Ma come diavolo si fa a dichiarare a un giornale che “un privato non ha convenienza a restaurare opere d’arte”?

E come diavolo si fa a dirlo essendo Giuseppe Basile, essendo un allievo di Cesare Brandi, essendo uno dei più grandi esperti di restauro al mondo? Sarà che L’Unità, per contratto, deve per forza veicolare un tot in percentuale di idee vecchie, superate, fuori dal mondo e dai tempi, ma qui si esagera davvero (ecco […]

E come diavolo si fa a dirlo essendo Giuseppe Basile, essendo un allievo di Cesare Brandi, essendo uno dei più grandi esperti di restauro al mondo? Sarà che L’Unità, per contratto, deve per forza veicolare un tot in percentuale di idee vecchie, superate, fuori dal mondo e dai tempi, ma qui si esagera davvero (ecco l’articolo integrale).
Le dichiarazioni le avevamo lette, ieri, nella rassegna stampa del nostro Francesco Sala, ma poi sommersi dalla giornata… Ad un certo punto però ci si è illuminata la lampadina: ehi ehi, un tecnico del restauro che dichiara, di fatto, di non volere denari privati per procedere al recupero del patrimonio? Che spiega ai privati come a loro “non convenga”? Che dà di fatto del coglione a un tipo come Diego della Valle che si appresta a spendere qualche milioncino per recuperare il Colosseo?
Ma secondo voi, chi è il vero incosciente? Chi investendo una quindicina di milioni costruirà attorno al proprio brand una immagine che neppure spendendo cinque volte tanto con campagne pubblicitarie tradizionali; oppure chi afferma che “il restauro deve essere come la sanità e stare solo in mano pubblica“, non arrivando a capire che la mano può essere sì pubblica, ma che il quattrino che la arma, con opportuni accordi e con reciproche convenienze e ritorni, possa essere anche privato e non gravare su erario e contribuenti?

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Redazione

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