda, una tela o una carta dove il disegno rimane a uno stadio di “prefigura”. Un universo enigmatico, senza tempo e insieme fatto solo di tempo, di durata, di continuità.
Senza titolo
(1997), collocato in una stanzetta, subito dopo l’androne d’ingresso, è una costellazione composta da otto triangoli di fili di rame lavorati “a maglia” che dal pavimento salgono sulla parete con un andamento a spirale. È un lavoro di pazienza, di mania esecutiva, di procedura interminabile. Solo che in questa esposizione l’opera della Merz, con tutta la sua cornice energetica ed emozionale, viene messa in dialogo con la quadreria del Palazzo.

3 foto A.Osio Marisa e la collezione

Marisa Merz - Senza titolo (libro) - 2010 - coll. dell’artista - photo Agostino Osio

Questa trama di fili si trova a confronto con la Presentazione al tempio di Bellini; alcuni disegni dalla levità straordinaria sono accostati ai ritratti della famiglia Querini; un volto scuro su fondo oro è avvicinato a una Sacra Conversazione. È il tentativo di farci assistere a una migrazione di motivi, ipotesi, composizioni: è la volontà di far transitare corpi e gesti dalla classicità alla contemporaneità, cancellando ogni antitesi tra le epoche.
Il tema più spesso affrontato è quello del volto, dell’identità, ma ogni rappresentazione del sé è posta come congettura, se non addirittura come problema. E allora prende senso l’avvicinare quello “scherzo di luce” che è la Testa di bambino di Medardo Rosso a una carta che pare un autentico universo di eleganza e di enigmi irrisolti. Come ha senso porre uno degli idoletti barbarici in creta di fronte a uno specchio. L’immagine viene riflessa senza più l’alto piedestallo su cui è posta e dà l’impressione di essere sospesa, spirituale, di un altro mondo. Come le Scarpette (del 1968) in filo di nylon lavorato a mano, che danno letteralmente forma all’impronta e corpo all’ombra. Tutto è posto sotto il segno del divenire.
L’intera mostra pare ricondurre la coscienza del mondo fuori da un sistema fisso e ridefinire l’ordine delle cose, dei luoghi, dei tempi.

Luigi Meneghelli

Venezia // fino al 23 ottobre 2011
Marisa Merz – Non corrisponde eppur fiorisce
a cura di Chiara Bertola
www.querinistampalia.it


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Luigi Meneghelli

Luigi Meneghelli

Laureato in lettere contemporanee, come critico d'arte ha collaborato e/o collabora a quotidiani (Paese Sera, L'Arena, L'Alto Adige, ecc.) e a riviste di settore (Flash Art, Le Arti News, Work Art in progress, Exibart, ecc.). Ha diretto e/o dirige testate…

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