Così è, se vi pare

È possibile convertire l’esistenza statica di una collezione in nuovo potenziale creativo? Alla Fondazione Giuliani di Roma, Ahmet Öğüt dimostra di saper risolvere il dilemma. Per vedere una delle mostre dell’anno c’è tempo fino al 23 luglio.

Once upon a time a clock-watcher during overtime hours. Il titolo scelto da Ahmet Öğüt (Diyarbakir, 1981; vive ad Amsterdam) è il classico incipit di un racconto che inizia con la selezione delle opere, prosegue con un complesso allestimento e rimane sospeso fino a che il pubblico non si riversa nelle sale.
La narrazione riprende slancio quando lo spettatore comincia ad attivarsi, aguzzare mente e vista in giro per l’esposizione. L’abitudine alla contemplazione passiva va accantonata perché bene accetto, anzi necessario, è un po’ di sano esercizio interpretativo. La ricerca del connubio ideale fra azione e ironia ha guidato Öğüt nella scelta dei pezzi della collezione Giuliani da portare in scena.

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Giovanni Anselmo - Senza titolo - 1984-91 // Ahmet Öğüt - Intervento n. 3 - 2011

Il mix di opere è vincente, ma l’approccio a questo punto non è dei più facili. L’artista opta per addizioni oneste e calibrate, che variano dall’accostamento di un unico elemento a dilatazioni più ampie del punto di vista. Un misterioso messaggio in bottiglia viene lasciato sotto uno dei pesanti blocchi di granito di Anselmo. Accanto a Nude with Scorpio (Open Eyes) di Abramovic, un testo semi-invisibile riporta un divertente oroscopo del segno dello Scorpione, mentre due metri avvolgibili suggeriscono un nuovo perimetro per l’opera di Andre. Celato sotto una fotografia, il neon rosso di Kosuth subisce la stessa sorte degli edifici ricoperti d’immagini in giro per la città. I lavori di Cantor e Coffin ispirano cacce al tesoro rispettivamente tra file di panni stesi e cornici industriali, e per il video Beh-Rang di Xhafa s’immagina che il fuoco arrivi a propagarsi fino alle pareti della fondazione.

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Ahmet Öğüt - My Spy Desk - 2011

Concependo la mostra come un dilatato work in progress, l’artista stimola con i suoi interventi nuovi spunti di riflessione sulla pluralità di significati gravitante intorno all’opera d’arte. Öğüt non manca di metterci del suo e presenta quattro lavori, di cui tre concepiti per l’occasione. Se l’atteggiamento rimane ironico e propositivo, il campo d’indagine si amplia alla politica, alle dinamiche ambigue di governo e gestione della società.
Di fronte a My Spy Desk è meglio diffidare dell’apparente banalità dell’equipaggiamento di una spia, mentre con l’installazione 1 of 1000 Ways to Stabilise a Wobbly Table si scopre l’inesauribile potenziale di una mazzetta di soldi. Il video Wikipolis merita qualche attenzione in più, anche perché non bisogna dimenticare di ricollegarlo a quello di Gaillard, entrambi strategicamente disposti alle estremità dello spazio espositivo.
A questo punto non rimane che munirsi di carta e penna e concentrarsi sul crudele indovinello di River Crossing Puzzle. La soluzione non è impossibile. Un aiutino? Per risolvere il rompicapo bastano solo 17 passaggi.

Giulia Lopalco

Roma // fino al 23 luglio 2011
Ahmet Öğüt – Once upon a time a clock-watcher during overtime hours
a cura di Adrienne Drake
www.fondazionegiuliani.org

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