Post-postmoderno. Carsten Höller sfida i luoghi comuni

Höller torna a Milano, con una personale da De Carlo fino all’8 luglio. Una mostra che sorprende, ma non indugia nella spettacolarità. Sensuale come un tentativo di seduzione che si vota eroicamente - e per scelta - al fallimento.

Se ne parla come di un artista-scienziato. Ma è necessario separare aneddoto e opera, riferimento d’origine e significato risultante. Nelle opere di Carsten Höller (Bruxelles, 1961; vive a Stoccolma) la scienza è oggetto di una sublimazione ironica e paradossale, nelle quale risiede il nucleo della sua arte.
Le meditazioni sulla vita animale e vegetale nascondono il vero tono della mostra da De Carlo: una gigantesca copula mancata, il tentativo d’incastro di due poli che non combaciano e non possono fondersi. Il polo maschile è la scienza, quello femminile l’arte, e i tentativi di fecondazione reciproca si concludono a un passo dalla riuscita.
L’intera mostra è un corpo da penetrare passandoci attraverso, un po’ lascivo e festante, un po’ sdegnoso e sterile. Il concettualismo e la spettacolarità si compensano, smentiscono e amplificano a vicenda. Come per disorientare il giudizio del visitatore soggetto ai luoghi comuni: “Bella, ma è un grande luna park”. Niente di meno vero, se un senso di vuoto avvolge anche davanti alle installazioni più spettacolari, rese tali soprattutto dalla presenza di animali vivi.

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Carsten Höller - Canary Scale - 2010

Una gigantesca bilancia ha come piatti due gabbie per uccelli; due topi da laboratorio sono liberi di mostrarsi o di rimanere nascosti nelle parti coperte della teca che li accoglie: nel secondo caso, la spettacolarità rimane virtuale e il punto è l’evocazione dello stupore, più che il suo verificarsi.
La penetrazione è anche letterale nel grande acquario nelle cui rientranze si può inserire la testa, bramando per una fusione con la natura che rimane nella dimensione del dispositivo e della cautela. Ma il vero simbolo della feconda infertilità perseguita da Höller è la teca piena di calchi di funghi. Gli esemplari sono tagliati a metà e fatti velleitariamente combaciare con altre metà, di specie diversa. Mutilate, sghembe, tali ricomposizioni sono il segno di un’asimmetria che sembra collaterale ma è costitutiva: la ricerca svogliata di un equilibrio, una meditazione senza oggetto che non è davvero interessata a una conclusione.

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Carsten Höller - Walrus - 2011

È questa la vera mossa concettuale di Höller. Un primo spunto per il superamento dei dibattiti che invischiano l’arte contemporanea, ormai entrata nella sua fase tarda, post-postmoderna si potrebbe dire. Uno stratagemma per privare di senso cavalli di battaglia degeneri del discorso pubblico, come ‘furbata’, ‘ostico’ oppure ‘provocazione’. Tutto e il contrario di tutto è l’arte di Höller. E niente di definibile in modo così intellettualmente meschino.

Stefano Castelli

Milano // fino all’8 luglio 2011
Carsten Höller – Animal works
www.massimodecarlo.it

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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