Polonia dappertutto

Insieme alla Turchia, la Polonia è l'unico Paese europeo che sta galoppando a ritmi di sviluppo che destano interesse. L'unico Paese che non è appagato del proprio benessere e welfare. L'unico Paese che rischia e vivacizza la scena architettonica, e costruisce nuovissimi musei. L'unico Paese dove gli investimenti pubblici in cultura aumentano e dove vi sono lobby civiche che lo chiedono.

Quest’estate sarà difficile non incappare in un nome polacco visitando le maggiori istituzioni artistiche internazionali, dalla Biennale di Venezia al Wiels a Bruxelles passando per il New Museum di New York; ma anche nella Polonia stessa l’attenzione per l’arte contemporanea è massima e gli addetti si dividono tra musei e festival, tutti di qualità: Alternativa 2011-2012 organizzato da Wyspa a Danzica, WRO Media Art Biennale a Breslavia e Photomonth a Cracovia.
Impensabile fino a qualche anno fa una presenza così sistematica dell’arte polacca nei calendari. Quando Catherine David invitò Pawel Althamer a Documenta X nel 1997, la Polonia era lontana, ai margini della vita economica europea ed esclusa da flussi turistici, eccetto i pellegrinaggi ai campi di concentramento di Auschwitz e Treblinka. È passato poco più di un decennio e il Paese inaugura in questi giorni i sei mesi di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea con un budget di oltre 1 milione di euro per un programma culturale trasversale ideato dall’Istituto Adam Mickiewicz con la collaborazione degli Istituti di Cultura Polacchi (per saperne di più: culture.pl) e il prodotto interno lordo cresce a un ritmo del 4,2% secondo le stime dell’Economist per il 2011.

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Il MoMA di Varsavia

Di fronte all’inarrestabile avanzata della cultura polacca in patria e all’estero viene da chiedersi perché non stia accadendo lo stesso per gli altri Paesi dell’ex blocco sovietico. Secondo Joanna Mytkowska, direttrice del Museo d’Arte Moderna di Varsavia, la risposta è nella continuità tra passato e presente che il Paese ha saputo garantire. “In Ungheria o in Romania, la scena artistica d’avanguardia è stata isolata e trattenuta ai margini dal potere politico fino al 1989”, racconta, “invece in Polonia gli artisti godevano di uno status sociale anche sotto il regime socialista e, pur costretti a una lotta per la sopravvivenza quotidiana – mancando un mercato per le loro opere – sono sempre stati invogliati a rischiare”.
Intorno a loro c’erano spazi di discussione informali come la classe di Gregorz Kowlaski all’Accademia Nazionale di Belle Arti di Varsavia e la Foksal Gallery, animata dalle personalità di Tadeusz Kantor, Edward Krasinki e Henryk Stazewski; cui si sono aggiunte – al giro di boa degli Anni Zero – realtà più economicamente orientate come Raster e Foksal Gallery Foundation. Entrambe costituite come fondazioni, il corrispettivo dell’associazione italiana, che consente alle gallerie di accedere a finanziamenti pubblici, hanno saputo varcare i confini nazionali per promuovere artisti del calibro di Wilhelm Sasnal e Artur Zmijewski alle fiere internazionali, a cominciare da Liste a Basilea.

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MOCAK

Ultimo ad abbracciare la politica diffusa di promozione del sistema artistico nazionale, e con il decisivo supporto dei fondi europei per le infrastrutture, è stato il Ministero della Cultura, da cui ancora oggi dipendono tutti i centri e musei per l’arte contemporanea. E si va dalla Zacheta, kunsthalle nata in tempi pre-socialisti cui si deve la gestione del Padiglione Polacco alla Biennale di Venezia (Yael Bartana ne è protagonista proprio in questi mesi), al Csw Ujazdowski Castle, fondato all’indomani della caduta del muro di Berlino e dato in gestione a Fabio Cavallucci l’anno scorso, entrambi a Varsavia. Con un piano paragonabile per ambizione alla costituzione dei Frac nella Francia degli anni ‘80 per opera dell’allora Ministro alla Cultura Jack Lang, ha istituito il CoCA di Torùn nel 2008, affidato nel 2010 alla direzione artistica di Dobrila Denegri (e avanti con l’asse Italia-Polonia), e il MOCAK a Cracovia, che ingloba gli edifici della vecchia fabbrica di Oskar Schindler nel quartiere di Zablocie, inaugurato lo scorso maggio. In cantiere ci sono il MoCA di Breslavia e soprattutto il MoMA di Varsavia, la cui direttrice Joanna Mytkowska è già a lavoro dal 2007 in una sede provvisoria a pochi metri dalla piazza, nel cuore pulsante della città, dove sorgerà l’imponente edificio di 35mila mq per 100 milioni di investimento.

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Il quartiere Praga a Varsavia

Attendiamo il completamento della linea metropolitana per mettere la prima pietra”, ammette Mytkowska, “e nel frattempo ci concentriamo sui contenuti della collezione permanente che raggiungerà quota 90 opere entro la fine dell’anno”. Il tutto grazie alla predisposizione, sempre da parte del Ministero e con decorrenza annuale, di un fondo di acquisto di 1 milione di euro a beneficio del MoMA e del Museo d’Arte di Lódź, con cui la direttrice si sta assicurando lavori di Aernout Mik, Yona Friedman e Gustav Metzger, nonché dei giovani Anna Molska e Wojciech Bakowski.
Dall’anno scorso, poi, è entrato in scena il movimento associativo Obywateli Kultury (‘Cittadini per la cultura’), una coalizione di oltre 100mila persone, tra cui l’artista Miroslaw Balka, unita nella volontà di mettere l’arte al centro del dibattito politico. Invocando l’articolo 73 della Costituzione per l’utilizzazione del patrimonio culturale e la partecipazione alla cultura contemporanea, Obywateli Kultury ha appena vinto la sua prima battaglia: l’aumento del budget per la cultura all’1% del Prodotto Interno Lordo nazionale.

Night Polonia dappertutto

Il MoMA di Varsavia

Intanto all’estero l’interesse per l’arte polacca non accenna a esaurirsi, anzi si estende lungo la linea del tempo. “Siamo di fronte a un paradosso: le istituzioni straniere non cercano più solo gli artisti contemporanei, come è il caso della Whitechapel a Londra che sta organizzando la prima retrospettiva dell’opera di Sasnal per questo autunno”, spiega Mytkowska. “Oggi più che mai guardano ai capiscuola”. Affermazione più che sostanziata dall’annuncio della sua collaborazione con il direttore del MACBA di Barcellona, Bartomeu Mari. Realizzeranno insieme, tra 2012 e 2013, una conferenza internazionale e una mostra dedicata al visionario Oskar Nikolai Hansen: artista, architetto e teorizzatore della Forma Aperta (1959) con cui negò il culto per l’oggetto artistico a favore di un’attitudine propositiva dell’uomo nello spazio.

Sara Dolfi Agostini

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #1


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